DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Estratto dell’articolo di Massimiliano Castellani per “Avvenire”
Per fare Report, da quasi trent’anni a questa parte (la prima puntata andò in onda nel 1997) ci vuole un gran coraggio, un fisico bestiale, spalle larghe e un nome da eroe wagneriano, Sigfrido. Stiamo entrando nel 7° anno della conduzione di Sigfrido Ranucci, segni di crisi: zero. Anzi, il cuore impavido al comando del più ficcante programma di inchiesta e approfondimento trasmesso dal servizio pubblico (Rai 3), va avanti a testa alta, in direzione ostinata e contraria a poteri forti, forte del consenso popolare: anche con lo spostamento alla domenica sera raccoglie una media di 1 milione e 800 mila telespettatori. [...]
L ANTICIPAZIONE DELLA SECONDA PARTE DEL SERVIZIO DI REPORT SU MAURIZIO GASPARRI
Una eredità pesante, quanto avvincente, la sua, Ranucci, al timone di una scialuppa di salvataggio dell’informazione, che le ha passato la pasionaria Milena Gabanelli della quale viene da chiedere: cosa porta in dote l’attuale Report?
Da Milena oltre all’insonnia per il lavoro notturno ho ereditato la forza dell’identità: Report prima che una trasmissione è una mission che scrive ogni settimana i romanzi dei fatti veri, che rispetta tutte le parti ma se c’è da denunciare vale il “nessuno si senta escluso”. Per questo, anche se qualche vecchio dirigente Rai ha provato a farmela togliere, nella stanza di lavoro, che per me rimane un luogo sacro, campeggia, e resterà lì fino all’ultimo giorno in cui sarò a Report, la targa con su scritto “Milena Gabanelli”. Un omaggio dovuto, il minimo che potessi fare per una giornalista unica, ancora dentro la notizia, con cui ho iniziato a lavorare in tv nel 2006.
SIGFRIDO RANUCCI IN COMMISSIONE DI VIGILANZA RAI
Da allora decine di inchieste memorabili da inviato al fronte e su ogni campo che, nel tempo, ne ha hanno fatto il “querelato speciale” della Rai. Ma la maggior parte delle vicende giudiziarie che riguardano Report originano da azioni legali mosse direttamente dal Palazzo della politica.
Spiccano quelle dei politici: Giorgetti, moglie di Giorgetti, sorella di Giorgetti, Fontana, figlia di Fontana, poi il legale di Giorgetti, Mascetti per l’inchiesta “Mensa dei poveri”. Santanchè e compagno, il ministro Urso, l’ex politico Massimo Ruggieri, dai figli di La Russa, dalla Regione Campania amministrata da De Luca. Poi mi sono arrivate querele dai fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, camorristi, addestratori di terroristi, trafficanti di armi, bancarottieri. Infine dai grandi gruppi industriali.
sigfrido ranucci report santanchè
Insomma a quanto ammonta il monte querele?
Siamo a 177, con oltre 100 milioni di euro di richiesta di risarcimento. Quando ci penso mi viene in mente mia nonna che quando la notte non dormiva svegliava il nonno e lui le chiedeva: «Ma che c’hai?». E lei: «Niente, devo portare 30 lire al macellaio, e non ce le abbiamo». E il nonno: «Ma scusa, sarà lui che non deve dormire visto che i soldi li deve prendere, no?» – sorride - . Tuttavia al momento, facciamo gli scongiuri, la mia fedina penale è pulita.
L ANTICIPAZIONE DELLA SECONDA PARTE DEL SERVIZIO DI REPORT SU MAURIZIO GASPARRI
Ma è uno scenario che amareggia.
Sa qual è la cosa che mi ha più amareggiato? Nell’ultima audizione in Vigilanza ho chiesto alla politica di approvare il disegno di legge sulle “liti temerarie”, non tanto per noi che abbiamo alle spalle la Rai e un formidabile ufficio legale, ma pensavo a quei giornalisti di provincia, i cronisti delle piccole testate, professionisti dalla schiena dritta che per 10 euro a pezzo devono chinare la testa e piegarsi ai voleri del criminale locale che controlla tutto o del sindaco che magari è l’imprenditore di riferimento del loro giornale, e che quindi pretende e ottiene il silenzio.
sigfrido ranucci servizio di report su daniela santanche 18 novembre 2012
In risposta a questo, il senatore Gasparri prima ci ha denunciati per i commenti apparsi sul nostro sito - dopo che ci aveva attaccati con “carota e cognac” -, poi ha presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia chiedendo di inviare gli ispettori in quelle procure che stanno indagando su Report per capire perché non ci condannano. Ma le pare un agire da Paese democratico?
Dopo la puntata sui conflitti d’interesse, Gasparri l’ha portata per l’ennesima volta davanti alla Commisione di Vigilanza Rai.
I motivi veri sono emersi dopo la convocazione. Il pretesto era stato un’inchiesta sull’eredità finanziaria e politica di Berlusconi. Ma poi ha denigrato la storia della trasmissione, usando l’istituzione della vigilanza per un uso proprio: ha detto che stavamo realizzando un’inchiesta su di lui per vendicarci dell’audizione, quando sapeva da 20 giorni prima che stavamo realizzando il servizio.
MEME maurizio gasparri E LA CAROTA
Avevamo scoperto che è presidente di una società di Cybersecurity intorno alla quale ruotano collaboratori, anche occulti, legati ai servizi di Israele. Una partecipazione che per due anni, fino a quando l’ha scoperta Report, Gasparri ha nascosto al Senato. Ora dovrà giudicare la Giunta delle elezioni e il consiglio di Presidenza del Senato, su un’eventuale decadenza da parlamentare o relative sanzioni disciplinari. Ma io so già qual è il finale della commedia all’italiana: Gasparri rimarrà al suo posto, saranno i suoi amici israeliani, che sono persone estremamente serie e capaci, a farlo uscire dalla società di cui fa parte.
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sigfrido ranucci report inchiesta su visibilia
Tanti sponsor pubblici e privati un tempo investivano per finanziare i partiti, tema della prossima puntata da non perdere di Report, in onda domenica sera.
A dieci anni dall’abolizione del finanziamento e l’ingresso del contributo pubblico del 2 per mille ai partiti, sono rimaste le donazioni private che non possono superare i 100mila euro e la parte più cospicua spesso arriva dagli stessi eletti. Poi c’è chi ha il “braccino più corto” di altri. Italia Viva è stato fondato nel 2019, in 4 anni ha raccolto oltre 4 milioni di euro di donazioni.
Non male. Ma il suo leader, Matteo Renzi, che oggi ha un reddito personale di 2 milioni e mezzo di euro annui, ha versato alla sua creatura meno di 30mila euro. La Boschi è stata molto più generosa di lui, a Italia Viva ha donato 100mila euro. Colpiscono le spese del partito che ha chiuso a meno 54 mila euro, e nel solo 2022, anche se c’erano elezioni, ha speso tra cene e alberghi qualcosa come 300mila euro.
MARIA ELENA BOSCHI E MATTEO RENZI - ASSEMBLEA NAZIONALE DI ITALIA VIVA
Ma la vostra inchiesta, come al solito, segue la linea del “nessuno escluso”.
Certo, infatti i 5 Stelle utilizzano soldi dei gruppi per pagare il lavoro dei loro ex parlamentari ai quali è stata trovata una adeguata ricollocazione. E questa è un’altra macchia alla trasparenza. Poi ci sono i casi delle fondazioni e il caso “Open” di Renzi è la punta dell’iceberg. La vicenda della fondazione di Alleanza Nazionale ha del paradossale: ha finanziato la cripta di Mussolini a Predappio, e abbiamo scoperto che all’interno di Fratelli d’Italia ci sono degli iscritti alla massoneria, e noi sappiamo da fonti storiche che Mussolini voleva i massoni fuori dal Pnf, mentre nella sua tomba gli hanno infilato una miriade di simboli massonici.
I vertici dell’immobiliare della fondazione sono accusati di appartenenza alla massoneria, Il presidente della Fondazione di An, Giuseppe Valentino, è anche l’avvocato di Urso e in base alle carte dell’inchiesta “Gotha”, in un’intercettazione con l’avvocato Paolo Romeo emerge, secondo i magistrati, che entrambi apparterrebbero a logge segrete. Valentino ovviamente smentisce.
Insomma sta dicendo che siamo ancora in piena era finanziamenti, più o meno illeciti?
Le frodi sono diminuite, ma c’è ancora la questione della mancata trasparenza. Per esempio, sul tesoretto di 53 milioni di contributi che vanno ai gruppi dei partiti e suddivisi in proporzione agli eletti c’è l’obbligo di rendicontare la cifra, la causale delle spese, ma non i reali beneficiari. Quindi, il Belsito di turno potrebbe ancora oggi comprare diamanti e farli passare per consulenze. E la commissione che dovrebbe vigilare, quella di garanzia sugli statuti e la trasparenza, è stata lasciata per dieci anni senza soldi e personale. Chi dovrebbe dargli gli strumenti per vigilare? Gli stessi vigilati...
sigfrido ranucci report e la trattativa stato mafia
Da cittadino e da padre di famiglia, ancora prima che giornalista di lungo corso, che cos’è che la indigna di più in questo momento?
Una cosa che non smette di indignarmi è l’assoluta indifferenza di questo Paese riguardo al merito. L’ho provato anche recentemente sulla mia pelle. Sono andato in Commissione vigilanza Rai a portare i risultati di una storia come quella di Report. Sviscero dati e numeri di un successo acclarato per 20 minuti e avverto in tempo reale la netta impressione che non importava nulla. Avevano altri obiettivi...
Sta dicendo che viviamo in un Paese dove la libertà di stampa è in serio pericolo?
Dico che è un Paese dove è molto faticoso esercitare la libertà di stampa. Questo perché nell’agenda politica il tema non è mai il presente, non lo è neppure nelle campagne elettorali.
Ranucci lei ritrovò l’ultima intervista al giudice Paolo Borsellino, realizzata da due giornalisti francesi alla vigilia della strage di Capaci, cosa è cambiato da allora?
Siamo ancora vittime dello stesso ambiente. I personaggi coincidono e operano per mettere al margine chi prova a disturbare i loro sporchi affari. I giudici Falcone e Borsellino vennero uccisi dall’isolamento e dal silenzio. Uccisi due volte poi dal depistaggio che ciclicamente riappare sulle morti eccellenti di Stato. [...]
sigfrido ranucci report e la trattativa stato mafia
penso sempre a un collega come Andrea Purgatori che aveva una lettura lucida e ferma della nostra realtà, quella che ogni giornalista dovrebbe avere. Andrea possedeva la forza della memoria per mettere assieme i tasselli di un puzzle da cui alla fine emerge sempre il profilo del “mostro” da combattere. Oggi, assisto all’asservimento di colleghi che si prestano a riscrivere la storia delle stragi sotto dettatura esterna.
Una lotta contro i “mostri” che Report porta avanti da collettivo coraggioso e organizzato.
La nostra forza è un gruppo di lavoro di 15-16 inviati che io chiamo “young” ma ormai sono tutti uomini e donne di provata esperienza tra i 40-45 anni di età. Il coordinamento è affidato a un desk di altre 7-8 persone e con me si arriva a una squadra di 25. Pur con lo spostamento alla domenica sera riusciamo ancora a “dettare” l’agenda dell’informazione del question time in Parlamento. Inutile fare i paragoni con gli ascolti di Che tempo che fa, si tratta di un’altra trasmissione rispetto a quella di Fabio Fazio, con altro budget a disposizione.
Tuttavia per arrivare a un testa a testa, ogni settimana dobbiamo scalare l’Everest con l’infradito. A testimonianza della forza di Report, che resiste nel tempo, anche a programmi che provano a “scimmiottarlo” nei contenuti, nella narrazione e perfino nelle scenografie.
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