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    MESSI MALISSIMO – IL BARCELLONA TRA SCANDALI, DEBITI-RECORD E VELENI SCEGLIE IL NUOVO PRESIDENTE. IL FAVORITO E’ UN CAVALLO DI RITORNO, JOAN LAPORTA, LEGATO ALL’ETA’ DELL’ORO DI GUARDIOLA. CON LUI TORNEREBBERO ANCHE IL FIGLIO DI CRUYFF E XAVI. FARA’ DI TUTTO PER TRATTENERE MESSI. ANCHE CON L’AIUTO DI GOLDMAN SACHS CHE... – SCINTILLE TRA LEO E MONCHI NELLA SEMIFINALE DI COPA DEL REY - VIDEO


     
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    Paolo Condò per “la Repubblica”

     

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    Mercoledì sera Gerard Piqué ha segnato all' ultimo respiro - minuto 94 - il gol che ha tenuto in vita il Barcellona nella semifinale di ritorno di Copa del Rey , poi vinta ai supplementari sul Siviglia. È stato un bel colpo di testa, come in carriera ne ha realizzati tanti. Però in fondo al recupero di una partita fondamentale, dentro a una settimana che ha portato la polizia negli uffici del Camp Nou, a quattro giorni dalle sospirate elezioni presidenziali, è stato un gol più pesante di altri.

     

    Piqué è corso allora davanti all' obiettivo di una telecamera a bordo campo e ha ruggito la sua gioia come fece Maradona quel giorno a Foxboro, la sua ultima rete per la Selección . Poi si è girato per accogliere i compagni, e nell' abbraccio collettivo ha cercato e trovato Leo Messi, e i due si sono presi le teste fra le mani, fronte contro fronte, e improvvisamente sembravano soli.

     

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    C' era, in quel loro guardarsi occhi negli occhi con infinito affetto, la memoria della squadra Under 15 più forte di sempre, i cadetti blaugrana dell' 87 che a inizio secolo vincevano i trofei senza lasciare per strada nemmeno un pareggio. Vittorie. Vittorie soltanto. Vittorie e basta.

     

    Il colosso di quella difesa era un ragazzone dell' alta borghesia di Barcellona, Gerard Piqué, figlio di un noto avvocato e della direttrice della clinica specializzata in lesioni spinali. La mente del centrocampo era un ragazzo di Arenys de Mar, lì dove il litorale catalano sta per diventare Costa Brava (comincia ufficialmente poco più a Nord, a Blanes), di nome Cesc Fabregas. I gol - decine di gol, centinaia negli anni - li segnava Lionel Messi, un ragazzetto così minuto da essere subito ribattezzato Pulga , pulce, arrivato nel 2000 da Rosario, Argentina, perché il Barça aveva acconsentito a pagargli le cure necessarie per stimolarne la crescita pigra.

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    Ci è capitato di passare le ore al mercato della Boqueria, con i giornalisti catalani, ad ascoltare i racconti di una squadra in cui l' enormità del talento concentrato si dispiegava sul campo senza l' avarizia dei calciatori professionisti. Giocavano con la freschezza dei bambini, ed erano già campioni: l' ultimo sorso di birra lasciava gli occhi lucidi. Gli stessi colleghi raccontano oggi di un' elezione non ancora risolta - bisognerà attendere i 20 mila voti postali, ricorda qualcosa? - ma indirizzata abbastanza chiaramente verso il ritorno di Joan Laporta, il presidente dell' età dell' oro, dal 2003 al 2010.

     

    Qualche speranza può ancora coltivarla Victor Font, candidato indipendente, mentre il terzo uomo, Toni Freixa, resta legato al primo periodo della gestione di Josep Maria Bartomeu. Se ne andò in tempo per evitare il coinvolgimento nel Barcagate, lo scandalo che lunedì ha portato al fermo per 24 ore dell' ex-presidente e di alcuni suoi collaboratori, ma i 140 mila aventi diritto lo associano al periodo più buio della storia blaugrana, e non lo voteranno.

     

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    La qualificazione alla finale di Copa ha rischiarato un orizzonte nerissimo - la Liga è difficile, la Champions ormai andata - da cui la gioia smodata di Piqué. Sono anni che la filosofia del mes que un club , celebrata ai tempi ormai lontani di Guardiola, è diventata una retorica buona a coprire i peggiori comportamenti. Il Barcellona ha sempre divorato i suoi figli, da Maradona a Ronaldo ingaggiati con suono di fanfare e presto venduti perché non ne volevano più sapere; ma quelli almeno erano affari calcistici, errori di gestione pagati in termini tecnici.

     

    Bartomeu, dimissionario in autunno per prevenire l' impeachment, è accusato di aver diffuso veleni social - attraverso società di consulenza che avrebbero dovuto difendere l' immagine del club - sul conto dei moderni padri della patria: Messi e Piqué in primis, e poi Guardiola, Xavi e Puyol. Il pantheon. Fango nel ventilatore al quale si è aggiunto il contratto di Leo, la cui diffusione si deve a un sicario ancora senza nome ma insomma, cui prodest se lo sono chiesto tutti, e si sono pure dati una risposta.

     

    messi contratto messi contratto

    Che il vincitore sia Laporta, un avvocato molto piacione che dopo i trionfi dell' era-Guardiola si lanciò in politica con mire separatiste (ma era in anticipo sui tempi, viste le percentuali inconsistenti raccolte), oppure Font, la squadra di governo non dovrebbe cambiare: Jordi Cruyff alla direzione sportiva - e il figlio di Johan, oltre a essere persona capace, reca un cognome che al Barça continua a contare moltissimo - e Xavi in qualche modo coinvolto. Non ancora da allenatore se Koeman, che alla fine ha fatto breccia nello spogliatoio, porterà a casa un titolo. Ma in rampa di lancio, questo sì.

     

    Chiunque vinca dovrà far fronte al debito record di un miliardo e 200 milioni, la metà dei quali vanno rimborsati in tempi brevi: si sa che Goldman Sachs ha già steso un piano per mettere assieme 240 milioni fra anticipi sui diritti tv e future attività commerciali. Anche così servirebbe comunque una cessione eccellente, e invece tutti i candidati ipotizzano un mercato espansivo per trattenere Messi - a 34 anni si sta chiedendo se a Barcellona farebbe in tempo a rivincere la Champions - e ingolosire ovviamente gli elettori.

     

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    Laporta l' ha detto meglio degli altri: «Nel 2003 eravamo più o meno in queste condizioni, con la differenza che non esistevano gli strumenti finanziari di oggi. Negoziai sei mesi con le banche per ottenere il prestito necessario, ora sarebbe tutto più facile». Sembra un biglietto d' ingresso per i fondi. Con i soldi del prestito 2003 arrivò Ronaldinho e il meccanismo si rimise in moto: quando si parla di club così grandi la salvezza passa sempre per i ricavi. Senza il crac dovuto al virus, il bubbone del debito forse non sarebbe venuto alla luce. Di certo non prima delle elezioni.

     

    Libero di firmare per chi vuole ormai da due mesi, Messi aspetta.

    Non ha più la fretta della scorsa estate, quando provò a svincolarsi in modo inelegante, considerato ciò che c' è stato fra lui e il Barça.

     

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    Manco a dirlo, nel coro di generale riprovazione il primo a prenderne le difese fu Piqué, «con tutto quello che Leo ha fatto per noi, non permettetevi di criticarlo». Giusto o sbagliato che sia, è quest' impasto di milioni sventolati e sentimenti profondi a rendere il calcio inafferrabile.

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