
DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL…
1.“UNIONE INSANA”: SCRITTORI CONTRO MONDADORI-RCS LIBRI
Silvia Truzzi per “il Fatto Quotidiano”
Ferruccio de Bortoli Paolo Mieli Scott Jovane e Laura Donnini, amministratore delegato di RCS Libri.
L’imperativo categorico è vendere. Rcs procede a tappe forzate verso la cessione della divisione libri agli ex concorrenti di Segrate: il prossimo cda dovrebbe essere fissato per il 2 marzo (intanto la Borsa premia entrambi, ieri, con Rcs a +4% e Mondadori a +1,5%). Tra Segrate e Crescenzago ormai la strada pare sia spianatissima: l’amministratore delegato di Rcs Jovane e – è facile immaginare – anche Fiat, azionista di maggioranza, spingono per accelerare i tempi. L’operazione, che porterà il gruppo della famiglia Berlusconi ad accaparrarsi quasi il 40% del mercato trade, piace a molti dalle parti di via Rizzoli: alle banche che vogliono recuperare un po’ del capitale profuso, al presidente di Rcs Angelo Provasoli, che nel 2009 fu consulente di parte (per Fininvest) nella causa sul Lodo Mondadori. Tutto si tiene, tutto torna: questo Paese è fatto così.
berlusconi marina fininvest cir esproprio crop display
QUALCOSA da eccepire potrebbero avercela Roberto Calasso e gli altri soci di minoranza di Adelphi (in tutto il 48% del marchio di cui Rcs ha il 52%): la casa editrice più sofisticata della galassia Rizzoli ha più interesse a mantenere la propria (importante) identità editoriale piuttosto che a finire nel calderone berlusconiano tra decine di sigle. Dunque Calasso & c. potrebbero, con la precedenza che si deve ai soci di minoranza, sfilarsi ed è assai probabile che andrà così.
Anche Elisabetta Sgarbi, anima della Bompiani, è contraria: “Il lavoro dell’editore è costruire un catalogo e un’identità editoriale. Bompiani è cresciuta grazie agli autori: m’interrogo su cosa pensano loro”. Uno degli autori Bompiani si chiama Dario Franceschini, professione ministro delle Attività culturali: “Sono molto preoccupato delle notizie che anticipano un possibile acquisto di Rcs libri da parte di Mondadori. Non c’è settore più delicato e sensibile per la libertà di pensiero del mercato dei libri. “È legittimo chiedersi con preoccupazione come funzionerebbero le cose in un paese con un’unica azienda che controlla la metà del mercato, con l’altra metà frammentata in piccole e piccolissime case editrici”.
OSCAR NIEMEYER - SEDE DELLA MONDADORI A SEGRATE
Vendere per svendere però potrebbe non essere un’idea felicissima: i libri Rcs oggi sono valutati dal gruppo 180 milioni di euro, se dovessero essere (com’è molto probabile) ceduti a una cifra inferiore (tra i 120 e i 135 milioni di euro), la minusvalenza peserebbe su bilanci già sofferenti. E infatti in casa Rizzoli c’è qualche voce dissonante: oltre a Piergatano Marchetti è contrario al trasloco anche un altro membro del cda, Attilio Guarnieri.
Giuseppe Scaraffia e Elisabetta Sgarbi
E gli scrittori? Il professor Gustavo Zagrebelsky, autore Einaudi, la prende con ironia: “Qualcuno ha avuto l’idea del partito della Nazione, qualcun altro vuol fare la casa editrice della Nazione”. Sandro Veronesi, uno dei più importanti autori di Bompiani, non la vede affatto bene: “È evidente che si tratterebbe di un’anomalia. Altrove, in Europa, una concentrazione di questo tipo non esiste. L’acquisizione di Rcs Libri da parte di Mondadori rappresenterebbe un’unione insana”, spiega al sito illibraio.it .
LIBERTA E GIUSTIZIA GUSTAVO ZAGREBELSKY jpeg
Sul confronto con gli altri Paesi europei insiste anche Vito Mancuso, che da Mondadori se ne andò nel 2010, all’epoca delle norme ad aziendam pensate dal governo Berlusconi per risolvere le vertenze con il fisco della casa editrice di Berlusconi. Oggi il teologo è autore Garzanti e spiega: “Sono felice di non far parte di Mondadori e nemmeno di Rizzoli, perché non mi piacerebbe stare nella galassia dei Berlusconi. Il tema è lasciato alla coscienza di ogni scrittore. Però questo supereditore avrebbe il 40% del mercato. Sono libri, non una merce qualunque”.
Così la pensa anche Gian Antonio Stella, firma del CorrieredellaSera ed ex autore Mondadori, oggi migrato in Feltrinelli. “Non mi sono lasciato bene a suo tempo con Mondadori, anche se naturalmente bisogna riconoscere i grandi meriti che negli anni la casa editrice ha avuto. Ma questa acquisizione non è un bel segnale per l’editoria italiana. Giustamente si ricorda che bisogna fare i conti con una dimensione globale dei mercati. Però fare e vendere i libri non è come commerciare in saponi”. Bruno Vespa, uno dei più importanti autori di Segrate, è più positivo: “Io sono un fanatico della concorrenza, tanto che per vent’anni ho pregato Gianni Agnelli di fondare un terzo polo televisivo. Però è vero che oggi si può sopravvivere solo con le grandi aggregazioni, l’eccessiva frammentazione non va bene. Spero che le case editrici conservino la loro autonomia editoriale”.
GIAN ANTONIO STELLA PH MARIO CASTIGLIONI
ED È SU QUESTO che ha più di un dubbio Vittorio Sgarbi, critico d’arte e autore Bompiani (fratello di Elisabetta). “L’operazione è sbagliata: limita la concorrenza e penalizza gli autori. Però non vedo problemi rispetto alle possibili ingerenze di Berlusconi: quando andavo a casa sua, trovavo i libri regolarmente nel cellophane. Berlusconi è il miglior editore che si possa avere perché non ha velleità culturali. Il problema è altrove. Ci sono marchi come Bompiani e Adelphi che potrebbero finire fagocitati da un grande gruppo, con il rischio di disperdere il grande lavoro culturale sul catalogo”.
concorso 26 motivi per fare arte vittorio sgarbi 5
Il professor Emanuele Severino, filosofo, autore di libri anche per Rizzoli (e a cui Adelphi dedica una collana in catalogo) spiega: “Mi colpisce il disimpegno della Fiat che si lava le mani di un pezzo della sua proprietà in Italia. Certo si risolverebbero molti problemi: il capitalismo tira i remi in barca e trova un espediente che consente di massimizzare il profitto. Vedo una sostanziale omogeneità tra Rizzoli e Mondadori. Però credo che capiranno l’opportunità di salvaguardare un gioiello come l’Adelphi”.
2. INVECE DEL PARTITO ECCO L’EDITORE DELLA NAZIONE
Pietrangelo Buttafuoco per “il Fatto Quotidiano”
Altro che partito della Nazione. Era l’Editore della Nazione il vero motivo del patto del Nazareno rivelatosi poi un pacco, un pacco di libri. La prossima fusione del gruppo Mondadori con Rizzoli porterà alla nascita di un colosso editoriale al capo del quale sarà Marina Berlusconi. Ed è un già visto. E sarà un uniformare al ribasso: come è già stato fatto con la tivù, dove i berlusconiani non sono riusciti a impossessarsi della Rai ma l’hanno amalgamata nell’indistinto commerciale. Niente Kessler, piuttosto i Pacchi.
C’è da fare la libreria dalle macerie di un sempre più devastante analfabetismo di ritorno; non esiste più un vero pubblico di lettori e nell’Italia dove, con il mercato editoriale allo stremo, muoiono anche i teatri, i cinema e perfino i musei – resi deserti dagli italiani che non sanno fare la “o” col bicchiere, figurarsi godere del proprio patrimonio artistico – mettere insieme i due gruppi altro risultato non avrà che standardizzare il prodotto, farne un commercio in calo di qualità con l’illusione dei piccioli facili: quelli dei non lettori.
Certo, le librerie, ormai, sono come le cabine telefoniche – ce n’è qualcuna, nessuno ci va, tutti hanno il telefonino – e i non lettori sono tanti, tantissimi, pronti a far man bassa delle Cinquanta sfumature, siano esse grigie o a luci rosse, ma questi stessi sono velocissimi a sparire nel grafico delle entrate e inutili poi nel generare una consuetudine, un’educazione, insomma: una civiltà. Quella del libro. Un oggetto che, certo, comunica. Solo che a differenza del telefonino, nel comunicare, il libro forma.
LE LIBRERIE chiudono. La vera Pompei d’Italia è questa. E le librerie non sono negozi come gli altri. Magari in Mondadori lo hanno dimenticato da subito. I Meridiani, infatti, orgoglio di un catalogo storico, finirono nelle edicole. Con carta pessima e stampa al livello di copisteria. Le banche, poi, prime a strozzare i librai, non hanno mai saputo cosa sono le librerie. E non lo sanno neanche in Consiglio dei ministri dove già il 19 febbraio, con il ddl sulla concorrenza, stanno architettando di liberalizzare i supersconti. Saranno utili, questi, solo a chi ha potere d’acquisto e non a quelle vetrine indipendenti che nello sforzo di sopravvivere al destino dei supermercati, nell’immane fatica di sfuggire alla lusinga delle catene Feltrinelli, Giuntialpunto e il franchising Mondadori, vanno a crepare inesorabilmente.
Le librerie sono avamposti per la libera circolazione delle idee. Sono fortilizi del pensiero critico, sono le oasi d’intelligenza che nell’Italia del #cambiaverso – se fosse vero, il verso – dovrebbero godere quanto meno di privilegi fiscali. Quanto meno gli stessi vantaggi che Matteo Renzi offre ai potentati di Internet, gli squillanti logo che nel fatturare cifre straordinarie, nel territorio italiano, non pagano le tasse. Se Amazon fattura in Italia un milione di euro non deve nulla al fisco. Se il libraio incassa 100 euro in due giorni deve, invece, calcolare il gravame da consegnare all’erario. Due più due fa quattro, è vero, ma questo uno più uno ammazzerà definitivamente le librerie ma finalmente, nell’epoca dell’Editore della Nazione, Adelphi, pubblicherà Beppe Severgnini e l’Einaudi – magari nella collana Nue – l’opera omnia di Antonella Clerici.
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