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Vittorio Sgarbi per la Verità
E dunque si dica che non si può leggere Ernst Jünger, che nel 1930 aveva descritto gli ebrei come una minaccia per l'unità dell'Occidente. Poco conta che nel 1980 abbia ricevuto il premio Goethe , come Bertolt Brecht e Thomas Mann. E tanto meno Martin Heidegger che aderì con entusiasmo alla rivoluzione nazionalsocialista, con evidenti posizioni antisemite, come osserva Donatella De Cesare.
E non parliamo di Céline, chissà perché pubblicato nella Pléiade. E naturalmente evitiamo di leggere Pound, sicuramente responsabile, con i parametri di Mirella Serri, di aver ispirato la inqualificabile Casapound, la cui esistenza è certamente una sua colpa. Evitiamo di leggere Gottfried Benn, chiamato nel 1933 a dirigere la sezione di poesia dell'Accademia di Prussia dalla quale erano stati espulsi poeti e pensatori ostili al regime nazista. Oltretutto nel 1937 Benn fu difeso da Heinrich Himmler. Bruciamo le fotografie di Leni Riefenstahl, amica di Hitler, il cui film Il trionfo della volontà fu giudicato dal dittatore «una incomparabile glorificazione della potenza e della bellezza del nostro movimento nazionalsocialista».
Dopo la caduta del nazismo, Leni fu sottoposta alla cura Serri: nel 1948 il quotidiano francese France Soir e quello tedesco Wochenende pubblicarono un presunto diario di Eva Braun, che conteneva dettagli imbarazzanti sul rapporto tra la Riefenstahl e Hitler. Era stato il suo vecchio amico e collega Luis Trenker a cedere il diario, assicurando che gli era stato affidato personalmente dalla defunta amante del Führer.
Lo schema è semplice: qualunque autore, scrittore, pittore, regista abbia avuto a che fare con il nazismo, o con il fascismo, è colpevole anche per quello che ha fatto prima .
E, se per caso la sua opera piace a un sostenitore di Putin, è colpevole di aver ispirato «i folli convincimenti imperiali dello zar Putin». Lo dice esplicitamente la Serri: «Se è giusto non collegare meccanicamente l'opera artistica all'azione politica, ignorare le conseguenze politiche di un filosofo è quanto di più politico vi sia». Per cui io sono colpevole di aver esposto al Mart di Rovereto i dipinti di Julius Evola, concepiti tra il 1915 e il 1921.
All'epoca non c'era l'ombra né del fascismo né del nazismo, e però nel 1937 l'introduzione di Evola alla traduzione italiana dei Protocolli dei Savi anziani di Sion ha contribuito ( lo pensava anche Umberto Eco) a far gassare 6 milioni di ebrei, perché venne usata da nazisti e fascisti per denunciare una fantomatica congiura ebraica per impadronirsi del mondo.
Ho molti dubbi che un testo di Evola abbia avuto una così potente influenza. Adesso che lo so, mi chiedo come ho potuto far vedere il lavoro di un pittore che dopo 20 anni si è manifestato come antisemita o fascista. Ma dobbiamo ricordarcelo ogni volta che parliamo di Filippo Tommaso Marinetti, di Fortunato Depero, di Mario Sironi, di Margherita Sarfatti, di Giacomo Balla, e molti altri dimenticati. Attenti: la Serri vigila.
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