giorgia meloni emmanuel macron
Estratto dell’articolo di Valerio Valentini per “il Foglio”
[…] pur in un discorso, quello sullo stato dell’Unione, meno altisonante di altre volte, von der Leyen non ha potuto, o voluto, fare a meno di evidenziare le distanze tra chi si riconosce nell’europeismo e chi no. Quando ha elogiato “Christine Lagarde e la Bce per il duro lavoro che stanno facendo per tenere l’inflazione sotto controllo”, l’attrito con gli attacchi sguaiati indirizzati dal governo italiano a Francoforte, negli ultimi mesi, s’è sentito fin nell’Aula di Strasburgo. E pure Mario Draghi, ovviamente.
GIORGIA MELONI E URSULA VON DER LEYEN
[…] quell’incarico che von der Leyen ha assegnato all’ex premier […] il solo evocare il nome di Draghi suoni come un campanello d’allarme a Palazzo Chigi, è chiaro. Un’ombra che s’allunga sulle ambizioni e le velleità da statista di Meloni, la quale infatti fa buon viso a cattivo gioco, ma con l’aria di chi digrigna i denti: “Draghi è uno degli italiani più autorevoli che abbiamo – dice la premier – e presumo che possa avere un occhio di riguardo per la nostra nazione”. Insomma, mica come Paolo Gentiloni: “Da lui un approccio più critico che collaborativo”. […]
meloni salvini
Von der Leyen è rimasta molto accorta […] Un cerchiobottismo […] di chi non vuole scontentare nessuno per blindare la sua rielezione. […] Nessuno sconvolgimento […] anzi, una volontà di ricalcare il perimetro dell’attuale maggioranza come quello imprescindibile per dare seguito alle battaglie intraprese. Pure sull’allargamento all’Ucraina, oltre che a Moldavia e Serbia, c’è stato un implicito […] invito alla modifica dei trattati per superare le logiche cervellotiche dell’unanimità e dei veti. Tutto ciò che al blocco di Visegrád, e a Meloni, non piace sentirsi dire.
giorgia meloni emmanuel macron 2
E pure a voler sottolineare l’attenzione di von der Leyen nel corroborare tutte le istanze più sentite dal suo Ppe […] va detto che nel farlo Ursula ribadisce un posizionamento che anche gli altri vertici dei Popolari, da Manfred Weber a Roberta Metsola, hanno ribadito nel corso di queste settimane: e cioè che per ora la tenuta dell’intesa tra Ppe, Socialisti e Renew è inaggirabile per costruire la prossima maggioranza a Bruxelles.
antonio tajani manfred weber
Ed è in fondo questa […] la verità con cui Meloni deve scendere a patti. E farlo senza rendere evidente l’ennesima abiura […] allora è per questo che Matteo Salvini, che ha capito il gioco, subito rilancia. “L’alternativa all’accordo con la sinistra esiste, sempre che nessuno nel centrodestra italiano ponga veti ad altri partiti di centrodestra europei”, dice alla stampa estera. E poi, in privato: “Mi rifiuto di credere che chi proponeva patti anti inciucio a Roma voglia sottoscrivere un mega inciucio a Bruxelles”. Dispacci per Meloni. Che nel dover ammortizzare il peso di una svolta che la vedrà inevitabilmente dover accettare un’intesa con Macron e socialisti, spererebbe forse di non avere un alleato che le ricorda ogni incoerenza. E invece.