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Stefania Ulivi per il “Corriere della Sera”
Se chiedete a un romano come si chiama il piazzale che domina all’alto l’incrocio tra via Cristoforo Colombo, viale delle Terme di Caracalla e via Druso, nessuno risponderà piazzale Numa Pompilio. Per tutti quella è la collina di Villa Sordi. Avrebbe compiuto 95 anni ieri Albertone, scomparso nel 2003, e per la prima volta in quella casa è entrata la stampa. Con Carlo Verdone (consigliere della Fondazione Alberto Sordi per i giovani) in veste di cicerone d’eccezione.
All’ingresso la Fiat 124 azzurrina parcheggiata accanto al monumento equestre a Nestore, al piano terra i saloni con le pareti cariche di quadri (ma i più preziosi, i tre De Chirico, sono ora alla Galleria Nazionale di Arte Moderna) e sculture acquistati su consiglio dell’amico antiquario Apolloni, sopra la barberia allestita come un camerino di un grande teatro, dove le immagini dei Papi incrociano i quadri di Maccari e Zavattini e il dipinto con Francesco Totti. E poi, il guardaroba ordinato come un archivio, lo studio, la sala pranzo, ospiti fissi fino agli Anni 70 Fellini e Masina, Scola e Monica Vitti e tanti cardinali.
E, ancora, la camera da letto, insieme lussuosa e monacale. Sotto, nel cuore della villa, la meraviglia del teatro con le sculture allegoriche di Ceroli e il soffitto di stucchi a forma di pellicole. L’occasione per la visita è la presentazione delle iniziative della Fondazione Museo Alberto Sordi (presieduta dall’ex magistrato Italo Ormanni) per riaprire la dimora e trasformala in «museo interattivo» a disposizione del pubblico.
«La tutela del patrimonio materiale e immateriale di Sordi è un dovere morale e culturale, non solo per rispettare le sue volontà testamentarie ma per il Paese» ha detto il ministro del Mibact Dario Franceschini. Oltre i tre De Chirico alla Gnam, dice, «abbiamo messo vincolo su oltre duecento oggetti della casa».
Una «fortezza» dice Verdone. «Tanto Alberto si dava all’esterno, quanto qui si difendeva come un monaco. Tutto perfetto, metodico: pranzo e cena a orari fissi. Staccava la spina: questa casa era inviolabile, si stava in penombra, la luce non passava mai. “Perché non apri le finestre?” gli domandavo. “Mi si rovinano i quadri”, rispondeva».
Le minacce oggi non sono i bagni di folla ma due cause legali che potrebbero interferire con i necessari restauri (il rifacimento del tetto su tutti). Quella penale a dieci persone, tra cui il factotum dell’attore Arturo Artadi, accusate di circonvenzione d’incapace ai danni della sorella Aurelia, morta nell’ottobre 2014 («Era la custode della casa» racconta Verdone, «viveva per Alberto»).
dario franceschini, carlo verdone, italo ormanni, giovanna marinelli
Il 7 luglio si deciderà se andare a processo. E la causa civile, avviata dai 37 parenti (discendenti dei genitori di Sordi, Pietro e Maria Righetti) per contestare la validità del testamento. Prima udienza in settembre. Uno spettro che l’avvocato della Fondazione, Felice D’Alfonso Del Sordo esorcizza. «Non ci saranno ingerenze dal punto di vista processuale. C’è una vulgata secondo cui la signorina Sordi non era in grado di intendere e di volere. Non è vero e non è mai stato provato».
Dopo «tanta cronaca nera», Verdone vuole parlare d’altro. Del teatro che non fu più utilizzato dal 1972, anno della morte di Savina, la «sorella forse prediletta», ma fece in tempo a ospitare una serata leggendaria con Jack Lemmon e Walter Matthau.
Della poltrona nello studio su cui leggeva i copioni (se non gli piacevano li sbatteva per terra e i domestici salivano a prenderli per bruciarli), dell’arena che sarà allestita nel piazzale dal 27 giugno per proiettare i suoi film. L’eredità più importante dice Verdone, è quella di «una maschera ancora più grande di Rugantino». Che dalla guerra, alla ricostruzione, al boom ha raccontato come eravamo.
carlo e luca verdone con aurelia sordiARTURO ARTADI L AUTISTA DI ALBERTO SORDI
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