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CONCERTO DI ANTONELLO VENDITTI AL PALALOTTOMATICA
CONCERTO DI ANTONELLO VENDITTI AL PALALOTTOMATICA
CONCERTO DI ANTONELLO VENDITTI AL PALALOTTOMATICA
Francesco Persili per Dagospia
Venditti e segreti: “L’altra sera stavo per morire”. La festa dei 70 anni sul palco romano del Palazzo dello Sport dell’Eur si apre con una rivelazione bomba del cantante: “Ho rischiato di non esserci. Mi sono strozzato con un pezzo di carne. Il nostro maestro delle luci Max Tommasino mi ha salvato con la manovra di Heimlich. Imparatela, può salvare delle vite. Ora ho dolore al costato…”
La musica resta sempre la migliore terapia. E Venditti si mette a cantare le cose della vita per tre ore e mezza. Una maratona alla Springsteen in cui non si nega nulla: la politica, la droga, l’amore, il femminismo, il cazzeggio, l’omaggio a Totti (“Era l’anno dei mondiali quelli del 2006/Francesco Totti era un ragazzo come noi”), l’amicizia (“Il miracolo della vita è stare insieme”), le sigarette accese sul palco, Roma.
"Si c’hai un core, tu me poi capì/Si c’hai n'amore, tu me poi seguì". Si parte con ‘Sora Rosa’, il primo brano che il cantautore ha scritto a 16 anni, interpretato con “animo eritreo” dalla cantante romana Symo: “Questa è la migliore risposta che si possa dare alle polemiche e a tutte le cavolate che ho sentito in questi giorni”, aggiunge Venditti che ricorda il suo impegno per la piccola nazione africana iniziato a metà anni ’80. “Ho fatto anche l’osservatore dell’Onu, l’uomo che sostenni nella corsa per diventare presidente, Afewerki, (presente al Circo Massimo nel concerto del 2001) mi ha espulso e io non sono più potuto entrare in Eritrea”. La mancanza di libertà e dei diritti fondamentali ha spinto tantissime persone a fuggire da quella zona del Corno d’Africa. “Il caso Diciotti? Se c’è qualcuno che conosce quello di cui si parla, sono io. Ho visto con i miei occhi le sofferenze del popolo eritreo, vado da loro dal 1986, quelli che sono scappati e stanno lì su quei barconi so cosa hanno passato. Fosse stato per me ad aspettare la Diciotti ci dovevano essere 10mila persone, ma non c’era nessuno…”.
Per fortuna che almeno aveva avvisato gli spettatori: “Vi siete portati il panino? Questa sera non si sa quando si finisce”. C’è il dramma di Lilly e “quei quattro buchi nella pelle”, la canzone che finisce al primo posto della Hit Parade accompagnata “dalle grida e dagli applausetti” di Lelio Luttazzi che conduceva il famoso programma in radio. “Fu molto imbarazzante per me tanto che per lungo tempo decisi di non cantarla più. Nel brano parlavo di una vicenda di droga realmente accaduta. Allora non si chiamavano tossicodipendenti ma drogati e come tali venivano ghettizzati e emarginati. Non esistevano comunità di recupero. La droga era un problema di massa”. Di marijuana e eroina Venditti parlerà anche in un’altra canzone, “Chen il Cinese”: “Dovete sapere quello che abbiamo vissuto in quegli anni. Basta poco per fottersi. State attenti”.
Così Lilly diventa “un inno alla vita”. Il cantante cresciuto al quartiere Trieste tra via Zara, il Giulio Cesare e il bar Tortuga dove “Nietzsche e Marx” si daranno per sempre la mano, a 41 anni dall’uscita di “Sotto il Segno dei Pesci”, suona per intero il disco. La chicca è “Il Telegiornale”: “Quando l’ho scritta c’erano solo il Tg1 e il Tg2. Ho azzeccato tutte le previsioni. Già allora immaginavo che l’informazione sarebbe diventata spettacolo. Feci il video dietro Mario Pastore del Tg2…” Le parole di “Scusa Francesco” dedicate all’amico ritrovato De Gregori (“Lui è qualcosa di speciale che va tenuto in un’ampolla di poesia”) si intrecciano con il lesbo-femminismo di “Giulia”, la ragazza che gli fregò la donna di cui era innamorato.
“Sotto il segno dei Pesci” arriva con la forza rivoluzionaria di un messaggio che ha polverizzato gli anni di piombo con la speranza di un mondo finalmente a colori: “Ma tutto quel che voglio, pensavo, è solamente amore ed unità per noi”. Cantano e piangono tutti. Anche Venditti che cerca un fazzoletto. “La vita è uno starnuto e un po’ di muco”, filosofeggia prima di ricordare Dalla (e il nome che si era dato, Domenico Sputo, tanto per restare in tema), la sua barca “Catarro” (aridaje) e quell’incontro in autostrada: ”Mi ero separato, ero andato in esilio a Milano, non avevo una lira e mi volevo ammazzare per la seconda volta. Lucio mi salvò. Lo incrociai in autostrada. Lui mi disse: “Ti ho trovato la casa”. Era vicino la sua, a Trastevere. Alla fine con molti sacrifici, anche sessuali, me la sono comprata…”.
Ammainate le “bandiere” di “Modena” (“Quella canzone è un film, lì ci sono dentro le illusioni e le disillusioni della mia generazione), Venditti non si fa tentare dai “sorrisi tristi” e dal “rumore di piazza lontana”: ”Sono ottimista, penso che da questo caos uscirà qualcosa di buono”. Restano gli amori che fanno dei giri immensi e poi ritornano, le separazioni dolorose e i consigli per reagire (“Scopare bene questa è la prima cosa”), le storie di sesso, tradimento e perdono. Briga dopo aver accompagnato sul palco di Sanremo Patty Pravo ci ha preso gusto e sale sul palco insieme a una ragazza del pubblico che ha ammesso di aver perdonato il tradimento del compagno: “Briga è diventato un toy-boy” certifica Venditti.
Sulle note di “Un piccolo aiuto” e “Alta Marea” arriva il duetto con Zucchero che cita papa Giovanni Paolo II (“Se sbaglio, mi corriggerete”). “Sono sempre stato un solitario, un rompicoglioni ma ultimamente ho trovato nuovi amici come Ultimo. Mi somiglia molto, di carattere, di tutto. Lo aspettavo da anni uno come lui”, Venditti regala al cantante di San Basilio, arrivato secondo a Sanremo, l’onore e l’onere di cantare insieme a lui “Roma Capoccia” e “Grazie Roma”: “Lui rappresenta questa città fatta di tanti quartieri che nessuno è riuscito ancora a tenere insieme – annota Venditti - Roma non è solo il centro, Roma dobbiamo farla ancora… Questa città vive di magia, non è soltanto buche e degrado. Roma è un’anima. Qualcosa che abbiamo solo qui”
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