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Lorenzo Soria per "la Stampa"
Anche gli attori più grandi e più rispettati ogni tanto sbagliano un colpo. Una questione di vanità . O l'avere accettato una scelta esclusivamente perché c'erano di mezzo tanti soldi. O un errore di valutazione nella scelta del regista e del produttore. Sin da quando è emersa dall'Australia sul finire del secolo scorso come la regina Elisabetta in Elizabeth, ogni interpretazione di Cate Blanchett è stata invece pressoché impeccabile e non a caso ha già raccolto cinque nominations e un Oscar per essersi trasformata in Katherine Hepburn in The Aviator.
à stata un elfo ne Il Signore degli anelli, una maestra in Diario di uno scandalo , una turista in Babel , Bob Dylan in Io non sono qui , una donna che ama un uomo la cui vita va al rovescio in Il curioso caso di Benjamin Button , di nuovo un elfo l'anno scorso in Lo Hobbit.
Negli ultimi anni la Blanchett ha rallentato. Ha tre figli piccoli. Ed è codirettrice della Sydney Theatre Company. Ma un giorno le è arrivata una telefonata di Woody Allen, che le ha chiesto di essere la protagonista del suo nuovo film, Blue Jasmine . «Sarà stato al telefono due minuti e mezzo ricorda l'attrice -. La seconda volta meno di un minuto. Gli ho detto che avevo letto la sceneggiatura e che accettavo e lui mi ha detto okay, ci vediamo a San Francisco. Tutto qui».
La modesta casa della sorella a San Francisco è dove Jasmine, una miliardaria di Park Avenue che ha perso tutto e tutti, trova rifugio e, tra pillole, vodka, borse di Hermes e gli amici molto blue collar della sorella cerca di ricominciare, creando un personaggio tragico, patetico e anche molto umano. «à il film di più grande soddisfazione e risonanza dai tempi di Match Point», ha scritto il New York Times.
Per ogni attore che conta, lavorare con Woody Allen è un po' come un rito di passaggio. Perché?
«à un autore che ammiro da sempre e mi ero ormai rassegnata che non mi avrebbe mai chiamato. Quando è arrivata la telefonata non ho dunque avuto dubbi. Ammiro la sua capacità di saper mischiare il tragico e l'assurdo della vita. E trovo sia un grande nel rappresentare noi donne, gli estremi emotivi e psicologici che sappiamo toccare. Ha dato grandi opportunità ad alcune delle più grandi attrici, da Diane Keaton a Scarlett Johansson e Penelope Cruz e Judy Davis e tante altre».
Adesso c'è la sua Jasmine.
«Jasmine è scioccante e narcisistica e insopportabile. Ma ciò che la rende umana è il fatto di essere completamente disconnessa da se stessa, priva di un centro, alla ricerca disperata di una sua identità . Ma in tutto questo il suo cuore è nel posto giusto».
à mai stata povera?
«Sydney è una città molto cara e quando ho finito la scuola di recitazione dovevo razionare il mio denaro al punto che mi permettevo il caffè un giorno sì e un giorno no. A volta mi ritorna in mente e penso che sono stata molto fortunata nella vita».
Le saltano mai i nervi come a Jasmine?
«Dio, spero di non essere come Jasmine! Non mi piace essere in ritardo e poi ci sono le piccole cose: tutto va bene però non trovi quella fottuta maledetta penna... Ma penso che il lavoro di attore non sia portare la propria esperienza o giudizio del mondo. à avere compassione e cercare di capire perché le persone diventano quello che sono».
Dopo Woody Allen è stata diretta da George Clooney in «The Monuments Men», sull'unità militare voluta da Roosvelt per andare a recuperare l'arte rubata dai nazisti. Le differenze nei due stili?
«Sono due registi incredibilmente diversi, ma hanno anche molto in comune. Non sono pretenziosi, sono molto pratici e non a caso i loro film non sono mai meno che affascinanti.
E poi lavorano entrambi con gente che per loro è come una famiglia allargata, dagli attori ai membri della troupe e sono tutti e due incredibilmente intelligenti. Luoghi comuni sbagliati? Mi avevano detto che sul set Woody parla a monosillabi, ma l'ho trovato in realtà molto divertente e disponibile. E George... beh George quando lo vedi di persona è davvero brutto. Il "sexiest man"? Ma quando mai? Dieci anni fa, forse!».
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