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Juliette Gréco rip
Marco Giusti per Dagospia
Ecco. Se ne va anche Juliette Gréco, 93 anni, la musa, la sacerdotessa dell’esistenzialismo. Amica di Jean-Paul Sartre Sartre, di Françoise Sagan. Capelli neri corvini lunghi sulle spalle, occhi enormi su pelle bianca spettrale, naso forte, voce roca da troppe sigarette, abiti rigorosamente neri, calzoni aderenti e maglione un po’ sporco. Ovvio.
In un’intervista disse che li usava neri perché sudava troppo perché quando cantava era troppo emozionata e il sudore letteralmente le bruciava i vestiti. Cantante dei primi cabaret del dopoguerra in quel di Saint-Germain de Prés, il mitico Tabou e un po’ dopo il Rose Rouge. E poi attrice di teatro e di cinema, anche se i più giovani, diciamo i sessantenni, associano il suo nome al leggendario telefilm francese in bianco e nero degli anni ’60 “Belfagor – Il fantasma del Louvre”.
Che paura… Amante, giovanissima, di Miles Davis nella Parigi del primo Dopoguerra, ma anche del potente produttore americano Darryl F. Zanuck, che dalle cantine della rive gauche le aprirà le porte della 20th Century Fox e di Hollywood, in una serie di film a fianco di Errol Flynn, Orson Welles, Tyrone Power. Facendone una star di prima grandezza.
Con i soldi di Zanuck, per prima cosa si rifarà il naso. E butterà via il maglione sporco per la pelliccia di visone. Cosa che le cronache mondane degli anni ’50 subito notano malignamente. Come notana la tenera amicizia col produttore, anche se nelle interviste rifiuterà sempre l’etichetta di “protetta di Zanuck”.
Nata a Montpellier nel 1927, da un padre ispettore di polizia corso e da una mamma che la lascia presto per combattere i nazisti e poi per partire per l’Indocina, cresce a Parigi nella casa dei nonni. A 18 anni, a guerra appena finita, vive con “un panino imbottito e un cetriolo”. Abita in una stanzetta al Louisiana a Saint-Germaine, e inizia a cantare.
Le canzoni di Prevert, di Vian. Nasce l’esistenzialismo. Presto così popolare che anche Totò in “Totò all’inferno” rifaceva il verso a Juliette Gréco (“Noi siam esistenzialis, leggiamo solo Proust…”). Inizia anche il cinema nei primi anni ’50. Una particina in “Nel regno dei cieli” di Julien Duvivier con Serge Reggiani, in “Orfeo” di Jean Cocteau, ma è protagonista del mélo di Jean-Pierre Melville “Labbra proibite” a fianco di Philippe Lamaire e Yvonne Sanson.
juliette greco dramma nello specchio
Si innamorerà di Philippe Lemaire e lo sposerà nel 1953, facendoci anche la sua unica figlia. Un matriomonio che durerà poco, tre anni, anche perché si innamora di lei Darryl F. Zanuck che cercherà di farne una star internazionale. Così ha un buon ruolo anche nello spionistico “La castellana del Libano” di Richard Pottier con Gianna Maria Canale, Jean Servais, Luciana Paluzzi e un giovanissimo Omar Sharif che cerca l’uranio in Libano.
belfagor ovvero il fantasma del louvre
La vuole Jean Renoir in “Eliana e gli uomini” con Ingrid Bergman protagonista. Lei ha un ruolo di gitana canterina. Poi la troviamo a fianco di Eddie Constantine e Folco Lulli in “Le creature del male” di Raoul André. Ha il ruolo di una greca, Nicky Mistakos. Mai visto. Ma non è facile fare della Gréco una vera attrice.
philippe lemaire juliette greco
E’ troppo caratterizzata come la Gréco, è da subito un monumento dell’esistenzialismo. Zanuck la infila a forza nel cinema della Fox del tempo. Sono grandi produzioni per lo più girate in Europa o in Africa. “Il sole sorgerà ancora” diretto da Henry King, tratto da Ernest Hemingway, con Tyrone Power, Errol Flynn e Ava Gardner.
trevor howard juliette greco le radici del cielo
Poi “le radici del cielo” di John Huston, tratto da un romanzo di Romain Gary, con Errol Flynn, Orson Welles, Trevor Howard. Mettiamoci anche “Terra nuda” di Vincent Sherman con Richard Todd e John Kitzmiller, il bellissimo “Dramma nello specchio” di Richard Fleischer con Orson Welles e Bradford Dillman. Sei ruoli per tre attori. Film che non vediamo da anni.
juliette greco orson welles dramma nello specchio
O il grosso rischio, diretto da Fleischer e da con Stephen Boyd Elmo Williams. Zanuck le offre il ruolo da protagonista di “Anastasia”, l’ultima dei Romanoff, diretto da Anatole Litvak, ma tratto dalla commedia di Maurice Maurette che proprio la Gréco recitava a teatro in Francia.
Ma lei rifiuta. Parte una causa con la Fox e con Zanuck, l’uomo che l’ha sempre protetta e accettato qualsiasi sua stravaganza, da 4 milioni di dollari.
juliette greco darryl f. zanuck
Non si capisce bene cosa sia successo tra di loro. Ma, anche se la Gréco non pagherà mai la penale, fra i due si rompe ogni legame. Il ruolo andrà a Ingrid Bergman, già quarantenne che deve fingersi venticinquenne.
Senza più legami con Hollywood, mai stata una vera attrice, la Gréco si muove tra recital e teatro, ritrovando il successo nel curioso telefilm “Belfagor – Il fantasma del Louvre” di Claude Barma. Le cronache sono piene, però, dei suoi amori. Tenta di uccidersi coi barbiturici, e la salva la Sagan, per un amore tormentato con Alain Dreyfus nel 1965.
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Ma nel 1966 si sposa con Michel Piccoli e la coppia sembra funzionare perfettamente. Sono tutti e due personaggi forti, vissuti, affascinanti.
Vederli insieme è uno spettacolo. Non farà più grandi film. Compare in “La notte dei generali” di Anatole Litvak, dove ritrova Yul Brynner, che doveva essere il suo partner in “Anastasia”, Omar Sharif, Peter O’Toole.
Ma non farà più quasi niente al cinema, a parte una partecipazione nel film del suo amico Jacques Brel “Le far west” nel 1973. Il matrimonio con Piccoli dura fino al 1976. Una decina d’anni dopo si risposerà per la terza volta, con il musicista Gerard Jouannest, grande amico e collaboratore di Jacques Brel.
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