DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Barbara Alberti per Dagospia
Un Sanremo meraviglioso. E’ la prima volta che mi appassiono a un festival, questo è il più bello. Dico sul serio. Anche in passato ci sono stati grandi momenti. La veemente eresia di Grillo, l’irruzione di Cavallo Pazzo, Chiambretti che scende dall’alto volando con le ali…Ma con l’ultima edizione è entrata la poesia, a passi di clown.
Uno degli amici con cui lo stavo guardando ha sbuffato: “Ma è il festival della sfiga!”. Sono saltata su, ‘’Il festival della sfiga’’? E ti pare poco? La sfiga della condizione umana, specie di quella attuale, nella quale ci riconosciamo tutti. Cosa di più appassionante?
fiorello amadeus salerno jo squillo
Questo Sanremo è lo specchio delle nostre case, dove siamo rinchiusi e non sappiamo che fare. Quel vuoto, quel silenzio, il silenzio della pandemia, le luci fastose e spettrali, che pena! E quei due che devono inventarsi per cinque sere un continuo fuoco d’artificio per salvare la audience e non scontentare gli sponsor…
Fiorello e Amadeus sono noi, noi siamo loro, questi due disperati, pronti a tutto pur di fare festa, di inventarsi un pretesto comico, cercando di animare il vuoto…ed eroicamente ci riescono.
Che risata spontanea, che delizia quando Fiorello arriva in versione Malgioglio con un manto coperto di fiori, gli occhiali da Malgioglio, il rossetto da Malgioglio, e canta ‘’Grazie dei fior’’… un omaggio che è grazia scherzo e cachinno; o quando arriva agghindato da Arcimboldo pieno di spini, fra un cespuglio e un riccio, e imitando Achille Lauro dice non sono un uomo, sono un quadro, sono un olio, e si fa portar via da quattro attrezzisti restando rigido come un dipinto- e se non ridi, di che rider suoli?
Fiorello trasforma in personaggi le sedie vuote dell’Ariston con l’animismo dei cinque anni, pura infanzia, irrompe con una parrucca da pazza, afferra al volo la battuta di Zingaretti sulle poltrone e la trasforma in una gag irriverente…
Fiorello a Sanremo è l’amico di paese che nessuno ha più, l’amico matto e spensierato, che ha sempre voglia di ridere prima ancora che di farti ridere, e si attacca a tutto, senza pudore, senza scrupoli, e ti trascina in un ballo allegro tuo malgrado.
Ma soprattutto questo Sanremo ci riporta indietro, agli ‘70 o ‘80 della tv in bianco e nero, quando Tognazzi e Vianello si vestivano da donna e si divertivano davvero - qui sembra divertirsi solo Fiorello, Amadeus è un ostaggio perplesso che per non sbagliarsi sorride sempre, perfetto Stanlio di Ollio, garbato Sancho di un donchisciotte scatenato che si batte senza tregua con la sua bacinella in testa.
E ci riportano ancora più indietro, alla remota infanzia, nel dopoguerra, le domeniche da poveri, senza giocattoli, quando ci si mascherava indossando al rovescio gli abiti della mamma.
Guardando Sanremo noi popolo di spaventati, ricattati, derubati, storditi, ma ancora pronti al buonumore della speranza, ci sentiamo finalmente rappresentati. Fiorello e Amadeus sono gli unici che ci hanno tirato un po’ su, con le divine eterne stupidaggini del varietà, facendo del loro disagio un pretesto comico senza pause. Gli unici in questa commedia fra Beckett e Jonesco (con un po’ di Brecht, come nella ballata dell’Opera da tre soldi, della inadeguatezza degli sforzi umani, di tutti gli sforzi umani) che è in scena all’Ariston.
Sanremo 2021 fa tenerezza, fa ridere, fa piangere - ci riporta a noi stessi.
E c’è anche la bella musica. La fiammata di Arisa bella come il peccato, trascinante con la canzone di Gigi D’Alessio (spero che vinca!), Loredana Berté strega trionfante, fra i cantastorie Fasma e Nesly…
L’irruzione degli Extraliscio che consola come una preghiera, memento di un tempo in cui c’era ancora il ritmo, e il divertimento, quando c’era ancora la vita.
Come Rett Butler di ‘’Via col vento’’, ho un debole per le cause perse. E se questo capolavoro cervantesco fa meno ascolti pazienza, è il prezzo dell’arte.
FIORELLO MIHAJLOVIC IBRA AMADEUS
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