Bruno Giurato per www.linkiesta.it
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Cortemaggiore. Sbagliano quelli che pensano che la “splendida cornice” sia un’espressione-ninnolo da addetti stampa. Spesso è la cornice che fa venire fuori la verità, contestuale, contrastiva. Esempio: qui a Cortemaggiore c’è il Fillmore Festival fatto con pochi soldi, tanto lavoro volontario, e un po’ di debiti avventurieri, e curato amorosamente da Gianmarco Aimi.
Il Fillmore si svolge nel chiostro del convento francescano del Quattrocento della Santissima Annunziata con le birre fredde giuste, gli spiedini caldi giusti, e il popolo piacentino che è lì per socialità paesana più che per una qualsiasi investitura dello spirito uock. Questa è la cornice, solennità di paese in una calda serata agostana. Franco Mussida fa il check della chitarra classica risuonando la melodia delle campane delle sette. Partono i gruppi spalla.
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E Morgan non c’è. Doveva arrivare alle sei, disponibile a interviste prima/durante/dopo ma non se ne hanno notizie. Mentre canta Lilith, splendida verseggiatrice dei Not Moving mi dicono che Morgan c’è, è fermo a Cadeo (poco distante) e aspetta di arrivare quando Mussida è sul palco, per rovinargli la serata. Un troll.
Succede esattamente così. Morgan arriva, passa dal backstage, cioè nella parte transennata del chiostro, con manager, roadie e una decina di imprecisati seguitori e tutti guardano lui.
Mi arriva di lato, piccolo, curvo, voce roca, naso lungo. Un troll. Si chiude in camerino. Mangia. Una teglia di pizza e beve moscato d’Asti, fame chimica, ma pare che ultimamente mangi solo pizza e beva solo moscato d’Asti. Fame chimica perenne. Ne esce quando Mussida ha finito, sale sul palco con un bicchiere rosso di vino bianco, un libro di spartiti tipo canzoniere dei falò, e una sigaretta accesa.
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Fa partire una base orrenda da karaoke e attacca “il cantico dei drogati” di De Andrè. Poi fa sapere che ultimamente non gli dispiace ascoltare Nilla Pizzi e parte con altra base da karaoke: “L’edera”. «Fedez non saprebbe nemmeno cosa vuol dire “avvinto” come l’edera». Giusto. Morgan è un conservatore, culturalmente.
E un romantico: la canzone è buona per un sofferente a vita di pene d’amore eterne (Morgan sta ad Asia come Eric Clapton a Pattie Boyd, come Majnun a Layla, volendo risalire fino all'archetipo persiano), interpretazione postmoderna, vocetta caricaturale un po’ avanspettacolo. Un troll.
Si siede al piano a fa due note, perfette. Continua al pianoforte senza basi. Fa la Toccata e fuga di Bach. Fa “Un ottico” di Fabrizio De Andrè: “sangue che scorre senza fantasia porta tumori di malinconia”. E qui smette di trollare.
Il timing è perfetto: Morgan non sbaglia un accento
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Sembra di stare nel suo soggiorno, che non ha più (pare abiti a casa di Sgarbi). Suda. Si toglie il gilerino. Si toglie la camicia fradicia. Resta a torso nudo sul palco (un polipetto con pancetta, se dovesse uscire le parti basse sarebbero verde fosforescente) e si mette una tshirt nera.
Si trolla da solo facendo i muscoli al pubblico. Fuma. Beve. Piglia la dodici corde e fa Personal Jesus dei Depeche Mode. La dodici corde si scorda. Piglia la sei corde e fa Another brick in the wall. Ui don nid no educhescion, assolo compreso, con stecche.
Ma il timing è perfetto: Morgan non sbaglia un accento. Che poi è quello il filo: suoni anche note sbagliate, ma col tempo giusto, e tutto va trionfalmente. Il timing, il tempo, la ritualità del racconto musicale. Morgan non la perde mai, anche se si accende una sigaretta, scatarra, tossisce, lo fa a tempo. Il pubblico canta ascolta e lo fissa. La splendida cornice fa emergere una performance rock: semplice e solenne avanguardia.
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Non mi è interessato granché il trionfo di Vasco a San Siro: ottantamila persone a infornata che si muovono sul clicktrack di una tribute band di lusso e i tempi degli assoli sincronizzati. Con l’identità (?), ma una tribute band. Vasco è così calato nel canone professionale della produzione "seria", "grossa", "come gli americani" (salvo che gli americani non fanno sempre così, vedi Springsteen dal vivo o gli Stones) da finire prigioniero in una rappresentazione da teatro borghese dell'Ottocento, tranne quando si fa vedere su Instagram, coi vecchietti di Zocca a giocare a carte. Forse meglio i migliaia di cloni di Vasco che vanno in giro per i paesi d’Italia, come li ha raccontati l'occhio cronistico finissimo di Ray Bahoff nel libro Vasco dentro.
morgan allo sgarbi funeral party
E Morgan invece si fa la sua reinvenzione del concerto rock. Il palco è il luogo dove tutto è imprevisto e sbraco eventuale, e gli riesce benissimo. Sfottò compresi: a se stesso, al pubblico, ai media: un nonnulla (non-nulla) di spirto uock.
Nella performance è compreso anche l’extra concerto, quello che si scrive e si legge sui giornali: i modulati lamenti nei confronti dell’Agenzia delle entrate che gli pignora casa nei giorni scorsi, i panni sporchi con Asia lavati sul pubblico passeggio, l’endorsement a Salvini (“lasciatelo lavorare, non rompetegli i coglioni” ha dichiarato recentemente). Ci sta pure che non faccia una disco intero, vero, suo, da secoli. Fa tutto parte di un Altrove, candidamente enunciato, quasi dagli inizi.
vasco rossi
Vi sta trollando, ci sta trollando (l’intervista poi è saltata) si sta trollando da solo. Finché non comincia a perdere il groove su piano, chitarra, o qualsiasi altro strumento, vale la pena andare a vedere e sentire questo antipop intelligente, d’avanguardia, pericoloso. Il vero equilibrio sopra la follia. Meglio un troll oggi che un clone di se stesso ieri.
morgan a ballando con le stelle morgan marco castoldi MORGAN MORGAN MORGAN morgan a ballando con le stelle dago e morgan barbara alberti e morgan morgan morgan ciuffo morgan sul palco