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Jaime D'Alessandro per “La Repubblica”
La figlia della star dei reality Kylie Jenner, appena nata, che le tiene il pollice con la manina in primo piano. Cristiano Ronaldo che sgrana gli occhi in smoking, l' espressione meravigliata dal flash, con il pallone d' oro in braccio e la torre Eiffel illuminata alle spalle. Selene Gomez, la cantante venticinquenne, seduta sui gradini della casa dove è cresciuta. Una sera qualunque, una casa di legno qualunque in America. E lei senza trucco, acconciature, con solo un maglione bianco a collo alto, jeans e scarpe da ginnastica.
E all' opposto Beyoncé, come una madonna con i gemelli Rumi e Sir in braccio fra gli sbuffi di un vestito a fiori, incorniciata da corone di rose davanti l' oceano. Quattro immagini, quarantadue milioni di like su Instagram. Le più apprezzate sul social network da oltre ottocento milioni di persone, molte delle quali oggi hanno fra i diciotto e i ventiquattro anni.
L' assenza della parola e il suo farsi immagine o pittogramma. Avere diciotto anni, almeno sul fronte del digitale, significa ragionare con lo sguardo e non più per vocaboli. Si passa da una analogia all' altra, da un tramonto esclusivo a una strada di notte appena illuminata, dalla normalità di personaggi famosi che di normale non hanno più nulla all' anormalità di un luogo quotidiano.
Per gli shintoisti il vocabolo è troppo rozzo per catturare l' essenza spirituale e divina, raccontava Fosco Maraini in Gli ultimi pagani, si può solo tacere e contemplare. Pagani o meno, chi è nato nel 2000, del silenzio e dello sguardo ha fatto la sua cifra abbandonando sempre più Facebook a favore di Instagram, che è sempre di Mark Zuckerberg, e Snapchat. Il boom dell' emoji, pittogramma per eccellenza di questi anni, non a caso è nato in Giappone.
E sta per "immagine", mo per "scrittura" e ji per "carattere". Ma è la prima parola quella che conta: e. «Nel 1999 da noi le mail da telefono erano limitate a 250 caratteri», ha raccontato il creatore degli emoji Shigetaka Kurita, ora quarantaseienne, quando nel 2016 esposero il primo emoji al Moma di New York. «Con così poche parole era facile fraintendersi» . Vien da sorridere al pensiero che il tramonto della parola sia avvenuto per evitare di non capirsi. E che la soluzione siano state faccine che rappresentano stati d'animo. E poi, in seguito, foto: quaranta miliardi solo su Instagram.
Pew Research, azienda americana che conduce indagini di mercato, a marzo ha confermato l' esodo dei nuovi adulti sulle piattaforme visive Snapchat e Instagram. Il settantotto per cento degli americani che ha fra i 18 e i 24 anni usa la prima. Ormai conta su poco meno di duecento milioni di persone ma fa fatica a crescere nelle altre fasce della popolazione.
Quasi esistesse una barriera, quella che separa chi usa la parola scritta e chi invece le immagini. ComScore in Italia ha registrato un andamento simile anche se con una metrica diversa. Chi ha fra i 18 e i 24 anni condivide foto nel 64 per cento dei casi e la metà è sui social network ogni giorno. YouTube è un altro mezzo visivo che infatti cala in popolarità man mano che si cresce anagraficamente.
Julian Jaynes nel saggio Il crollo della mente bicamerale e l' origine della coscienza, sostiene che la modernità nasce dall' entrata in contatto fra i due emisferi del cervello, dando luogo non tanto ad un monologo interiore quanto ad un dialogo fra parola ed immagine. Oggi quindi la parte che ragiona per immagini sembra abbia cominciato ad avere più peso. Un conscio contaminato dal linguaggio dell' inconscio o comunque del non detto, secondo la via cara allo Shinto.
Ma qui stiamo giocando con le parola scritta per raccontare quel che scritto non è. A rischio di far la figura dei medici medievali, quelli di Michel Foucault e della sua Storia della follia nell' età classica, che usavano i lebbrosari per rinchiudere quel che dell'umano non capivano anche quando la lebbra era scomparsa.
Per avere un' idea di estraneità e smarrimento, provate ad entrare su Musical.ly. Stavolta dal Giappone passiamo alla Cina. È un social network che viaggia fra coreografie adolescenziali creato nel 2014 ed esploso nel 2016. Video che vanno dai quindici secondi al minuto con star come le due gemelle Lisa e Lena Mantler, classe 2002, e i loro ventotto milioni di seguaci che le guardano ballare. Per capire il senso, bisogna smettere di usarlo.
«Facebook non viene più utilizzato, vedo molti profili abbandonati ormai», racconta Karim De Martino da Los Angeles. Italiano, ma trapiantato negli Stati Uniti, è il vicepresidente di OpenInfluence, agenzia che applica l' intelligenza artificiale per cercare le celebrità emergenti sui social per gli investitori pubblicitari. Un'azienda dalla crescita fulminante, premiata da Forbes due anni fa come una delle startup più innovative fondate da persone sotto i trent' anni.
«Snapchat ha avuto il suo momento di gloria, ma ora molti utenti non lo aprono più. Twitter rimane legato alle celebrità e al mondo della televisione: nei programmi sportivi o di gossip negli Usa se ne parla sempre. Ma i diciottenni sono lontani da quel mondo. Rimangono Instagram e You-Tube che ha preso il posto della fruizione televisiva. Se dovessi quindi puntare su un canale per raggiungere quelli nati nel 2000, direi questi due.
Poi magari anche Musical.ly per le ragazze e Twitch (social di Amazon basato sullo streaming in diretta legato ai videogame, ndr) per i ragazzi per coprire tutto lo spettro». La figlia appena nata di Kylie Jenner, quella che a febbraio stringendo il dito della madre ha ottenuto quasi 18 milioni di like rompendo ogni record, si chiama Stormi Webster. Della canzone Stormy Weather (un classico di Ella Fitzgerald) nel tempo imparerà tutto, ne siamo certi. Ma il vero punto interrogativo è quale lingua parlerà fra diciotto anni.
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