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Estratto del libro di AURELIO PICCA “Il più grande criminale di Roma è stato amico mio” pubblicato dal Corriere della Sera
Laudovino De Sanctis - lallo lo zoppo
Mio nonno, quando abolirono dal calendario il 2 novembre festivo, per lasciare solo la festa dei Santi, divenne furioso. E ogni anno che passò, l'incazzatura non gli svaniva. Si trasformava solo in un altro animale feroce. Non concepiva che venissero festeggiati i santi e i morti no. Infatti lui costringeva operai, facchini e stallieri a lavorare l'1. Il 2 gli concedeva il riposo. Questa mattina il Francesino mi ha portato un mazzo di garofani rossi mischiati a delle bellissime felci. () Solo i garofani rossi amo. Come mio padre.
L'ho baciato. Ho baciato il nonno. Tutti. Ho rivisto Leopoldo a cena sereno alla vigilia di Natale. Ho fatto il conto degli anni. Ne sono passati 43. Disprezzo il tempo. Dicono sia normale che passi. Lo affermano i buffoni, i commedianti della vita che oggi sono il novantanove per cento sulla faccia della terra. Ci scherzano. Io sono un tragico. Disprezzo il tempo e non la morte. Anche Lallo era così.
abbatino maurizio carminati - banda della magliana
Nessuno dei criminali che ho conosciuto scherzava sul tempo. Rincorrevano la morte bruciando ogni cosa. Sono i delinquenti di adesso che ridono. Fanno affari. Riciclano denaro. Sono borghesi stupidi come i loro tirapiedi di avvocati e banchieri. Pornografi e perversi. Pretendono la moglie santa e le mignotte con lo champagne (ora le chiamano escort). La loro puzza inonda le città.
UNA NINNA NANNA PER UCCIDERE
Paolo Fallai per il Corriere della Sera
Se avete un'opinione su tutto, se soffrite di mal d'auto e la nausea vi perseguita, se la passione per il bianco e il nero vi fa sospettare di ogni colore, allora lasciate perdere. Il più grande criminale di Roma è stato amico mio , l'ultimo romanzo di Aurelio Picca (Bompiani) non fa per voi.
Perché leggere Aurelio Picca è un'esperienza che coinvolge tutti i sensi. In apparenza i protagonisti del romanzo sono due. Il primo è reale: Laudovino De Sanctis, detto «La Belva» o «Lallo Lo Zoppo», il criminale che ha fatto tremare Roma fin dagli anni Sessanta, con una carta d'identità fatta di sette omicidi, quattro sequestri di persona, undici condanne definitive, due fughe dal carcere.
Il secondo è letterario: Alfredo Braschi, un uomo che vive in una pensioncina sul lago Albano. Quando non aveva ancora vent' anni ha conosciuto Lallo, ne è rimasto folgorato, è diventato suo complice anche se non ha mai ucciso.
Adesso, mentre ricorda la sua amicizia con il criminale, la relazione quasi filiale instaurata con lui, fa i conti con la propria vita. Va in giro con una pistola da mattatoio, vuole uccidere o morire. In testa ha una sola traccia: la Ninna Nanna che cantava da bambina sua figlia Monique. Monique, come la figlia di Lallo. Monique, che ha subìto una violenza da vendicare.
banda della magliana rapina cinecitta clan proietti
In realtà, come ha sempre fatto nei suoi libri, Aurelio Picca ci porta dove vuole, questa volta alternando la sua prosa, con brandelli di atti processuali, tracce di verbali, relazioni della polizia scientifica. E tutto intorno la sua capacità di illustrare le pagine come giardini fioriti, di colorarle semplicemente come semplice è il tocco del pittore quando sa dipingere. Le sue metafore non sono mai ridondanti o inutili. Sono affilate e felici come una lama tagliente, spesso fanno sorridere, molto spesso fanno male.
antonio del greco canaro magliana
In realtà i veri protagonisti di questo romanzo sono altri: il tempo, la giovinezza perduta cui viene elevato un altare; Roma, coi suoi caratteri eterni e viscerali che non hanno niente a che fare con le Dolci vite e le cartoline plastificate da Grande Bellezza. I valori della vita, che a volte incrociano quelli della legalità riconosciuta, qualche volta no.
Cominciamo da qui, il racconto sincopato di Picca attraverso il rapporto tra il suo personaggio e la grande criminalità ci porta nelle viscere di episodi sconvolgenti: la rapina di piazza dei Caprettari (1975) in cui venne ucciso l'agente Marchisella, che avrebbe dovuto sposarsi pochi giorni dopo.
il canaro della magliana arrestato
E il suicidio della giovane fidanzata. O il sequestro dell'imprenditore del caffè Giovanni Palombini (1981), ucciso e martoriato per far entrare il suo corpo in un congelatore. Noi assistiamo a queste tragedie da un punto di vista inedito, il dietro le quinte dei criminali, che sono belve ma vivono una loro sconvolgente quotidianità, hanno passioni, amicizie, furie, tenerezze. Ma in nessuna pagina Aurelio Picca dimentica le vittime, non giustifica, non assolve, non cerca mai di sottovalutare.
Laudovino De Sanctis - lallo lo zoppo
C'è una commozione perfino più forte, perché Picca non si mette su un piedistallo morale ma osserva l'infinita profondità del dolore attraverso la sua banalità. Il secondo protagonista è il tempo: il racconto parte dagli anni Sessanta arriva a oggi e non prevede smartphone o social: è una storia di lettere, di biglietti, di «pizzini».
Ma soprattutto è una storia di valori che in due-tre generazioni sono esplosi spargendo frammenti avvelenati: non è la brutalità il peggiore, è l'indifferenza. È un inno alla giovinezza, intesa come candore, di uno scrittore che cerca di nascondere da anni la sua età (come una soubrette) e la sua complessità sotto una apparenza gaglioffa e strafottente. I suoi libri non sono altro che una autobiografia in cui personaggi, episodi, volti, strade, cronache romane concorrono ad arricchire i capitoli. Infine Roma.
C'è una geografia particolare in questo romanzo che si muove intorno al lago di Albano, la via dei Laghi, il profilo dei Castelli romani, fino a Velletri e la costa, a Lavinio dove Lallo teneva i sequestrati e dove è sbarcato Enea. Il cimitero di Velletri, dove Picca è nato, è abbarbicato sulla montagna e da lì si vede il mare.
C'è una Roma profonda e antica in tutto questo perché questi luoghi sono la sua origine: qui era Alba Longa, qui Rea Silvia concepisce i gemelli accoppiandosi con Marte. Viene da questi boschi il ringhio amorevole della lupa, il canto del picchio, l'ombra e il frutto del fico. Viene da questi laghi vulcanici la memoria di una turbolenza incandescente, nata per esplodere e oggi sopita.
Come sempre il racconto di Aurelio Picca è scandito da storie di locali, di mangiate, di bevute e di bravate, di amicizie destinate a durare tutta la vita, di donne incontrate per essere rimpiante e prostitute incontrate per essere dimenticate. Con un ultimo protagonista inatteso: l'amore. Nella vita si fanno una miriade di incontri, ma c'è spazio per un amore solo.
Perfino se sei Laudovino De Sanctis, e ti chiamano «La Belva» o «Lallo Lo Zoppo». Perfino se sei un personaggio letterario o uno scrittore che della vita millenaria di Roma rivendica con orgoglio anche la brutalità, ma non il cinismo. «L'innamoramento infinito proprio come la droga. Assoluto. In fondo anche Lallo e gli altri, almeno i criminali che ho conosciuto, hanno vissuto innamorati e assoluti. Hanno amato, come Laudovino, una donna sola. Erano innamorati persi, gente da un amore e basta. Soltanto con l'ebbrezza degli innamorati estremi sfidavano e disprezzavano il mondo».
Leggere Aurelio Picca è un piacere che ti lascia spossato, con la voglia di ricominciare, ma non subito. Bisogna riprendere fiato. Se avete un'opinione su tutto perché così si rischia poco, lasciate perdere questo romanzo, Il più grande criminale di Roma è stato amico mio . Ma se avete voglia di cercare di comprendere brandelli di una realtà così complicata e dolorosa, non perdete questa occasione.
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