DAGOREPORT - CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL…
Elisabetta Ambrosi per il “Fatto quotidiano”
Ma chi l’ha detto che gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere? E soprattutto che per la donna, nel sesso, conti soprattutto l’immaginazione, mentre per l’uomo l’ossessione sarebbe tutta in quel gesto meccanico, riempire quel buco coperto da un triangolino peloso posando nel frattempo le mani su qualcosa di corposo?
Può capitare, invece, che i due generi convergano verso un identico desiderio di sesso scatenato, il cui ingrediente principale è per entrambi soprattutto uno: il corpo così come mamma l’ha fatto. La scoperta dell’inusitata convergenza non la troverete però su Playboy, né su Godiamocela.com o Pornorama, ma sulla rivista filosofica per antonomasia, quella su cui si discetta, normalmente, di fede e ragione, etica e politica, e cioè Micromega.
Che nel numero di luglio pubblica un altissimo dialogo – che fa impallidire quello tra direttori di giornali e papi di turno Rocco Siffredi e Roberta Torre, una delle registe italiane unite dal progetto “Le ragazze del porno” (il cui manifesto, sulla falsariga di quello della regista svedese Mia Engberg, annovera i seguenti slogan: “Difendi il diritto di essere arrapata”, “Una buona ragazza è una cattiva ragazza”, “Sconce quanto ci pare” e soprattutto “Combatti il vero nemico”, che non è il sesso mostrato).
Insomma, sostengono Roberta e Rocco, basta con la bizzarra idea per cui le donne preferirebbero l’erotismo o al massimo il soft porno, mentre gli uomini il porno e basta. O con l’immarcescibile convinzione che l’orgasmo femminile sia frutto di un mix tra romanticismo, letture, potere della mente e pensieri complessi , mentre quello maschile sarebbe l’esito di un (non) pensiero “diretto, grezzo, povero”. In breve, da un lato il sentimento, dall’altro l’istinto; da un lato il cervello, dall’altro il pisello.
Al contrario, discettano i due, “il corpo comanda” in tutti i sensi e per entrambi i generi, anzi decisamente oltre i generi. Il che comporta buone e cattive notizie. Cattive perché, spiega ad esempio Roberta, a novant’anni una donna può essere magari erotica ma difficilmente fare sesso, e perché le dimensioni, quelle dei maschi, contano eccome (e chissà che questa storia dell’importanza dell’immaginazione non sia un’ideologia costruita a uso e consumo dei più sfortunati).
Ma anche buone, perché si scopre che il non detto che le donne vogliono è soprattutto questo: “Entra nella mia testa, fa del mio corpo quello che vuoi”. Nessun elogio del sesso meccanico, convergono i due, né tantomeno quello reso duro da “diecimila pillole, pillolette e punturine”, ma un sesso che conduca all’abbandono. Quello vero, nudo, urlato, sul serio liberato, e che infatti è ostacolato oggi come ieri che ormai anche i ragazzini caricano video hard su You Porn.
“La verità è che esistono mille limitazioni culturali”, mentre resistono ancora atavici tabù: prendi quello, ad esempio, del sesso durante le mestruazioni. “Non si può dimenticare che il corpo della donna si porta dietro anche questi fardelli”, spiega con pathos biblico Rocco. E magari fare come l’uomo “comune”, che “non vuole una moglie troia, ma la desidera a comando” e se la svigna quando, appunto, si tratta di giocare sporco. E cioè il corpo usarlo davvero.
La vergogna, invece, andrebbe riservata a ben altro: meglio provarla di fronte a “ragazzini che annegano o muoiono di fame” (Rocco)”, perché “la vergogna resta legata alla violenza” (Roberta). Di certo, “non può riguardare una condizione di nudità né tantomeno un atto sessuale”.
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