1 - L’ASSENZA PEGGIO DELL’APPLAUSO. MA QUANTI ERRORI, DEPUTATO ZAN
francesco merlo
Caro Merlo, molti hanno detto che il ddl Zan è imperfetto o scritto male (condivido in parte), ma che andava votato comunque. Davvero è meglio una cattiva legge che nessuna legge? Non si poteva fare di più?
Matteo M. Mauro
Risposta di Francesco Merlo:
Si doveva fare di più. La verità spiacevole è che anche il deputato Zan è stato inadeguato. Intanto avrebbe dovuto evitare le troppe imperfezioni, anche linguistiche, che hanno indebolito la legge, perché se è vero, come ha detto Emma Bonino, che non si vedono leggi perfette da tempi immemorabili, è anche vero che proprio questa doveva essere formalmente inattaccabile.
manifestazione ddl zan
Poi, non solo in un libro, Zan si è messo a fare allusioni sui parlamentari di destra che nascondono le tendenze gay, così impoverendo di forza e serietà una materia di libertà e non di peccati, di diritti e non di gossip.
Con il fallimento, infine, della mediazione che Enrico Letta gli aveva, con superficialità, affidato, Zan è diventato il nome di una sconfitta, come Waterloo e come Caporetto.
2 - LA BATTAGLIA IDEOLOGICA (SBAGLIATA) SUL DDL ZAN
Luca Ricolfi per “il Messaggero”
Non ho idea di che cosa abbia spinto Enrico Letta e il suo partito a rifiutare, fin da prima dell'estate, ogni compromesso sul ddl Zan. Errore di calcolo? Voglia di inasprire lo scontro con il centro-destra? Manovre sull'elezione del presidente della Repubblica? Chissà. Ora che la frittata è fatta, e che l'approvazione di una legge conto l'omotransfobia è rimandata alle calende greche, forse varrebbe la pena che il Pd esaurita la raffica di contumelie contro la destra retrograda, razzista e omofobica si fermasse un attimo a riflettere.
ddl zan manifestazione
Tema della riflessione: come mai i dubbi sul ddl Zan, anziché essere esclusivi della destra, sono così diffusi anche dentro il campo progressista? Già, perché al segretario del Pd forse è sfuggito, ma la realtà è che le perplessità sul ddl Zan sono piuttosto diffuse in diversi settori della sinistra.
luca ricolfi 3
E in molti casi non sono di tipo tattico, come quelle espresse da Renzi e dai suoi, per cui sarebbe meglio una legge imperfetta che nessuna legge. No, ci sono movimenti, associazioni, politici, studiosi di area progressista che sono convinti che si possa fare una legge a tutela delle minoranze migliore e non peggiore del ddl Zan. Chi sono? Diverse associazioni femministe, tanto per cominciare.
Non solo italiane (Udi, Se non ora quando, Radfem, Arcilesbica) ma oltre 300 gruppi in più di 100 Paesi, riuniti sotto la sigla Whrc (Women's Human Rights Campaign). La rappresentante italiana nella Whrc è Marina Terragni, da decenni impegnata nelle battaglie per i diritti delle donne, degli omosessuali e dei transessuali.
ddl zan manifestazione
A queste associazioni non piace che le donne, che sono la metà dell'umanità, siano trattate come una minoranza; ma soprattutto non piace che il mondo femminile, con i suoi spazi e i suoi diritti, sia arbitrariamente colonizzato da maschi che si autodefiniscono donne, come è già capitato ad esempio in ambiti come le carceri e le competizioni sportive; per non parlare dei dubbi sui rischi di indottrinamento (e di cambiamenti di sesso precoci) dei minori.
attivista della comunita lgbtqi+ foto di bacco(2)
Poi ci sono gli studiosi, e specialmente i giuristi, che hanno analizzato l'impianto della legge, e ne hanno individuato almeno tre criticità: rischi per la libertà di espressione, difetto di specificità e tassatività dei reati perseguiti con il carcere, conflitto con l'articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 («I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere d'istruzione da impartire ai loro figli»).
Fra i giuristi che hanno sollevato obiezioni, oltre a diversi costituzionalisti, c'è anche Giovanni Maria Flick, ex ministro della Giustizia del primo Governo Prodi. Ma forse il caso più interessante, e clamoroso, di disallineamento con l'integralismo Lgbt di Letta e del Pd è quello dell'estrema sinistra, in Europa ma anche in Italia. Forse non tutti sanno che, non da ieri, in una parte della sinistra radicale le battaglie Lgbt, e più in generale le battaglie per i diritti civili, sono guardate con ostilità come campagne di distrazione di massa, che la sinistra riformista irrimediabilmente compromessa con il capitalismo e con le logiche del mercato utilizzerebbe per spostare l'attenzione dal vero problema, ossia l'arretramento dei diritti sociali.
attivista della comunita lgbtqi+ foto di bacco (7)
Su questa linea, ad esempio, troviamo filosofi come Jean Claude Michéa e, in Italia, Diego Fusaro. Ma anche uomini politici di sicura fede progressista, come Mario Capanna (assolutamente contrario, perché «la legge aggiunge reati, non diritti») o il sempre comunista Marco Rizzo, forse la voce più severa sui diritti Lgbt e sulle celebrities che di quei diritti si servono per autopromuovere se stesse (ma, è il caso di notare, osservazioni del medesimo tenore sono talora venute anche da un riformista doc come Federico Rampini).
ddl zan manifestazione
E poi ci sono i (pochi) politici progressisti fuori dal coro, che hanno il coraggio di dire la loro anche se il partito non è d'accordo. Penso ad esempio a Paola Concia (Pd, sposata con una donna), che nello scorso aprile sollevò varie e argomentate obiezioni, chiedendo di modificare il testo della legge.
O Valeria Fedeli (Pd), che nello scorso maggio sollevò perplessità analoghe, pure lei convinta che le modifiche avrebbero potuto migliorare la legge. Ma forse il caso più interessante di posizionamento politico è quello di Stefano Fassina, ex parlamentare Pd, poi transitato in Sinistra italiana e approdato a Leu.
attivista della comunita lgbtqi+ foto di bacco (9)
In una conversazione con Il Foglio, giusto il giorno prima dell'affossamento del ddl Zan, Fassina non solo osserva che l'articolo 4 (sui limiti alla libertà di espressione) andrebbe eliminato per «il suo portato di arbitrio giurisdizionale», ma afferma che «sarebbe gravissimo per il nostro stato di diritto non intervenire sull'articolo 1 (quello che definisce l'identità di genere come scelta soggettiva).
la bandiera arcobaleno
Quell'articolo, infatti, introduce «norme che si configurano come visione antropologica - legittima ma di parte». Una visione che «non è stata esplicitata, condivisa e discussa, e quindi non può stare nel disegno di legge e diventare progetto educativo universale». Che dire? Forse una cosa soltanto: una parte del mondo progressista, Letta o non Letta, continua a ragionare con la propria testa. Ed è un bene, perché certe battaglie, come quelle sul pluralismo e sulla libertà di espressione e di educazione, hanno più probabilità di essere vinte se non diventano proprietà esclusiva di una sola parte politica.