
DAGOREPORT - COME È RIUSCITO IL FUNERALE DI UN SOVRANO CATTOLICO A CATTURARE DEVOTI E ATEI, LAICI E…
Barbara Costa per Dagospia
Lussuria. Provocazione. Melodie sinuose. Messaggi pericolosi. Inventiva androgina mischiata ad un’insaziabile carnalità. Ossessioni viscide capaci di scivolare fino alla più oscena delle fantasie. E sesso. Tanto sesso. Esplicito. Esagerato. Senza nessun sottinteso. Da far venire le vertigini.
Era Prince, un artista unico, un genio assoluto. Era Prince, ruffiano e puttana, era “il tuo piccolo principe/che stasera ha voglia di scopare”. Lo chiamavano “Sua Stramberia, il reverendo della chiesa del pop erotico”, e anche il “primo ministro della politica sessuale”, e lui rispondeva che il sesso era l’unica libertà, l’unica valida alternativa all’autodistruzione, l’unico rimedio ai mali del mondo, l’unica consapevole esperienza di vita che arricchisce.
Era Prince, con i suoi video musicali girati come dei porno soft.
Lui che strisciando come un gatto si insinuava tra le gambe nude delle ballerine. Lui che sul palco, in slip e zatteroni, mostrava i peli pubici, simulava coiti orali con il microfono in bocca, leccava la chitarra, palpava le coriste: “Ho abbracciato il bassista, che è un uomo, e dopo ho messo la lingua in bocca alla mia tastierista, che è una donna. Durante i miei concerti accadono cose del genere”, e lo diceva col più assoluto candore.
Era Prince che in ogni canzone di “DIRTY MIND” celebra il sesso al pari di un sacramento. Canzoni che ti scuotono la mente come un lungo bacio con la lingua in bocca che ti lascia tutta sporca e umida di saliva. Ogni canzone è un discorso intimo tra Prince e una donna, e tra Prince e chi lo ascolta: è lui che vuole rivelare direttamente al tuo orecchio che pretende di stare “solo tra le tue cosce burrose”.
Prince canta il sesso come un bellissimo gioco, è il suo (e il tuo) passatempo preferito. Nel disco c’è “HEAD”, un’ode alla masturbazione e un’esortazione a farla. Dal vivo Prince eseguiva questa canzone accarezzando il manico della sua Telecaster fino a farne uscire magicamente uno spruzzo di liquido bianco.
Era Prince che in “SISTER” racconta di una passione illecita con una “sorella” di 16 anni che non ha mai fatto l’amore con nessuno, ma solo con lui, perché “a tutte le sorelle piace/farsi leccare le ginocchia”. Prince che in “ROCK HARD IN A FUNKY PLACE” odia “veder andare sprecata un’erezione”. Prince che ti incanta in “DO ME, BABY”, e tutta la canzone è un supplicato orgasmo.
Era Prince sulla copertina di “Rolling Stone”, fotografato da Richard Avedon, con Vanity, la sua musa-fidanzata del momento, che gli infila una mano dentro i pantaloni per impossessarsi di “qualcosa”. Era Prince ritratto completamente nudo sulla copertina di “LOVESEXY”, con una gamba piegata apposta a nascondere il sesso e un braccio pudicamente posto a coprire… i seni. Di un uomo. Tutti a gridare allo scandalo e Wal-Mart che si rifiuta sia di esporre il disco, sia di venderlo.
Era Prince che in “DARLING NIKKI” veniva folgorato da “un demonio del sesso/la cara Nikki/incontrata nel vestibolo di un hotel/mentre si masturbava con una rivista” e che dopo lo aveva “scopato a morte”. Con questa canzone Prince fece incazzare Tipper Gore, la moglie dell’allora senatore Al Gore, la quale si mise a capo di un comitato moralizzatore e tanto ruppe le scatole a Washington che ottenne per legge un “advisory” giallo su ogni disco di Prince e di altri cantanti “perversi” come lui.
Era Prince che nel video “CREAM” prende in bocca l’indice di una donna ricoperto di “crema” bianca. E lo succhia e inghiotte. Prince che balla tra donne in corpetti, calze e reggicalze neri, e ne domina due sottomettendole ai suoi piedi. Prince che striscia sul pavimento con una di loro, mettendole ritmicamente la testa tra le gambe aperte, alzandola e abbassandola a mimare un cunnilingus (“pensi che la cosa ti farebbe eccitare?/dimmi cosa ci riuscirebbe”).
Subito dopo gira il video di “GETT OFF”: corpi nudi, seni, vestiti strappati di dosso. MTV esige che venga censurato per mandarlo in onda.
Era Prince il sex symbol sempre perfettamente truccato, che camminava su tacchi a spillo vertiginosi. Era la rockstar che amava e venerava le donne (ogni vagina è una “sugar wall”), ma era lo stesso uomo che esigeva rispetto e sottomissione sessuale, un’adorazione assoluta e incondizionata, che lodava il sadomaso (“ti odio perché ti amo, ragazza”), e che in più di una canzone fa l’amore con una “irresistible bitch”, e la ricopre di oscenità (“voglio scoparti fino a fartelo schizzare fuori dalla bocca”).
Era un “SEXY MOTHERFUCKER” felice di farsi scopare in piedi, con violenza, da una sconosciuta. E le donne lo hanno amato lo stesso. Adorato. Desiderato. Raccontano di grida isteriche e piene d’invidia, nei cinema, alla scena di “PURPLE RAIN”, dove Prince accarezza il corpo nudo di Apollonia prima di farci l’amore.
Prince che ha avuto migliaia di donne ai suoi piedi, che osava essere effeminato e allo stesso tempo più uomo degli altri, che si è portato a letto donne stupende come nessun altro uomo, anche mille volte più bello, più alto e più macho di lui, potrà difficilmente fare. I film preferiti di Prince erano “Barbarella” e “9 settimane e mezzo”.
Proprio con Kim Basinger ebbe un breve flirt nel 1989. Con lei incise “SCANDALOUS SEX SUITE” (“voglio avvolgerti attorno le mie gambe, ragazza”), e ancora si raccontano storie maliziose su tutto quel “miele” versato sul banco del mixer, sporcandolo tutto.
Chissà se è vero che Prince scriveva una canzone al giorno, con un pennarello viola su un taccuino viola. Di certo era un artista che proveniva da un altro pianeta. Forse da un’altra galassia. Ha detto Owen Husney, il suo primo manager: “Prince è come Beethoven, tra 200 anni la gente prenderà in considerazione tutta la sua opera e dirà: accidenti, quest’uomo era un genio”.
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