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Motherless Brooklyn di Edward Norton
Buon inizio per la Festa del Cinema di Roma. Anche se non eccezionale, questo solido e sentito noir, Motherless Brooklyn, che Edward Norton, qui anche produttore, sceneggiatore e regista oltre a protagonista, ha tratto dal best seller di Jonathan Lethem, si segue con grande piacere. Un po’ per il meccanismo del romanzo, a metà tra Il grande sonno e Chinatown, un po’ per i set anni ’50 di una New York molto ben ripresa, e un bel po’ per il gran cast che Norton ha composto, da Bruce Willis a Alec Baldwin, da Michael Kenneth Williams a Willem Dafoe. Niente di nuovo e di originale, se siete amanti dei vecchi noir in bianco e nero della RKO, ma è ben visibile lo sforzo di Norton per costruire un giallo credibile e funzionante.
E, parlando da spettatore, lo è. Magari come vecchio critico avrei voluto qualcosa di più, ma già tutta l’impostazione jazz di Harlem ci ripaga della lunghezza eccessiva del film, due ore e mezzo… Norton è Lionel, un detective privato con sindrome di Tourette, che ti obbliga a dire cose sconce o parole a sorpresa o a compiere gesti inconsulti quando non ce ne sarebbe proprio bisogno. Lo considerano tutti un freak a parte il suo boss, Frank Minna, interpretato da un Bruce Willis in gran forma. Quando sotto i suoi occhi Frank viene misteriosamente ferito a morte, Lionel, orfanello cresciuto a Brooklyn che gli deve tutto, decide di scoprire chi lo ucciso e perché.
Entra così in un giro molto più grande di lui, un giro che lo porta a confrontarsi con il potere del costruttore numero uno della città, Moses, interpretato da Alec Baldwin, con i suoi scagnozzi, con la bella Laura, Gugu Mbatha-Raw, che di giorno cerca di opporsi al piano di Moses di far piazza pulita dei quartieri poveri, dei neri, e di costruirci palazzoni, ponti e parchi e di notte vive nel locale dello zio dove si fa del free jazz. Lionel cerca di ricostruire quello che è accaduto partendo dalle poche parole che gli ha detto prima di morire Bruce Willis, “formosa”… o forse “for Moses”…, e mettendo assieme quello che scopre giorno dopo giorno fingendosi giornalista. Sente quello che sente un vecchio pazzo, Willem Dafoe, che ne sa più di quel che sembra.
E prende, come tutti i Marlowe dello schermo, una scarica di pugni. La novità, magari, è quella di far entrare in ogni scena, anche la più drammatica, le battute dettate dalla Sindrome di tourette (“Se…”), che è molto ben descritta e messa in scena da Norton, anche nelle note più interessanti della malattia, una memoria quasi perfetta ad esempio. Ripeto. Si vede con grande piacere. E il cast è notevole. Alec Baldwin si lancia anche in una sorta di monologo sul potere. Molti antitrumpiano. Il film esce il 1 novembre in America.
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