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RE-CENSORI! DA BILL GATES A OBAMA, I POTENTONI SONO I NUOVI CRITICI: COI I LORO CONSIGLI SUI SOCIAL SONO GRADO DI TRASFORMARE UN LIBRO IN UN BESTSELLER - SCOPPIA LA POLEMICA: “UN DANNO ALLA LETTERATURA” - IL “TIMES” DI LONDRA SI CHIEDE COSA SAPPIA GATES DI LIBRI

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Federico Rampini per “la Repubblica”

 

È nell’estate del 2014 che mi sono imbattuto nel fenomeno. In quel periodo fu resuscitato in America un piccolo capolavoro dimenticato del giornalismo economico, “Business Adventures” di John Brooks.

 

Un gioiello editoriale, una serie di storie sul capitalismo americano degli anni Sessanta, scritte da un giornalista impavido nel demolire i miti eroici di quell’epoca.

 

Introvabile da decenni, Brooks passò in pochi giorni dall’oblio alle classifiche dei bestseller, prima in versione ebook e poi ristampato anche su carta. La spiegazione: Bill Gates. Bastò che il fondatore di Microsoft consigliasse la rilettura del libro di Brooks, per scatenare decine di migliaia di americani alla ricerca dell’opera scomparsa.

 

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Il fenomeno Gates da qualche settimana è diventato un caso mondiale. Eccita, divide, infiamma gli animi. Nella comunità editoriale, e ben oltre. Il New York Times ha intervistato l’imprenditore più ricco d’America per fargli raccontare questo suo nuovo ruolo di critico letterario. Si è scoperto infatti che “l’effetto Gates” sulle vendite dei libri non era isolato al caso di Brooks. Né si limita ai saggi di economia.

 

Nel suo blog intitolato Gates Notes il fondatore di Microsoft recensisce di tutto. È un lettore avido (“50 libri all’anno” è la sua stima) nonché onnivoro, ama la saggistica e la letteratura, la storia e la scienza.

 

Quest’anno, per esempio, ha recensito una biografia di Richard Nixon e l’ultimo libro di Richard Dawkins, lo scienziato-filosofo che difende le ragioni dell’ateismo. Quando un libro viene elogiato da Gates sul suo blog, i librai americani se ne accorgono quasi sempre: le vendite salgono. I lettori si fidano dei suoi gusti e dei suoi giudizi. Non c’è conflitto d’interesse.

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Nulla lega Gates al suo “vicino di casa” Jeff Bezos, il cui colosso Amazon è accusato di un uso assai disinvolto delle recensioni di (presunti) lettori, talvolta finte o manipolate.

 

Nell’intervista al New York Times, Gates dice di avere inaugurato la sua serie di recensioni online per puro amore della lettura: «È una bella cosa se altri si sentono incoraggiati a leggere, e poi a loro volta diffondono i loro giudizi agli amici».

 

La rivista economica Forbes ha coniato un neologismo: the Bill Gates Bump. Cioè letteralmente il sobbalzo, la curva a forma di gobba nel grafico delle vendite, gonfiate grazie al suo giudizio positivo. E si è scoperto che Gates non è il solo.

 

C’è un’intera categoria di celebrity che fanno come lui, pubblicano le loro recensioni critiche, hanno un seguito di lettori e un effetto sulle vendite. Nella lista compaiono il presidente Obama, con i suoi titoli scelti per le vacanze, Art Garfunkel e più di recente il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg.

 

Sul loro impatto si è aperta una polemica. Com’era prevedibile, la professione dei critici letterari non ha reagito bene al nuovo ruolo delle celebrity. Sul Times di Londra il critico D.J. Taylor si è chiesto «che cosa sa Bill Gates di libri».

 

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A difendere gli esperti è scesa in campo una delle più autorevoli riviste culturali del mondo, il Times Literary Supplement. Il suo direttore, Peter Stothard, ha descritto l’ascesa dei blogger come «un danno alla letteratura».

 

Gli argomenti contro le recensioni delle star sono prevedibili: usano criteri improvvisati, del tutto personali e idiosincratici. Dilettanti allo sbaraglio, insomma. Mentre la critica letteraria è una disciplina che ha una storia, delle regole, un retroterra di strumenti analitici. La polemica non è nuova. Fa eco a fenomeni simili avvenuti in altri campi.

 

Nella blogosfera si possono trovare dei “critici improvvisati” su tutto: dalla musica al cinema, dalla gastronomia al turismo. Sul giornalismo e sui media tradizionali si è abbattuta da anni la tempesta dei social media, il fenomeno del citizen journalism: chiunque è testimone di un evento e lo registra attraverso il suo smartphone, diventa partecipe della nuova modalità di diffusione delle notizie.

mark zuckerbergmark zuckerberg

 

Anche il giudizio su un concerto, su un nuovo artista, su un romanzo, circola nella sfera degli amici di Facebook con un impatto eguale o superiore alle rubriche dei critici di professione.

 

Il fenomeno dei celebrity- blogger nel mondo dei libri è meno nuovo di quanto appaia. È cambiata solo la tecnologia, ma un impatto simile sulle vendite di romanzi e saggi lo ebbero i club del libro. Soprattutto quando venivano animati da star: in America l’esempio più illuminante è Oprah Winfrey, popolarissima creatrice di programmi televisivi, riviste.

 

È proprio sul modello di Oprah che Zuckerberg ha annunciato di recente (su Facebook) la sua intenzione di creare un club del libro digitale. Certo il formato ormai antico dei club del libro tende a premiare opere “facili”, non l’Ulisse di Joyce. Ma prima di lanciare alte grida di sdegno, è meglio ricordare questi dati: un italiano su due non legge mai libri; il 18% ne legge fra 4 e 11 all’anno; solo il 6% arriva a leggere almeno un libro al mese.

 

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Non è necessario avere uno smodato amore verso i libri, per cogliere un legame stretto fra la scarsa lettura e altre debolezze degli italiani: bassa conoscenza delle lingue straniere, analfabetismo economico, allergia alla matematica e alle scienze. Chiunque possa aiutarci a leggere di più, fosse pure il demonio Zuckerberg, avrà fatto cosa giusta.