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Matilde Amorosi per "Oggi" - www.oggi.it
Lina Wertmuller nell'autobiografia appena uscita "Tutto a posto e niente in ordine" (Mondadori), scritta con la collaborazione di Valerio Ruiz, ricostruisce il mosaico di un'esistenza ricca di emozioni e di incontri straordinari. Irriverente, ironica, sincera fino ad essere impietosa, piena di vitalità , Lina, 84 anni, va avanti come una forza della natura, svelando, nel raccontare se stessa, i segreti di personaggi del calibro di Federico Fellini, Marcello Mastroianni e Sofia Loren. Alla quale non perdona di aver rifiutato la proposta di matrimonio di Cary Grant.
«Senza disconoscere i meriti di Carlo Ponti, non capisco come si faccia a preferirlo a un gran figo come Grant», scrive. E non trascura il presente, attaccando Nanni Moretti e lanciando qualche frecciata anche all'ex first lady Veronica Lario. Per passare al rimpianto e alla tenerezza nel ricordo dell'amatissimo marito, il grande scenografo Enrico Job, scomparso nel 2008. Vent'anni fa la loro unione fu allietata da una figlia deliziosa, Maria Zulima, detta Maucì. Una nascita chiacchierata perché avvenuta quando la regista aveva già 63 anni, causando inevitabili dubbi e illazioni. Ma di questo argomento Lina non vuole parlare. «Maucì va protetta da ogni possibile turbamento », spiega.
«Con lei ho un rapporto molto sereno. Certo, fare la mamma in una stagione della vita in cui si potrebbe essere nonna è faticoso, ma, con l'amore, tutto è possibile. E adesso, negli occhi azzurri di Maucì mi sembra di rivedere quelli di suo padre. Mia figlia avrebbe le doti per fare l'attrice, o la cantante, ma è totalmente disinteressata all'ambiente artistico. Penso che da grande farà il capitano di lungo corso, visto che ha la passione per il mare. Ha uno spirito avventuroso e io la lascio libera di realizzare i suoi sogni».
Lina, come è nata l'idea di un autobiografia?
«Dalla voglia di rivivere la mia vita fortunata. A differenza di Alberto Sordi, non penso che questa iniziativa porti iella. Rievocare situazioni e persone che ho amato, mi è piaciuto molto. Non mitizzo nessuno e descrivo i miei compagni di viaggio anche nelle loro debolezze, che nulla tolgono al loro carisma».
Due nomi leggendari, Federico Fellini e Marcello Mastroianni: come erano in famiglia?
«Con la mentalità dei classici maschi italiani, cornificavano le rispettive mogli, Giulietta Masina e Flora Carabella. Quest'ultima si ribellò e decise che lei e Marcello sarebbero stati una coppia aperta. Nel senso che in casa, come si dice, ognuno si faceva i fatti suoi. Giulietta, che aveva pure lei un cavalier servente, lo scrittore Salvato Cappelli, si consolava con le sedute spiritiche. In fondo Federico e Marcello, a modo loro le amavamo e non le avrebbero mai lasciate. Infatti, quando Faye Dunaway chiese a Mastroianni di sposarla, lui preferì rinunciare a lei piuttosto che divorziare. La Masina negli ultimi tempi era un po' triste perché Federico non girava più film con lei. L'ultimo fu Giulietta degli spiriti che Fellini definiva con inconsapevole crudeltà "il film della menopausa"».
Lei ha lanciato tante attrici, ne ricorda qualcuna in particolare?
«Me ne viene in mente una, con gli occhi verdi, Veronica Lario. La diressi nel film del 1984 "Sotto sotto....strapazzato da anomala passione" con Enrico Montesano. Era bella e brava e se avesse continuato la carriera sarebbe certo diventata famosa. Aveva già una relazione con Silvio Berlusconi, che ogni tanto si faceva vedere sul set, affettuoso e protettivo. Un giorno, mentre la compagna girava una scena in cui doveva correre tra le rovine di un anfiteatro romano, mi sussurrò: "Guardi che Veronica è incinta". "Perché non me lo avete detto?", sbottai, "sapete bene che per un attore lavorare con me è come andare in guerra". Tuttavia apprezzai la professionalità della Lario, che aveva lavorato tacendo il suo stato, non sospettando che un giorno sarebbe diventata la nostra first lady».
Pensa che ne avesse le doti?
«Si è comportata bene, fino a quando ha scritto una lettera a Repubblica per raccontare che il marito le metteva di corna. Lo so, fanno male, ma certe faccende si risolvono in privato. E poi, volendo fare i moralisti, quando Berlusconi si innamorò di lei era sposato. Per cui, almeno all'inizio, le corna entravano anche nella loro storia. Diciamola tutta, quella lettera era volta soltanto a danneggiare Berlusconi e la cosa non mi è piaciuta. Secondo me, fin da giovanissima, Veronica, che era sempre accompagnata dalla madre, nella sua voglia di arrivare in alto, covava dentro una forma di rivalsa, dovuta a chissà quali motivazioni psicologiche, che probabilmente non si è mai placata».
Lina, da regista, qual è l'insegnamento più particolare che abbia dato a un attore?
«Sul set di Francesca e Nunziata ho insegnato a Raoul Bova e a Claudia Gerini come baciarsi. Il bacio deve essere un contatto di labbra lento e avvolgente, non uno scontro di bocche aperte come si usa oggi. Raoul Bova imparò subito e Claudia Gerini, rivedendo la scena, riuscita benissimo, si commosse. "Lina, nessuno mi ha mai baciato così", mi disse».
Con il suo carattere immagino che le capiti spesso di litigare...
«Non più di tanto. Una lite c'è stata, con Nanni Moretti, ma era inevitabile. Nel suo primo film "Io sono un autarchico", aveva girato una scena in cui, sentendo nominare alcuni dei miei film, il protagonista vomitava. Dopo qualche tempo, incontrai Moretti al Festival di Berlino dove fu presentato il mio film "Un complicato intrigo". Gli andai incontro sorridendo e gli tesi la mano, per dimostrargli che avevo apprezzato la sua ironia. Ma Nanni ignorò il mio gesto e mi voltò le spalle. A quel punto non mi trattenni e, nel bel mezzo del red carpet, gli urlai: "Moretti... ma vaffa....!". E ora che è assurto alla direzione del Festival di Cannes, posso ripetere con maggior cognizione di causa che è uno str..., depositario, all'epoca, di un'invidia vergognosa».
Lina, verrà il giorno in cui lei si fermerà per riposarsi un po'?
«No. Ignoro l'anagrafe e vivo con allegria la mia età . In passato ho fatto il lifting, ma ora mi tengo tranquillamente le rughe: ci sono perché rido spesso».
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