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    LE PASSIONI FORTUNATE DI MEMO REMIGI: “HO AVUTO UNA STORIA CON BARBARA D'URSO. LEI AVEVA 20 ANNI, IO 39: SIAMO STATI INSIEME QUATTRO ANNI. ERA SVEGLIA E LE HO INSEGNATO MOLTO… - CATHERINE SPAAK. C'È STATO QUALCOSA SU UN SET. MA È MEGLIO CAMBIARE ARGOMENTO... - FABIO FAZIO? UN IRRICONOSCENTE. LAVORAVAMO AL "LORETTA GOGGI QUIZ", ERA AGLI INIZI E FACEVA L'IMITATORE. VENIVA DA SAVONA IN TRENO. A CASA MIA ERA…”


     
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    Alessandro Dell' Orto per “Libero quotidiano”

     

    memo remigi con la moglie lucia memo remigi con la moglie lucia

    Memo Remigi, è ancora bello innamorarsi a Milano?

    «Ah, non so: da 15 anni mi sono trasferito a Varese e la metropoli non mi manca poi così tanto. Milano ora è più ricca, più internazionale».

     

    Ci torna spesso?

    «Per prendere il treno e andare a Roma al programma Propaganda Live».

     

    Già, ormai è un ospite fisso su LA7.

    «Mi hanno chiamato la prima volta per farmi cantare "Innamorati a Milano" e non me ne sono più andato. Sono dei pazzi geniali, mi diverto: a 80 anni ho scoperto Twitter e che ci sono giovani che amano la satira politica, non solo il Grande Fratello e i reality».

    memo remigi memo remigi

     

    Mica sarà diventato un simbolo della sinistra?

    «Ma no, ha presente come mi vesto? Loro sono sempre in maglietta, io mi sono presentato in giacca e cravatta e non ho mai cambiato look: sembriamo i Ricchi e Poveri».

     

    "Innamorati a Milano" l' ha rilanciata in tv a 54 anni di distanza.

    «È da sempre il mio biglietto da visita».

     

    Canzone memorabile. Come nasce?

    «Merito di mia moglie Lucia. Ci conosciamo quando abbiamo 21 anni, io sto a Como e lei a Milano. Tutti i giorni vado a trovarla in treno e la grande città mi mette paura, ma allo stesso tempo mi incuriosisce. Tutti hanno fretta, c' è caos. Così nasce l' idea di raccontare questo nostro amore sotto il Duomo».

     

    memo remigi memo remigi

    D'accordo, ma ci sarà stato un preciso momento in cui le è venuta l'idea?

    «Studio del maestro Giovanni D'Anzi, facciamo il gioco delle rime. Ognuno dice una frase cazzeggiando finché a me viene: "Come è strano innamorarsi a Milano". Mi blocca. "Bella questa, lavoraci". Quando è pronta la ascolta e sentenzia: "Resterà nella storia come la mia O mia bela madunina". Aveva ragione».

     

    Nel '76 il brano è la sigla di apertura e chiusura di Telemilano58, l'emittente di Berlusconi.

    UNA GIOVANE BARBARA DURSO UNA GIOVANE BARBARA DURSO

    «Silvio mi invita ad Arcore, mi prende sotto braccio e va al pianoforte: "Mi consenta Memo, mi fa ascoltare Innamorati a Milano che è la mia canzone preferita?"».

     

    Bel modo per conoscerlo.

    «In realtà ci eravamo già incrociati quando non era ancora il vero Berlusconi».

     

    Cioè?

    «Metà anni '60, io ed Enrico Simonetti siamo ospiti delle navi da crociera italiane per esibirci nella serata del Gran Galà. Ogni pomeriggio, però, i turisti vengono intrattenuti da un gruppo musicale: al piano suona un certo Confalonieri e il cantante è un certo Berlusconi. Dopo qualche giorno li rivedo in un corridoio stanchi e faccio il gesto da lontano: vi state facendo un culo così, eh?».

     

    Lei invece in quegli anni è già un artista affermato. Facciamo ancora un passo indietro, al piccolo Memo.

    «Nasco a Erba il 27 maggio 1938 e da bambino sono un fanatico del pallone. Gioco nelle giovanili della Libertas Como e con me c'è un ragazzino che si chiama Gigi Meroni...».

     

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    È proprio lui?

    «Lui. Poi passo al Como, ma sono troppo gracile e mio padre, per evitare che mi ammali, mi convince a sperimentare il golf. Sono bravo, arrivo fino in nazionale e giro il mondo».

     

    Scusi, e la musica?

    «Papà suona il piano e io lo accompagno con la fisarmonica, faccio dei concertini in casa. Ma ad un certo punto devo scegliere: lo sport o la canzone. E non ho dubbi».

     

    Nel '66 si sposa con Lucia Russo.

    «La conosco sui campi da golf e la rubo a un avversario. Per lei mi trasferisco a Milano: abbiamo un figlio e quattro nipoti e siamo ancora insieme dopo 53 anni».

     

    Complimenti per la fedeltà. Scusi, perché questo sospiro?

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    «Beh, qualche scivolata l'ho fatta, ma mi ha sempre perdonato».

     

    Ce ne è stata una più pericolosa delle altre?

    «Barbara D' Urso. Lei aveva 20 anni, io 39: siamo stati insieme quattro anni. Era sveglia e le ho insegnato molto».

     

    I giornali hanno raccontato anche di Catherine Spaak.

    «C'è stato qualcosa su un set. Ma è meglio cambiare argomento...».

     

    Memo, torniamo alla sua incredibile carriera. Musica, tv, radio, lei ha lavorato con tutti i più grandi. Qualcuno da ricordare?

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    «Bruno Lauzi, amico vero. Maestro di ironia anche nella difficoltà. Aveva il morbo di Parkinson e diceva: "A me piace il vino, ma da quando ho questa malattia ne bevo poco perché è più quello che verso a terra"».

     

    Walter Chiari?

    «Un genio. Lavoriamo insieme a Fantastico e ogni settimana viene da me per l'ispirazione: "Raccontami qualche barzelletta". Sceglie la migliore, la arricchisce e alla fine diventa il suo monologo di venti minuti, irresistibile».

     

    Topo Gigio?

    «Le racconto di adesso. Ogni tanto c'è qualche papà di 50 anni che mi ferma e chiede di fare Topo Gigio al figlio. "Ciao piccolo, ma cosa mi dici mai?". E il bimbo mi guarda come per dire: "Ma chi è questo cretino?"».

     

    Lei ha conosciuto il primissimo Fabio Fazio, vero?

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    «Lavoravamo al "Loretta Goggi Quiz", era agli inizi e faceva l' imitatore. Veniva da Savona in treno, si cambiava a casa mia ed era sempre mio ospite. Ora se la tira: in 35 anni mi ha chiamato solo una volta. Un vero irriconoscente».

     

    Memo, lei ha appena compiuto 81 anni, ma non sembra aver voglia di fermarsi. Ha altri progetti?

    «Ho girato il film "Se mi vuoi bene" di Fausto Brizzi, con Claudio Bisio e Sergio Rubini. Uscirà il 17 ottobre: io faccio il padre di Bisio, un maestro di tennis. Poi ci sono i concerti».

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    Va ancora in tour?

    «Sì, ma mentre i miei colleghi si esibiscono negli stadi e nei teatri, io giro per case di riposo ed è un successo strepitoso. L' ultima volta chiedo a una tizia in sedia a rotelle: "Come ti chiami?". "Pina". E io, trattandola come una vecchietta ormai mezza rimbambita: "Pina, quanti anni hai?". Lei, brillantissima: "78!". Ops...».

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