DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…
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WEINSTEIN AI TEMPI DELLA MIRAMAX
Gli impiegati della Weinstein Company hanno scritto una lettera aperta al ‘New Yorker’, spiegando che erano al corrente del pessimo carattere del capo, sapevano che poteva essere un manipolatore, ma non immaginavano che fosse un predatore sessuale seriale, uno stupratore, un puttaniere che aveva relazioni extraconiugali.
harvey weinstein e georgina chapman
L’azienda è costruita sull’ambizione di Harvey, sui suoi modi aggressivi e sull’insaziabile appetito per la vittoria, ma non immaginavano che quegli stessi tratti, fuori dall’ufficio, lo rendessero un mostro, né che avesse creato un 'ecosistema tossico in cui i suoi abusi potessero prosperare'.
L’hanno scritta nonostante sia una violazione dell’accordo di non divulgazione, che hanno firmato nel contratto di assunzione. La lettera è anonima, lo staff cui si riferisce è composto da una trentina di persone. L'assistente ha raccontato al telefono l’ultimo giorno di Weinstein in ufficio, 5 ottobre, dopo che uscì la storia sul ‘New York Times’: «Era soddisfatto perché l’articolo era uscito di giovedì invece che di domenica. Secondo lui l’avrebbe letto meno gente».
harvey weinstein ambra battilana
Il suo assistente diede le dimissioni e Weinsten si offrì di scrivere una lettera di raccomandazione con le referenze, non immaginando quanto sarebbe stata sgradita a qualsiasi nuovo capo. Poco dopo l’atmosfera cambiò totalmente, Harvey piangeva e singhiozzava: «Non sono quel tipo di persona».
harvey weinstein fabrizio lombardo
Il martedì successivo lo staff fece una riunione, ascoltò l’audio di Weinstein in stanza con la modella Battilana. Conoscevano bene quella voce. Qualcuno scoppiò a piangere e a tremare, pensando di essere inconsapevole complice. Qualcun altro cominciò a mettere insieme i pezzi, a tirare in ballo ricordi. Ricostruendo, sì Harvey ‘era quel tipo di uomo’.
Donald Trump e Harvey Weinstein
Hanno dato sostegno totale alle vittime di abusi e ringraziato chi ha testimoniato finora. Dopo l’espulsione di Weinstein dall’Academy, un gruppo di donne, tutte ex assistenti e dirigenti di Miramax e Weinstein Company, nel week end si è ritrovato in una casa di Los Angeles. Sapevano che era un bullo, uno che urlava, un maiale, ma non uno stupratore. Si sono trovate nella posizione di essere ritenute complici. Oppure c’è il sospetto che siano state abusate anche loro. O entrambe le cose.
Senza spiegare o necessariamente sapere cosa succedesse negli hotel, una dirigente una volta disse alla ragazza che voleva diventare assistente di Weinstein: «Sei troppo carina. Lo imbarazzerai». Un’altra assistente le consigliò “Non prendere questo lavoro. Farai cose che non ti perdonerai mai”. Ricorda lei: «Qualcuno sapeva. E quando sapeva, cercava di proteggerti».
Scrivendo la lettera, gli impiegati hanno violato i loro contratti, ma quell’accordo di riservatezza non fa che rafforzare la cultura del silenzio. Si legge: «Non abbiamo nulla da nascondere, siamo arrabbiati quanto voi per il comportamento reiterato di Harvey. Chiediamo alla azienda di lasciarci liberi dalla clausola, così potremo parlare apertamente».
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