DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Marco Giusti per Dagospia
La sorpresa del Festival del Cinema di Roma, ormai arrivato a metà strada, appesantito da troppi film italiani e, ahimè, da una certa mancanza di linea selettiva, è la bellissima, dura, sgradevole e finalmente non omologata opera prima “Bassifondi” firmata da Trash Secco, nome d’arte di Francesco Pividori, noto per la regia di videoclip di Achille Lauro, Marracash, Ketama, prodotta da Matteo Levi, scritta dai Fratelli D’Innocenzo con lo stesso Trash Secco e interpretata da solo due attori, che sono di fatto, assieme alla scrittura visiva e alla complessità delle battute che si fanno forza dentro lo slang romano più truce la grande forza del film.
TRASH SECCO - FRANCESCO PIVIDORI
I due unici attori sono Gabriele Silli, già visto in “Re Granchio” ma anche artista plastico di talento che ha appena esposto con la Galleria Mazzoli a Berlino e che mette qui in scena anche se stesso come una continua performance, e il più vecchio e scatenatissimo Romano Talevi, attore di teatro e raramente di cinema, che il grande pubblico popolare ricorderà come lo scienziato pazzo di “Avanti un altro” ma che nemmeno io avevo mai segnalato.
Del resto non si capisce nemmeno come un film simile non sia stato immediatamente preso a Venezia e riapre il dibattito sul cinema italiano di oggi. Infatti, alla domanda che faceva Dago qualche giorno fa su chi sono i giovani registi dei nostri trapper e cantanti più innovativi e cosa stanno facendo nel cinema, direi che “Bassifondi” è la risposta migliore per confermare il talento di Trash Secco, che riprende la grande tradizione post-pasoliniana dei Victor Cavallo, Nico D’Alessandria, Carola Spadoni per costruire una sorta di commedia a due voci un po’ beckettiana un po’ gorkiana sulla vita a fior d’acqua sotto i ponti del Lungotevere dei barboni.
Se il più giovane Romeo, l’allampanato Gabriele Silli, è una sorta di angelo borghese decaduto, che ha avuto una moglie e due figli, che inutilmente cerca di contattare con un vecchio Nokia, il suo socio, Romano Talevi, è una sorta di freak romano sempre vissuto da miserabile alla costante ricerca di soldi e cibo in una Roma gualtierana pieno di sorci, merda, fango, puzza, spazzatura, violenza, avanzi di birre e di pasticche. I due si tengono incredibilmente in piedi l’uno con l’altro in una sorta di sincero rapporto amoroso che non esclude l’aggressività continua fra di loro e il buttarsi addosso qualsiasi ricatto e qualsiasi offesa.
Ma il teatrino off tra i due attori non andrebbe tanto lontano se non funzionasse perfettamente l’alchimia di linguaggi tra di loro e se la regia non sapesse trasformare tutto questo in racconto artistico poetico, più vicino alla video arte che al mondo dei videoclip. Anche se fin dai tempi di Pasolini e dei Citti vediamo questo tipo di cinema, che è quasi un genere a sé, va detto che Trash Secco, i D’Innocenzo e i due protagonisti sanno come muoversi nella materia, come scivolare sopra e sotto il fiume, avvicinarsi a una Roma piena di animali e di fango. Perfino la cacata sotto alla statua del Belli a Trastevere diventa qualcosa di diverso da quello che vediamo. Assolutamente da vedere.
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