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Alberto Riva per “il Venerdì di Repubblica”
Era il Principe di Noia, Duca di Grifalco, Marchese di Cerchiara, Conte di Burgetto, Barone di Beccarasi, ma in realtà Giuseppe Gonzalo Felipe Pignatelli Aragona Cortés voleva essere solo e soltanto Pepito, «principe e batterista» come lo racconta Marco Molendini nel suo clamoroso Pepito. Il principe del jazz, che finalmente scrive una delle storie più rocambolesche di quella piccola epica fatta di grandi personaggi che è la storia del jazz italiano dagli anni Cinquanta in poi.
PEPITO PIGNATELLI MOLENDINI COVER
Rampollo recalcitrante diviso tra la erre moscia e l’«andatevela tutti a pijà ‘nder culo», scatenato dissipatore di una dinastia di papi e conquistatori (basta risalire a Hernán Cortés), Pepito aveva una sola terra promessa, il jazz.
Non voleva solo suonarlo ma diffonderlo, portare a Roma i miti, da Dexter Gordon a Bill Evans, da Charles Mingus a Johnny Griffin, e ci riuscì. Prima nella cantina del Blue Note a via dei Cappellari e poi in quella sorta di grotta che fu il leggendario Music Inn, affittato dai frati in Largo dei Fiorentini e inaugurato nel 1974.
Molendini c’era, era amico suo, fu anzi Pepito – dopo averlo messo a vendere alcolici dietro il banco – a spingerlo a scrivere di musica sui giornali. Il racconto, più che un ritratto, è dunque l’autobiografia collettiva della notte romana di quegli anni, dove un ruolo fondamentale spetta a Picchi Gallarati, la moglie che fino all’ultimo fu al fianco di Pepito, amato fin da ragazzina quando lo vide sui rotocalchi e conquistato dopo che il principe uscì di prigione per uso di droga, a metà degli anni 50.
pepito pignatelli e la moglie picchi 6
Se lui era notturno, tendente al maledetto e all’alcolico, lei era solare, astemia e sorridente, oltre che bellissima. Il libro è la loro straziante storia d’amore, musica e debiti (lui morirà a 49 anni nel 1981 e lei suicida dodici anni dopo).
Nello stesso tempo, Molendini racconta gli incredibili comprimari della vicenda: Chet Baker randagio in Europa, che d’estate prendeva il locale in gestione, Tony Scott con la barba da santone lunga quanto il suo ego smisurato, Gato Barbieri vestito come un funzionario di banca che trascinava con sé Enrico Rava, e poi il ragazzino Massimo Urbani, nostrano Charlie Parker morto a 36 anni, che al Music Inn si fece le ossa insieme a tutti i jazzisti italiani che ancora oggi contano.
GATO BARBIERIpepito pignatelli 67TONY SCOTTpignatelli d aragona cortezpignatelli ivy nicholsonpepito pignatelli giovanni tommasopepito pignatellipepito pignatelli 13pepito pignatelli marco molendini18pepito pignatelli 78pepito pignatelli 2pepito e la mogliepepito pignatelli e la moglie picchila foto della moglie picchi che pepito teneva appesa in cellapicchi pignatelli marco molendinipepito con la madre e la sorellapicchi e pepito pignatellipicchi pepito pignatelli 89PEPITO PIGNATELLI 78pepito da piccoloduke ellington al piperPEPITO PIGNATELLI 32pepito pignatelli 45pepito pignatelli marco molendini 66
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