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    “SUL MES IL GOVERNO DI GIUSEPPE CONTE HA AGITO CON IL FAVORE DELLE TENEBRE E SENZA IL MANDATO DEL PARLAMENTO” – DAVANTI AL GIURÌ D'ONORE, MELONI NON RITRATTA E VA ALL'ATTACCO DI PEPPINIELLO APPULO: “IL TRATTATO E’ STATO APPROVATO SENZA IL SI’ DELL’AULA” - PER SPIEGARSI LA DUCETTA FA AFFIDAMENTO SU UN INSOLITO ALLEATO: MATTEO RENZI. NELLA SUA CARTELLINA LA PREMIER HA INFATTI APPUNTATO DIVERSE DICHIARAZIONI DEL SENATORE FIORENTINO E DEI MINISTRI DI ITALIA VIVA....


     
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    Francesco Bechis per ilmattino.it

    GIORGIA MELONI GIUSEPPE CONTE - ATREJU GIORGIA MELONI GIUSEPPE CONTE - ATREJU

     

    Altro che ripensamenti e cavilli da azzeccagarbugli. Non ritratta Giorgia Meloni. Macché, raddoppia: sul Mes, il fondo salva-Stati dell’Ue, il governo di Giuseppe Conte «ha agito con il favore delle tenebre» e «senza il mandato del Parlamento».

     

    L’AUDIZIONE

    Montecitorio, secondo piano. Dribbla i cronisti appostati nei corridoi la premier ed entra così nella biblioteca del presidente, accompagnata dall’inseparabile segretaria Patrizia Scurti. È il giorno del Giurì d’onore: la commissione parlamentare presieduta dal forzista Giorgio Mulè che l’ex premier Conte ha convocato per rispondere alle “accuse” ricevute al Senato dall’attuale timoniera di Palazzo Chigi. Chi ha ragione? Conte ha davvero agito nell’ombra quando ha autorizzato il governo rossogiallo a ratificare il Mes pochi giorni prima che cadesse? Ne è convinta Meloni e lo ripete ai giurati in un’agguerritissima audizione di un’ora. Lui, l’avvocato e leader dei Cinque Stelle si è presentato il giorno prima con una pila di carte.

    giorgia meloni urla alla camera contro conte 1 giorgia meloni urla alla camera contro conte 1

     

     

     

    E torna a battere sulla tesi difesa lo scorso 12 dicembre al Senato: tre anni fa in Parlamento non esisteva una chiara maggioranza a favore del Mes. Ergo la richiesta di Conte e dell’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio di firmare il trattato è stata fatta «senza un mandato parlamentare». È passato un mese da quando il centrodestra al governo ha affossato alla Camera la ratifica del Mes spiazzando i partner a Bruxelles. E chissà se è un caso che proprio ieri, mentre Meloni difendeva al giurì la bontà di quella scelta, la Commissione europea è tornata a bacchettare la manovra italiana. «L’Italia non è in linea con le nostre raccomandazioni», l’affondo dal forum di Davos del vicepresidente Valdis Dombrovskis, il più “falco” tra i commissari.

     

     

    giuseppe conte risponde a giorgia meloni sul mes 1 giuseppe conte risponde a giorgia meloni sul mes 1

    Per spiegarsi di fronte al Giurì Meloni fa affidamento su un insolito alleato: Matteo Renzi. Nella sua cartellina la premier ha infatti appuntato diverse dichiarazioni del senatore fiorentino e dei ministri di Italia Viva dentro al governo Conte-bis, come Teresa Bellanova, pronunciate ai tempi della crisi. Tutte concordano su un punto: la ratifica del Mes richiesta «nell’ombra» da Conte ha avuto un ruolo dirimente nella crisi di governo che di lì a breve avrebbe spianato a Mario Draghi la strada per Palazzo Chigi. Un’altra prova che in Parlamento, all’epoca, la maggioranza era spaccata sul fondo salva-Stati. Ha studiato Meloni. Sicché, rispondendo per ben quaranta minuti alle domande di Mulè e gli altri giurati, entra nei dettagli e cita nomi, date, luoghi.

     

     

    LA DIFESA

    GIORGIA MELONI GIUSEPPE CONTE - ATREJU GIORGIA MELONI GIUSEPPE CONTE - ATREJU

    Un lavoro certosino preparato nei giorni scorsi con i sottosegretari Fazzolari e Mantovano. Dunque, ecco la ricostruzione fornita. Punto primo: il fax scritto da Di Maio il 20 gennaio 2021, quando il ministro chiese all’ambasciatore in Ue Maurizio Massari di ratificare il trattato, è stato inviato mentre a Roma si era già aperta la crisi di governo. E se le dimissioni dell’esecutivo sono arrivate il 26 gennaio - e non prima, come ha sostenuto Meloni al Senato a dicembre sventolando il fax incriminato - tanto più «inopportuna» è stata la firma apposta da Massari il 27 gennaio, con il governo dimissionario, per approvare il trattato che modificava il Mes. Tutto questo, rincara Meloni, mentre in Parlamento non esisteva una vera maggioranza: in aula era già partita la caccia ai “responsabili” (Ciampolillo&Co), un momento «di imbarazzo» per il Paese.

     

    Ci vorrà tempo prima che il Giurì si esprima: si chiuderà il 9 febbraio questo strano duello della memoria tra Meloni e Conte. Un primo assaggio, ma a porte chiuse, di quella campagna elettorale per le Europee che la leader di FdI è tentata di condurre in prima persona. Concentrando però sulla vera rivale, la segretaria del Pd Elly Schlein, la sfida in piazza e tv. Senza troppe carte e scartoffie.

    meloni conte meloni conte

     

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