DAGOREPORT – TOH! S’È APPANNATA L’EMINENZA AZZURRINA - IL VENTO DEL POTERE E' CAMBIATO PER GIANNI…
Leonardo Iannacci per “Libero quotidiano”
Nel senato accademico della televisione italiana il dottor Giuseppe Raimondo Vittorio Baudo occupa uno scranno presidenziale. Laureato in giurisprudenza a fine anni '50 («la sera prima della discussione della tesi presentai un concorso di bellezza, poi salii su un camioncino che trasportava frutta e viaggiai tutta la notte verso l'università di Catania. Mi cambiai in un bar e mi laureai»), quel pennellone di Militello chiuse sul nascere una promettente carriera di legale e si trasformò in Pippo Baudo.
piero chiambretti pippo baudo sanremo
Nell'uomo che avrebbe inventato un modo nuovo di fare tv. In modo felicemente nazional-popolare. Ora, a 85 anni, SuperPippo è di nuovo in trincea: sta disegnando una controffensiva clamorosa dopo anni in cui la Rai l'aveva colpevolmente messo in soffitta. Dopo tre puntate estive dedicate all'opera lirica su Rai3, serate hanno fatto segnare audience insperate, Baudo sta preparando il programma dei programmi: Sanremo Story, una cavalcata sul Festival da lui presentato per tredici edizioni.
Trattasi di rivincita clamorosa per il grande professionista che pare ringiovanito di vent' anni quando lo abbracciamo con affetto, ritrovando in lui lo sguardo del leone. Pippo Baudo sarà di nuovo grande in questa televisione dominata da troppi nani.
Da dove vuole cominciare? Dalle serate sull'opera o dal nuovo programma su Sanremo?
«Ma che fai, mi dai del lei? Suvvia... Portare la lirica in prima serata su Raitre e raggiungere un milione di spettatori è stato come andare sulla luna. Merito di Gianmarco Mazzi e di Franco Di Mare, il direttore di rete che ha appoggiato il programma: parliamo la stessa lingua televisiva».
Lei, cioè tu, hai raccontato opere come l'Aida coinvolgendo nonne e nipoti.
«Quando presenti un argomento d'élite come è la lirica devi condirla con aneddoti, storie, curiosità. Occorre studiare, come si andasse a sostenere un esame».
Solo questo?
«Bisogna metterci anche un pizzico di mestiere, di furbizia. La gente ci casca se sei bravo ad allestire un programma avvincente».
E veniamo al nuovo programma. Dopo averne "fatto" la storia in prima persona, presenterai un racconto storico del Festival. Rischierai l'autocelebrazione...
«Ma no. L'idea è quella di inserire la narrazione di un Festival nei fatti storici dell'anno in cui si svolse. Racconterò anche l'Italia. Il Festival ha fatto parte della nostra storia. Chi lo sminuisce o lo deride non capisce niente. Non esiste un altro Festival come questo».
Ne parli così per troppo amore?
«Anche. Un giorno mi telefonò Ranieri di Monaco: "Baudo, che ne dice di spostare il Festival a Montecarlo, le metto tutto a disposizione", disse. Declinai l'offerta. E feci aggiungere al logo Festival della Canzone Italiana il genitivo "di Sanremo". Unico e inimitabile».
Al Festival hai fatto 13. Cosa ricordi del primo?
«Era l'edizione del 1968, quella dopo il dramma di Tenco e la Rai scelse me, debuttante al Festival. Da incosciente, accettai».
michelle hunziker e pippo baudo
Roba da far tremare anche SuperPippo...
«Salendo le scale del salone del Casinò, dove avrei dovuto presentare il mio primo Sanremo, pensai: chi me l'ha fatto fare? Ma la cosa che mi disturbò di più fu un'altra».
Ovvero?
«Dietro le quinte un dirigente Rai si avvicinò: Baudo, lei si rende conto che stasera si sta giocando la carriera? Ci rimasi male. Ma quando il Festival finì con un trionfo, cercai quel dirigente e mi vendicai: sa che lei è un vero stronzo?».
Quell'anno cacciò dal palco nientemeno che Louis Armstrong.
«Era in gara con Mi va di cantare. Ma dopo aver finito il brano attaccò con la tromba When the saints go marching in. Non smetteva più. Dietro le quinte mi dissero: "Fallo smettere sennò dobbiamo squalificarlo!". Mi sono avvicinato, l'ho preso sottobraccio e l'ho letteralmente spinto fuori dal palco».
Hai portato al Festival star incredibili. In quegli anni la Rai aveva budget più alti?
«Affatto! Se ti riferisci alle star del calibro di Madonna o Whitney Houston, sono venute tutte gratis. Avevo fatto una furbata, comprando su Billboard, la Bibbia dello spettacolo americano, delle pagine con scritto: Sanremo vi attende! Le rispettive case discografiche, attratte, facevano la fila per far sbarcare questi nomi incredibili al Festival».
Raccontami quando hai cambiato una canzone a Madonna...
«Venne per cantare Take a bow che nel finale sfumava. Per me non funzionava e le dissi: "non sarebbe meglio un taglio netto in questo finale?". E Madonna: "Lei Baudo saprebbe come farlo?'" Mi precipitai nel pulmino della regia, presi le forbici e tagliai il nastro della canzone prima che sfumasse. E Madonna: ottimo lavoro, canterò Take a bow sempre con questo finale».
Il momento più emozionante?
«Quando convinsi Whitney Houston a ricantare per intero la straordinaria All at once. L'Ariston impazzì per quel bis»
Quello più difficile?
«Nel 2008 Loredana Bertè andò fuori di testa per la squalifica della sua bella Musica e parole, brano già edito. Andò in hotel, si chiuse in camera e fece il diavolo a quattro. Per calmarla e farla uscire mi inventai per lei un premio speciale Mia Martini. Altrimenti non so cosa avrebbe fatto!».
E quello più triste?
«Nel 1987 quando, al momento di annunciare la vittoria del trio Morandi-Tozzi-Ruggeri, arrivò la notizia della morte di Claudio Villa. Che diedi in diretta. Morandi scoppiò a piangere».
Ti piacciono i Festival di Amadeus?
«Sì. Già due anni fa dissi ad Ama: vai tranquillo... E poi la coppia con Fiorello funziona».
Però non è sicuro che nell'Amadeus-tris vedremo di nuovo Fiore.
«Per me ci sarà».
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