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Estratto dell'articolo di Franco Giubilei per “la Stampa”
Maurizio Nichetti [...]
gianfranco gramola maurizio nichetti
[...] è attore, mimo, sceneggiatore, regista e ha sempre fatto il pubblicitario [...]: «Mi sono fatto tutto il Sessantotto ad Architettura e in quel periodo in certi ambienti semplicemente non si poteva fare il comico. Nel '79 invece, anno di Ratataplan, dopo un decennio terribile e faticoso, finalmente si poteva».
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Lei ha fatto teatro prima del cinema e ha portato certe esperienze nel film.
«Sì, il titolo di un nostro spettacolo era Spariamo alle farfalle, ci riconoscevamo nei clown del circo. Ratataplan era una piccola parodia delle compagnie che andavano a fare spettacoli nelle campagne coi trampoli. Sono sempre stato contro le nicchie, intellettuali e di pubblico».
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«Non ho mai fatto commedia all'italiana, perché è realistica e rappresenta i peggiori comportamenti dell'italiano medio. Penso che un autore, se si concentra, riesca a essere più universale se si discosta dalla realtà politica e dal contesto che lo circonda. Dev'essere qualcosa che vada al di là dell'attualità, come facevamo in Allegro non troppo. Nei film di Jacques Tati o Fellini, qualunque titolo si prenda, non è possibile capirne il contesto politico. Farò le cose che so fare con una storia originale mia».
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Negli anni in cui lei ha cominciato a fare cinema nascevano talenti comici come Troisi e Verdone, come vede la situazione attuale?
«Vedo che è scomparso completamente l'umorismo dalle serie tv, forse perché l'ironia si presta poco alla serialità. La commedia è penalizzata. In passato il cinema attingeva ai comici tv come quelli usciti dal programma Non Stop, penso a Verdone, Troisi, ai Giancattivi. Oggi Ficarra e Picone, o Zalone, vengono da Zelig e dalla popolarità televisiva. Sono riusciti ad andare al di là dei successi tv».
Trova che oggi ci sia carenza di giovani comici bravi?
«Forse ce ne sono e non li conosciamo, perché magari fanno i loro show su Tik Tok o altri social. La crisi semmai è del cinema».
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