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Lettera di Giampiero Mughini a Dagospia
Caro Dago, approfitto della pubblicazione sul tuo sito dell’articolo di Giampaolo Pansa in cui saluta l’ex direttore di “Libero” Maurizio Belpietro per farlo anch’io. Ho lavorato anch’io per molti anni con Maurizio, e mai una volta ha obiettato qualcosa su dove avessi messo una virgola in un mio scrittarello.
Su “Libero” semmai duettavamo in prima pagina, a dire quanto io non amassi la coalizione di centro-destra e quanto lui invece la ritenesse la migliore possibile. Adesso Maurizio ha abbandonato la sua scrivania di direttore. E’ nella logica delle cose. I direttori di giornale vengono e vanno. Sono gli editori che li scelgono. La famiglia Angelucci ha scelto Vittorio Feltri.
Dal “Libero” diretto da Belpietro mi ero congedato a fine dicembre 2013. Con una telefonata civilissima con Maurizio in cui gli dicevo che non avevo più nessuna voglia di collaborare a un giornale la cui identità politica mi era divenuta estranea. L’ultimo pezzo che avevo proposto – stiamo parlando del dicembre 2013 – era un pezzo in cui volevo scrivere dei “forconi” tutta la monnezza che erano, degli scalmanati da quattro soldi che schiamazzavano pur di avere un qualche vantaggio e un qualche reddito in più.
Mi venne risposto che “Libero” voleva invece voleva ascoltare le loro ragioni. Detto nell’italiano il più povero possibile: volevano vender loro qualche copia. Ho per Belpietro il massimo del rispetto umano e della stima professionale ma di questo si tratta. Un “Libero” in calo di copie voleva scegliere come suo bacino di ascolto le proteste le più rauche e le più esasperate, il simil-leghismo più straccione e vociante, quei titoli a piena pagina che ci sarebbero stati bene su un giornale come “La Padania” ma che a mio giudizio non rappresentavano il fronte liberal-moderato senza il quale la coalizione di centro-destra appassisce e muore.
Benché zeppo di ottimi giornalisti (da Pansa a Filippo Facci, da Stefano Zurlo a Fabrizio Biasin a Giuseppe Pollicelli a tanti altri), “Libero” andava giù non per un sentiero ma per un dirupo. Diventava – è diventato – un giornale secondario e macchiettistico, perché prevedibile.
Nel dicembre 2013 con Maurizio ce lo siamo detto in tre minuti, nel modo più cortese possibile. Rinunciavo senza batter ciglio a un lavoro e a un reddito. Non ho mai detto una parola al riguardo, e contrariamente a tutti quelli che lamentano l’attentato alla Costituzione se viene tolto loro un lavoro e un reddito. Era finita, come di tutte le cose della vita.
Il “Libero” diretto da Feltri sarà meno perentorio e ostile nei confronti di Matteo Renzi? Io me lo auguro. E del resto non ci vuole molto. Basta smettere di dire che se piove è colpa sua, smettere di entusiasmarsi e dire che è colpa sua se l’economia italiana non produce un posto di lavoro che sia uno, che è colpa di Renzi se l’Italia sta invecchiando al gran galoppo e fra vent’anni non avremo più chi sul suo stipendio pagherà i contributi pensionistici di che mantenere in vita noi vecchi.
Smettere di applicare a Renzi il “teorema Berlusconi”, ossia che fosse lui la cagione di tutti i mali presenti e futuri del nostro Paese.
FORCONI E CASAPOUND A PIAZZA DEL POPOLO
Quanto al ridimensionamento del Senato, ma certo che è la riforma la più abborracciata possibile, eppure meglio questo che il niente dei precedenti venti o trent’anni, o forse più. Era più o meno il 1979 quando Bettino Craxi proclamava la necessità di una “Grande Riforma” e lo trattavano come un bestemmiatore e un sacrilego e uno che attentava alla Costituzione più bella del mondo, una puttanata gigantesca e come se uno dicesse che le macchine da scrivere Olivetti del 1947 fossero ancora le più belle del mondo, e invece erano solo le più belle mai viste fino a quel momento.
FORCONI AL CONSIGLIO REGIONALE DI TORINO
FORCONI AL CONSIGLIO REGIONALE DI TORINO
Per piacere, non riduciamo tutto delle nostre contese al fatto di dire “sì”o “no” al prossimo referendum costituzionale. Chiunque vuole votare “no”, com’è nel suo pieno diritto, a quell’appuntamento elettorale, ci dica in buon italiano come vorrebbe disinceppare una macchina istituzionale che è la più inefficiente tra quelle del mondo industrializzato, un’inefficienza che mina la stessa nomea della democrazia parlamentare ridotta purtroppo a caricatura e a bordello.
E’ sotto gli occhi di tutti, lo vediamo ogni giorno che Dio manda in terra. Con quei parlamentari grillini che balzano a sedere sui banchi del governo, e quelle urla da semianalfabeti, e quei personaggi da quattro soldi che stanno dalla parte del Bene.
Perché sarà pur vero che Renzi non si circonda di giganti, ma tu – caro Giampaolo – ne vedi di giganti tra le fila delle opposizioni di destra e di sinistra? Andresti a cena con qualcuno di loro? Hai mai letto un libro di qualcuno di loro? Sì o no siamo ai bordi del dirupo?
Giampiero Mughini
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