DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
Carla Vistarini per Dagospia
“Io prendo l'autobus. Abbastanza spesso. E quando non ho fretta. Perché se hai fretta, a Roma, è meglio che ti arrangi in altri modi. L'autobus qui da noi, in questa città, passa quando gli va. E' come un fidanzato che si fa desiderare. Tu lo aspetti e lui non arriva. Allora dopo venti minuti, mezz'ora, che sei lì alla fermata, magari piove, magari si è formata una piccola folla di persone come te che guardano l'orologio, il telefono, sbuffano, scrutano l'angolo per vederlo apparire, decidi che vai a piedi, almeno fino alla prossima fermata. E mentre cammini te lo vedi sfrecciare a fianco perché ovviamente è arrivato appena tu ti sei allontanato.
A volte però, l'autobus arriva. Miracolo. E ti conviene prenderlo perché vivrai un'avventura metafisica e unica. Ogni volta. Allora, lui arriva e si ferma. Si aprono le porte. Tu ti sei posizionato per entrare dalla porta preposta all'entrata, quella dove campeggia una freccia blu che in tutte le lingue del mondo vuol dire "sali qui", e vieni travolto dai bisonti umani che si catapultano fuori dalla porta sbagliata. Allora ti accorgi che tutti quelli che aspettavano l'autobus con te stanno salendo come una torma di bufali imbizzarriti dalla porta su cui campeggia un segnale rosso di divieto di accesso che è grande come Saturno.
A Roma i segnali vanno presi al contrario. Allora ti sposti da quella parte ma niente, troppo tardi, la porta vietata ti si chiude in faccia e qualcuno dei bisonti, ormai dentro, al sicuro, ti lancia anche un'occhiata di disappunto perché, tu maleducatone, volevi entrare da lì. Così torni velocemente all'altra porta, quella con la freccia blu e riesci per un pelo a entrare perché l'autista ha già messo in moto e parte a cento all'ora con te appeso dietro, mentre lo ascolti discutere al telefono con la moglie sulle polpette al sugo che lei gli sta preparando per cena.
Ma finalmente sei a bordo. Ovvero sei entrato nella scatola di sardine. E ci sei entrato di tua volontà. Così ti ritrovi strizzato come una rana sotto un caterpillar fra diversi energumeni/e, senza distinzione di sesso, che condividono la transumanza con te. C'è quello che ti sbatacchia lo zaino in faccia cercando di districarsi dal gruppo per poter scendere tra qualche fermata; quella che al telefono racconta tutta la tinta sbagliata che le ha fatto il parrucchiere cinese "a poco prezzo è vero però adesso sono fosforescente";
c'è il baule del venditore di borse Gucci e Louis Vuitton fatte in Gambia che si fa spazio a colpi di baulate; c'è il tizio che s'è scordato di lavarsi e fa una puzza disumana ma ti sorride gentilmente e allora tu ricambi anche se ti senti un mancamento alle porte; c'è la mamma tanto amorevole che ha occupato con borse e figliolo ben pasciuto due o tre sedili, mentre l'autobus è gremito e l'anziano sta in piedi e se le fai notare che il figliolo è ben pasciuto e potrebbe stare in piedi come tutti e far sedere l'anziano, ti si mangia vivo perché i figli so' figli e gli altri possono pure disintegrarsi tutti; c'è l'uomo d'affari che sta al telefono col commercialista e non si accorge che sta raccontando a squarciagola tutti gli affari suoi, conto corrente, debiti coi fornitori, storia con la segretaria, alla faccia della privacy;
c'è il manolesta che l'occhio allenato individua subito ma c'è sempre qualcuno distratto e allora quando vedi che quello allunga il braccio verso la tasca del trasognato fai un colpo di tosse per svegliarlo, e magari due e il birbante ti guarda con odio ma almeno lascia stare;
C'è il prete ecuadoriano; la suora tibetana; un signore che legge ( miracolo); una persona gentile e che ha anche in buon odore di pulito; c'è lo studente che ascolta musica con gli auricolari a un volume così alto che l'autobus sembra una discoteca; c'è il matto, eh sì uno almeno c'è sempre. Può essere del tipo che ti fa un'arringa contro le tasse e ti spiega come le puoi evadere, lui che viene da Plutone lo sa bene come si fa. Oppure c'è il tipo matto arrabbiato, sono i più antipatici, che guarda tutti storto e ogni tanto dice qualche parolaccia ad alta voce, così, tanto per ribadire che esiste anche lui.
C'è quello che dorme, che capisci che è salito la mattina e si è già fatto il giro di Roma qualche decina di volta perché la notte è in strada e come si dorme sull'autobus lo sa solo lui; poi, il più raro, c'è quello che paga il biglietto. Di solito è un turista americano o scandinavo. Entra, quando ci riesce, supera la barriera umana caparbiamente e va alla macchinetta obliteratrice e timbra il biglietto. La macchinetta fa un rumore tipico, raro a udirsi, che sorprende tutti, anche l'autista che sospende la discussione con la moglie a proposito delle polpette. Ma è un attimo. Poi tutto riprende normalmente, l'epifania del biglietto è passata.
A un tratto arrivi alla tua fermata e scendi, se ci riesci, dalla porta dove ti trascinano gli altri, e sei di nuovo giù, a piedi, per le vie di Roma. Un po' arruffato, un po' stropicciato, ma più o meno sano e salvo. E da sotto guardi la tradotta che riparte, coi passeggeri a bordo e verso chissà dove, se mai ci arriverà o non prenderà fuoco nel tragitto, o non esalerà l'ultimo respiro tra un monumento e un venditore di souvenir. Ecco: questo e tanto altro è un autobus a Roma.
Un grande regista, credo Monicelli, diceva: se non prendi l'autobus, a Roma, non puoi scrivere film. Dentro ci sono mille storie. Ed è vero. Però, Sindaco, Atac, fatecelo prendere più spesso questo autobus, che ci piace. Ne vogliamo di più, in orario, puliti e saremo in tanti a salirci sopra. Col biglietto.”
autobus in fiamme via del tritoneautobus in fiamme via del tritone 4bus atac a fuoco 6atac aggressioneatacatacCARLA VISTARINI CON I SUOI TELEGATTICARLA VISTARINIatac aggressioneautobus in fiamme via del tritone 3
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