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DAGOREPORT - SE IN FORZA ITALIA IL MALCONTENTO SI TAGLIA A FETTE, L’IRRITAZIONE DI MARINA E PIER…
Meghan Walsh per “Ozy”
Mentre gli sporchi politici sgattaiolavano nei quartier generali di Washington, il porno usciva dall’ombra. Era l’anno 1972, inizio della fine dell’era Nixon e anche inizio della longeva industria per adulti.
Prima che “Gola profonda” diventasse pseudonimo dello scandalo Watergate, era il titolo del primo film porno hard core, uscito appena una settimana prima che la storia del Watergate scoppiasse sul “Washington Post”. Dobbiamo dire grazie a Richard Nixon se il porno è diventato mainstream.
Il presidente, che aveva lanciato una campagna contro il porno un paio di anni prima, tentò di distogliere l’attenzione ordinando la chiusura delle sale che proiettavano il film e l’arresto dei registi. La reazione probabilmente non era quella che Nixon si aspettava. Invece di provare repulsione per la pellicola, il pubblico accorse in massa a vedere “Gola profonda”. Il “New York Times” lo definì “porno-chic” e un film mediocre su una donna anorgasmica che aveva un clitoride in gola, trasformò il porno in una industria multimiliardaria.
L’erotismo ha sempre fatto parte della storia dell’uomo: coppie che copulano disegnate sulle caverne, l’antico testo del Kama Sutra, le stampe cinesi hard di oltre mille anni fa. Però solo negli ultimi 50 anni il porno è diventato di massa. I puristi dicono che l’epoca d’oro fu negli anni ’70 e infatti Linda Lovelace fu eletta a prima pornostar. I pionieri del genere amavano dire che così facevano educazione sessuale.
La crociata politica contro “Gola profonda” finì alla Corte Suprema americana, che stabilì il “Miller Test”, le linee guida per determinare in cosa consistesse l’oscenità. In pratica il contenuto è protetto dalla libertà di espressione se “l’individuo medio lo trova accettabile”. Quindi, anche se qualcosa è offensivo per una persona, l’editore deve solo dimostrare che non lo è per altre migliaia, per la comunità che ha comprato il prodotto. Voilà, il porno hard-core diventa accettabile.
Negli anni ’80 ci fu l’avvento del sesso al telefono e delle hot line, più o meno di pari passo alla diffusione dell’AIDS. Inizialmente lavoratori e lavoratrici del sesso andarono nel panico, ma la paura del virus portò a creare dei protocolli di sicurezza che sono ancora validi. Poi nacque il VHS, il porno si spostò dal cinema in casa. In privato, le persone potevano soddisfare le loro fantasie, esplorare le più recondite inclinazioni, il che aiutò a far emergere il porno fetish. L’ultima rivoluzione è avvenuta con internet e l’accesso gratuito ai contenuti hard.
Esistono ancora produttori e studi che investono nei film porno, ma gran parte dei video arriva da amatori che girano con una videocamera e qualche pasticca di Viagra. Si chiama “gonzo porn”. In dieci anni, l’industria è passata da un indotto di 14 miliardi di dollari a uno di 5 miliardi. I soldi non li fanno gli studi e le star, ma i siti e i provider. Libri erotici e “sex tape” hanno sostituito “Playboy” e scandali presidenziali.
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