COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Alberto Mattioli per “la Stampa”
Identitari anche alla radio. Presto arriveranno l' autarchia canzonettara, il sovranismo melodico, la quota nazionale della rima cuore/amore. Il disegno di legge, firmato da un deputato leghista, Alessandro Morelli, obbliga le radio a riservare almeno il 33% della loro programmazione alla «produzione musicale italiana, opera di autori e di artisti italiani e incisa e prodotta in Italia, distribuita in maniera omogenea durante le 24 ore di programmazione».
Il 10% del 33 va poi riservato agli «artisti emergenti», insomma ai gggiovani (che però poi si buttano su rap e trap, e tanti saluti all' italianissima melodia). Drastiche le sanzioni per chi sgarra: si va fino alla sospensione dell' emittente.
Naturalmente, infuria la polemica ed è già partita la corsa a chi la spara più grossa, che al momento vede in testa Al Bano.
Lo Schubert di Cellino San Marco ha fatto sapere che il terzo nazionale non basta e che devono essere italiane doc almeno sette canzoni su dieci (ma almeno non tutte sue, si spera). Ora, si può essere d' accordo o meno sul fatto che la Repubblica, così distratta nel tutelare paesaggio e patrimonio artistico, archivi e biblioteche, debba essere così solerte nella difesa della patria canzone. Il dibattito è aperto. Ma in questa vicenda ci sono fin d' ora tre aspetti che colpiscono.
Uno. Con i loro soci grillini ormai nel pallone, i leghisti si allargano sempre di più. Morelli è l' ex direttore di Radio Padania, ma alla Camera presiede la Commissione Trasporti, quindi in teoria dovrebbe interessarsi a tutt' altro. Per ora non pervenuto, qui come altrove, l' ectoplasmico ministro dei Beni culturali. Insomma, è la stessa logica per cui è il ministro dell' Interno a occuparsi del prezzo del latte di capra.
Due. E' grave che molti siti, anche di giornali e perfino di giornali seri, abbiano illustrato la notizia con una foto del vincitore di Sanremo, Mahmood. Il quale si chiama Alessandro, è nato a Milano, canta in italiano e insomma è italiano come Morelli o Al Bano, e non lo rende meno italiano il fatto che suo padre sia straniero, altrimenti torniamo alle leggi di Norimberga. Che Morelli motivi la sua proposta dicendo che «la vittoria di Mahmood all' Ariston dimostra che grandi lobby e interessi politici hanno la meglio rispetto alla musica» è quindi la solita fuffa, visto che la canzone di Mahmood è italiana come quelle che vuole tutelare (e poi, ripetiamolo: non è che gli Oscar o i Molière e nemmeno i David vengano assegnati a mezzo televoto o clic sulla piattaforma Rousseau).
Terzo. Abbiamo il governo più francofobo della storia italiana dopo quello di Mussolini.
Però il ddl Morelli è chiaramente ispirato alla legge Toubon (1994), che obbliga le radio francesi a dare spazio alla musica francese, e addirittura per il 40%. Nulla è più identitario della politica culturale che fanno a Parigi: paradossale che i sovranisti de noantri debbano ispirarsi al nemico (esattamente come Mussolini, per inciso, che copiava tutto, dall' Accademia al maresciallato, e infarciva di francesismi i suoi sproloqui). Però la difesa dell' identità culturale va fatta in toto, a cominciare dalla sua espressione più evidente: la lingua. Ma nessun ministro dell' odiato Macron potrebbe maltrattare impunemente il francese come la maggior parte dei componenti del Conte I fa con l' italiano.
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