DAGOREPORT - CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL…
Federica Seneghini per www.corriere.it
C’è una ragazza sdraiata a letto che dorme, coperta da un piumone a fiori. I capelli castani sono raccolti in uno chignon, la testa riposa sul braccio sinistro. Indosso ha una maglietta bianca e dei pantaloni del pigiama grigi, sporchi di sangue.
Rupi Kaur e la foto con le sue mestruazioni
Anche le lenzuola sono macchiate di sangue. Quando l’artista canadese Rupi Kaur, 22 anni, ha postato questa foto su Instagram, centinaia di persone hanno denunciato «l’orrore». Segnalando il contenuto come «inappropriato» e chiedendo la rimozione dell’immagine. Cosa che la popolare app per la condivisione di foto ha fatto.
Kaur però ha deciso di insistere. Ha pubblicata di nuovo l’immagine. Ma, ancora una volta, lo scatto è stato cancellato, perché non «non conforme alle nostre linee guida».
La giovane artista allora non si è data per vinta. Ha acceso il pc, e ha iniziato a scrivere. «Umiliazioni, minorenni nude, torture, bondage, donne trattate come oggetti: sembra che tutte queste cose vadano bene e siano accettate», ha scritto su Facebook, in un post condiviso oltre 16mila volte.
Spiegando come la foto facesse parte di una tesina del suo corso di “retorica visiva” dell’Università di Waterloo. «Quando si tratta di mestruazioni invece no. Scatta la censura. Ma io sanguino ogni mese, dal mio grembo può nascere la vita. Avere le mestruazioni non significa essere sporca, non deve offendere nessuno, è naturale come respirare».
È stato in quel momento che Instagram ha chiesto scusa alla giovane. E ha ripubblicato l’immagine, sostenendo che fosse stata cancellata per sbaglio. «Quando riceviamo segnalazioni da altri utenti, raramente facciamo degli errori», ha spiegato un portavoce del social network. «Questa volta invece è successo».
Restano quelle migliaia di uomini e donne che si sono ritenute offese da quel sangue, da quella foto, tanto da chiedere al social network la sua rimozione. Quelle stesse persone che probabilmente sono ormai assuefatte a immagini ben più violente e offensive che ogni giorno vedono online, in tv o sui giornali. Le donne sanguinano da sempre. E allora come è possibile che «il marchese», come lo chiama Elena Ferrante, faccia ancora così tanta paura?
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