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Gemma Gaetani per “la Verità”
Si chiama come la «nigella sativa», la spezia popolarmente conosciuta come «cumino nero». Se volessimo sbizzarrirci nelle visionarie esegesi tipiche di certi «maestri» di giornalismo, riempiremmo le prossime cinquanta righe con fantasiose «variazioni Goldberg» sul concetto di «nomen omen» e sul destino nel nome e bla bla bla di una food writer e cuoca che si chiama Nigella come l'ingrediente culinario... Aggiungendo pure che il cognome della madre è (addirittura!) Salmon.
nigella lawson e salman rushdie
Ma la coincidenza tra il suo nome e quello latino del cumino nero deriva da un fatto più oggettivo e banale. Il padre di Nigella è Nigel Lawson e lei porta, semplicemente, la versione femminile del nome paterno. Tra parentesi, Nigel Lawson è il noto politico inglese conservatore, ora membro della Camera dei Lords, assai attivo con Margaret Thatcher. Insom ma, non parliamo di quisquilie.
A prescindere dalla genìa con sostanzioso pedigree, Nigella Lawson, l'inglese più golosa del mondo, ha cinquantasei anni e per certi versi ricorda la cinquantottenne Madonna. Pur dotata di una bellezza molto più «normal» e per nulla ossessionata dal fitness come la cantante, anche lei ha costruito un impero di fama tutto suo (e tutto meritato) nel non facile e ormai folle ambiente della gastronomia contemporanea.
Simply Nigella è il suo ultimo, imperdibile, divino libro di ricette: 400 pagine di reali leccornie, dagli snack ai dolci. E viene da chiedersi come sia possibile che, dopo ben nove precedenti libri, una continui a sfornare quattro centinaia di pagine di ricette alla volta. La carriera di Nigella è stata innanzitutto giornalistica.
Critica gastronomica, poi capocultura del Sunday Times, nel 1998 pubblica appena ventottenne il suo primo tomo di ricette, How to eat. Ben 300.000 le copie vendute, e si noti, venti anni fa, quando la food mania non esisteva ancora. Nigella bissa quel successo e si consacra imprescindibile punto di riferimento femminil-culinario con How to Became a Domestic Goddess (2000) - uscito in Italia col titolo Delizie divine (come diventare una dea della cucina).
Oltre alla dichiarazione quasi programmatica del concetto di «dea della casa», quel secondo librone conteneva una sacrosanta riflessione che spiega perché solo Nigella è Nigella, e ogni imitazione, angloamericana come italiana, fa soltanto ridere e un poco pena: «Cucinare non è soltanto unire i punti, seguire una ricetta pedissequamente e poi passare alla successiva. In cucina, come nella scrittura, devi provare piacere tu perché lo provino gli altri».
LA CHIAVE DI TUTTO
È «piacere» la parola chiave per comprendere la poetica culinaria di Nigella. L' Evening Standard ha rilevato che nessuno scrive così ampiamente del «significato emozionale del cibo» come lei. È vero. In un mondo ormai dominato dall' ortoressia ( la fobia verso i cibi considerati non sani) e che tende quasi all' anoressia (si pesino le microporzioni dei ristoranti stellati o comunque di ricerca), Nigella </
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