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Estratto dell’intervista di Francesco Rigatelli per la Stampa
E' importante la vita», sintetizza poeticamente Renato Pozzetto, 78 anni, splendido esemplare di nonno milanese «con cinque nipoti nel palazzo». Quel che intende dire, lui vedovo che di recente ha perso il fratello con cui ha creato la Locanda Pozzetto a Laveno sul Lago Maggiore, è che il suo segreto è nell' aver selezionato «amici curiosi e fantasiosi, artigiani da cui imparare sul lago e ottimi ristoranti».
Così in un salotto che sembra di una casa al mare racconta la sua vita «tenuta sempre a Milano, lontana dal mondo del cinema di Roma», diventata anche uno spettacolo teatrale che venerdì approda al Teatro Alfieri di Torino.
Cosa significa il titolo «Compatibilmente»?
«Compatibilmente con l' età e col finale della carriera. Metà della vita l' ho dedicata al cinema, allora ho approfittato di una distrazione di Cochi Ponzoni, con cui torneremo presto a teatro, per riprendere due miei film diretti da Castellano e Pipolo, Il ragazzo di campagna ed È arrivato mio fratello , sintetizzarli e, tra uno spezzone e l' altro, cantare qualche canzone, tra cui La vita , Bella bionda , Libe libe là e una delle mie ultime, La Malpensa , su un nano con la gonna che fa la hostess e si innamora di un pilota».
Lavora anche a un film?
«Sì, su un contadino che sul grattacielo Bosco verticale di Milano produce latte da una mucca, che vale come champagne. Ne ho parlato anche con l' architetto Stefano Boeri».
Come nasce questo umorismo surreale?
«Dalla comitiva del Bar Gattullo di Milano. Lì io e Cochi ci incontravamo con Jannacci, Lauzi e Toffolo. D' estate, con loro e Dario Fo, un altro che si è inventato un linguaggio, andavamo al mare a Cesenatico e come vuole che finisse se non a ridere. Poi all' Osteria dell' oca d' oro frequentavamo Lucio Fontana, il pittore dei tagli sulla tela, e Piero Manzoni, quello della merda d' artista».
Come si fa a far ridere?
«A noi viene facile. Durante la guerra io e Cochi eravamo sfollati a Gemonio, un paese del Varesotto dove poi ho conosciuto pure Umberto Bossi: non succedeva nulla ed era normale vedere la vita con un risvolto umoristico, che ci è rimasto. Quando Cochi veniva a casa mia per lavorare ridevamo tanto che mia moglie pensava stessimo male. La nostra forza è stata riuscire a imporre i nostri gusti, anche quando non convincevano tutti. La Carrà per esempio».
(...)
E Verdone?
«Un appassionato di cucina e di medicine, di cui parlava con mia moglie. Assai spassoso».
De Sica?
«Gli piaceva cantare, ballare, il varietà, sempre pettinato».
Celentano?
«Simpatico, anche lui come me coltiva la sua vita privata».
Paolo Villaggio?
«Uno dei miei pochi amici del cinema, anche se abbiamo fatto dei film molto lontani da me: travestimenti, testate, scivolate. Ci vedevamo al mare, lui aveva la casa a Bonifacio e io alla Maddalena, lontano da ogni mondanità. Su quei mari mi sono visto tante volte anche con Grillo, cui ho prodotto il primo film Cercasi Gesù ».
E le attrici?
RENATO POZZETTO E CHRISTIAN DE SICA
«Erano molto belle, ma ne ho viste di migliori fuori dal set».
Un rimpianto?
«Non sono riuscito a tradurre il linguaggio del cabaret in delle storie per il cinema».
Ma quell' uomo sempre un po' fuori posto dei film è proprio lei?
«È stata una posa per aiutare a far ridere. Ho cercato di raccontare storie anche drammatiche, ma con umorismo. La vita l' è bela... basta avere l' umbrela».
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