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Marco Belpoliti per Robinson-la Repubblica
In una delle ultime interviste, concessa a Roberto Di Caro prima di quel tragico 11 aprile 1987, Primo Levi ricorda come il successo di un autore sia del tutto casuale. Usa la parola "stocastico", che significa aleatorio, termine introdotto dal matematico Bruno de Finetti, studioso di probabilità.
Tutta la storia di Levi è legata all' elemento aleatorio, a partire da quella parola, "fortuna", con cui si apre il suo libro più famoso, Se questo è un uomo: "Per mia fortuna sono stato deportato ad Auschwitz solo nel 1944". Senza quell' avverbio - solo - la frase cambierebbe totalmente il suo significato. Ma è andata proprio così: Levi ha avuto la fortuna di essere deportato ad Auschwitz.
L' ha detto in un' altra intervista, quella con Philip Roth, dove ha citato una frase di un amico: l' anno ad Auschwitz è stato in technicolor, il resto della sua vita in bianco e nero. Solo se partiamo da qui, dal dono avvelenato di Auschwitz, dal fatto che il Lager gli ha donato " cosa" scrivere, si può capire l' aspetto aleatorio che ha dominato la vicenda dello scrittore Primo Levi. Oggi è facile, dall' alto dei due milioni e seicentomila copie vendute solo in Italia da Einaudi ( e il dato non include le altre migliaia vendute in edizioni scolastiche e quelle allegate ai giornali), dire che si tratta di un successo senza pari.
Tuttavia Levi non è stato proprio fortunato con quel primo fondamentale libro. Einaudi, ma anche le Edizioni di Comunità e probabilmente Mondadori, glielo rifiutano. Lo pubblica una piccola casa editrice torinese, De Silva, nel 1947, ed è un flop. Se ne stampano duemila e cinquecento copie e se ne vendono forse mille, mille e cinquecento, tutte a Torino e in Piemonte. Fine del sogno di diventare scrittore, nonostante le recensioni di Arrigo Cajumi e Italo Calvino, e anche se ha già cominciato a pensare al racconto del suo periglioso ritorno a casa che uscirà sedici anni dopo. Intanto scrive poesie e racconti fantastici. Sarà chimico, presso la Siva a Settimo Torinese, per quasi trent' anni.
Poi nel 1955, a dieci anni dalla fine del Secondo conflitto mondiale, cambia nell' opinione pubblica l' atteggiamento verso la deportazione; dopo la rimozione generale del primo decennio, lo sterminio ebraico è ora un tema importante. Come ricorda Ian Thomson nella sua documentatissima biografia in uscita da Utet ( Primo Levi, traduzione di Eleonora Gallinelli), nel 1954 viene pubblicato il Diario di Anna Frank; poi il libro di Lord Russell, Il flagello della svastica, presso Feltrinelli, che si domanda: com' è stato possibile che la Germania di Goethe, Beethoven, Schiller, Schubert abbia prodotto Auschwitz e Buchenwald. In quegli anni Levi è chiamato a parlare in pubblico della sua esperienza: i giovani vogliono sapere cosa sono stati i Lager. Cambio di stagione. Si passa dall' epopea della Resistenza come Secondo Risorgimento d' Italia del Partito comunista al tema dei campi di sterminio.
In Einaudi c' è un nuovo team che ha preso il posto di Cesare Pavese e Natalia Ginzburg: Luciano Foà, che propone di pubblicare il Diario di Anna Frank, e Paolo Boringhieri. Poi Paolo Serini, che ha amato Se questo è un uomo nel 1947, e lo stesso Calvino, che reputa Levi un vero scrittore. Giulio Einaudi dubita; alla fine prevale il parere favorevole.
Esce nel 1958. Si tratta di un libro diverso, con trenta pagine in più. Levi ci ha lavorato tre anni. Pian piano il volume comincia a circolare. Il prestigio della casa editrice, il suo legame con il Partito comunista e socialista, funzionano.
Levi ha cambiato la prima pagina: non si parla più solo degli ebrei rinchiusi a Fossoli, ma della sua breve esperienza partigiana in Val d' Aosta. La prima edizione si esaurisce ben presto e cominciano le ristampe. Nel giro di cinque anni Levi diventa la voce dei deportati, sia quelli politici sia dei deportati ebrei, e persino di quelli militari - Alessandro Natta, futuro segretario del Pci, ha scritto un libro sui deportati militari in Germania ma la casa editrice del partito non lo pubblica. Sono ancora piccoli numeri, eppure significativi.
Il primo vero passaggio verso il long seller avviene con la pubblicazione di La tregua nel 1963: va allo Strega, non lo vince, però ottiene il premio Campiello alla sua prima edizione.
Questo successo farà da traino al primo libro.
Due anni dopo La tregua entra nelle scuole con la collana einaudiana "Letture per la scuola media".
Solo nel 1973 ci sarà una versione scolastica della sua prima opera. Questa sarà la vera svolta nella diffusione di Se questo è un uomo: lo leggono gli studenti nelle scuole. Saranno i ragazzi e i loro insegnanti democratici a decretare il successo dello scrittore torinese. Altro fatto stocastico: Levi è diventato ora l' emblema dell' antifascismo militante.
Siamo nel periodo del terrorismo neofascista, nel decennio nero della storia italiana, e l' attività di testimone nelle scuole, in televisione, alla radio (la riduzione radiofonica del libro è del 1964) accresce l' attenzione dei lettori. Nel 1974 un programma in tre puntate della Rai, Il mestiere di raccontare, celebra Primo Levi. Poi ci sarà il nuovo paradigma storico dominante: Shoah e Olocausto, da testimone dell' antifascismo a testimone dello sterminio ebraico. Ma siamo già negli anni Ottanta. Levi scrittore ebreo è l' ultima trasformazione nella lettura del suo libro.
Questo tra i lettori comuni. C' è poi anche la storia di come la critica letteraria l' ha accolto: male, benino, benissimo. La fortuna è cieca, si dice. Ma anche i critici letterari, che non l' hanno considerato uno scrittore fino agli anni Ottanta. Ci sono le eccezioni, come quella di Cesare Cases suo primo recensore. In Quaderni piacentini, la rivista gauchiste di Bellocchio, Cherchi, Fofi, Jervis e Fortini, hanno messo il libro di racconti fantascientifici di Levi, Storie naturali, nella lista dei " Libri da non leggere".
Nell' aprile del 1967 Cases lo difende dalla stroncatura. Il suo pezzo, Difesa di un cretino, spiega perché Storie naturali stia bene con Se questo è un uomo, e se anche Primo Levi non è un rivoluzionario, e forse simpatizza per il centrosinistra, non può stare nella lista di proscrizione. Fortunato sì, ma sempre affidato all' alea del momento: " l' organizzazione culturale è sommamente stocastica", ha detto in quell' intervista. Aveva davvero ragione.
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