Mauro Evangelisti per Il Messaggero
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Allarme contagi nell'Est Europa. E in Romania, paese travolto della pandemia, scoppia il caso dei certificati di vaccinazione falsi. Anche l'ambasciatore romeno in Italia, George Bologan, ha preso posizione contro questa piaga. In un incontro con i giornalisti, racconta il quotidiano Adevarul, ha spiegato: «Quando parliamo di certificati vaccinali falsi, chiedo a chi li ha acquistati: dov'è la vostra coscienza?».
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Il diplomatico romeno ha criticato i propri connazionali che in Italia hanno partecipato alle manifestazioni no-vax. Ma il caso del mercato nero di certificati vaccinali falsi, in Romania, deve preoccupare il nostro Paese: possono essere usati sia per tornare in Italia sia per ottenere il Green pass per lavorare. Spiega Anca Mihai, corrispondente da Roma per varie testate giornalistiche: «In realtà il certificato non è falso, ma le persone pagano perché venga buttata, e non iniettata, la dose di vaccino. E così ottengono un Green pass che formalmente è valido in tutta Europa».
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INCOGNITE Con il Natale che si avvicina e decine di migliaia di lavoratori dell'Est che trascorreranno le feste nel loro Paese di origine, i rischi vanno oltre le certificazioni false. Riguarda prima di tutto varie nazioni dell'Est Europa, da dove provengono colf, badanti, baby sitter, artigiani, autotrasportatori. In questa area del continente il virus sta correndo. Il nodo è l'elenco C (Ue) dell'ordinanza del Ministero sugli spostamenti: vi sono alcune nazioni con alta incidenza Covid, come Romania, Bulgaria, Paesi Baltici e Slovacchia.
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Ma per tornare o viaggiare in Italia le regole sono le stesse sia se si proviene dal Portogallo sia se si arriva dalla Romania. Piccolo particolare: in Portogallo (10 milioni di abitanti) i nuovi positivi sono in media 700 al giorno, i ricoverati meno di 400, i vaccinati oltre l'85 per cento; in Romania (19 milioni di abitanti) i nuovi positivi al giorno sono in media 14mila, i ricoverati oltre 20mila, coloro che hanno completato il ciclo vaccinale appena il 31 per cento della popolazione.
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Eppure, per chi parte da Lisbona o da Bucarest è sufficiente dimostrare di essere vaccinato o di avere eseguito un test antigenico nelle ultime 48 ore: nessuna quarantena. Stesso discorso per la Bulgaria, altro Paese Ue travolto dai contagi di Covid: con meno di 7 milioni di abitanti, ha quasi 6mila casi al giorno, gli ospedali in ginocchio e una bassa copertura vaccinale.
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La crisi di parte dell'Europa dell'Est può avere conseguenze anche sulla diffusione del virus in Italia. Un esempio: solo oggi atterreranno cinque voli da Bucarest. Se a questi si aggiungono i collegamenti con altre città romene e da altri scali italiani, se si considera chi si muove con i pullman, si capisce quanto sia massiccio il traffico giornaliero tra Italia e Romania. E gli spostamenti sono destinati ad aumentare in vista delle festività natalizie.
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Gli esperti del Ministero della Salute stanno vigilando e sono consapevoli dei rischi che comportano i viaggi dai paesi dell'Est inclusi nell'elenco C, ma la decisione di un innalzamento dei controlli può essere solo politica. Gli esperti però hanno pochi dubbi. Il professor Massimo Andreoni, direttore di Malattie infettive al Policlinico Tor Vergata di Roma: «I controlli alle frontiere devono variare sulla base dei dati, a prescindere dal fatto che una Nazione appartenga all'Unione europea. Bene i tamponi all'ingresso, servono però anche le quarantene: rischiamo di importare non solo il virus, ma anche delle varianti. Può essere sufficiente un isolamento di cinque giorni, ma la guardia va alzata».
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INCOGNITE Simile l'opinione del professor Fabrizio Pregliasco, Università degli Studi di Milano: «Bisogna valutare l'andamento dell'epidemia e fornire delle risposte proattive, non attendere che la situazione precipiti. Dobbiamo immaginare sempre lo scenario peggiore e difenderci. Non è detto che si verifichi, ma se ci organizziamo per evitarlo è la cosa migliore. E anche i controlli per chi arriva da Paesi che sono in crisi, sul fronte del Covid, è uno degli elementi di difesa che possono aiutarci».
Resta però un problema indicato dal professor Matteo Bassetti, primario di Malattie infettive all'ospedale San Martino di Genova: «Avremmo già dovuto dare una risposta sul fronte delle verifiche per chi arriva da alcuni Paesi Ue con incidenza molto alta. C'è però un elemento di difficoltà: se prendi un aeroplano, qualcuno all'aeroporto ti controlla. Se invece raggiungi l'Italia con un pullman o con un'auto privata è molto più semplice sfuggire alle verifiche».