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    METTETE FIORINA NEI VOSTRI TRUMPONI - L'UNICA DONNA TRA 11 REPUBBLICANI RIESCE A TENERE TESTA A DONALD (VIDEO). E NEL DIBATTITO SI PARLA ANCHE DI DROGHE. JEB BUSH: ''HO FUMATO CANNABIS DA GIOVANE, A MIA MADRE NON PIACERÀ QUESTA CONFESSIONE''. LEI: ''HO PERSO UNA FIGLIASTRA PER TOSSICODIPENDENZA''


     
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    1. VIDEO - TRE ORE IN TRE MINUTI: IL MEGLIO DEL DIBATTITO TRA CANDIDATI REPUBBLICANI

     

     

    VIDEO - IL MEGLIO DI CARLY FIORINA

     

    http://www.washingtonpost.com/video/politics/carly-fiorinas-standout-moments-from-the-second-gop-debate/2015/09/16/2bfc40b6-5ce3-11e5-8475-781cc9851652_video.html

     

     

    FACT-CHECKING: TUTTO QUELLO CHE HA DETTO CARLY FIORINA SULL'AMBIENTE È SBAGLIATO

    http://www.vox.com/2015/8/21/9186313/carly-fiorina-climate-wrong

     

     

    3. CARLY FIORINA OSCURA TRUMP E TRA I CANDIDATI È SFIDA  (ANCHE) SULLA MARIJUANA

    Massimo Gaggi per www.corriere.it

     

    donald trump carly fiorina donald trump carly fiorina

    Nonostante l’handicap di una chirurgia plastica eccessiva che toglie espressività al suo volto, lasciandole solo il ghigno come alternativa allo sguardo severo, Carly Fiorina, al suo esordio nel grande circo dei dibattiti elettorali, a Simi Valley, in California, nel tempio del reaganismo, si è mossa mercoledì notte con grande disinvoltura: suoi gli attacchi più efficaci a Donald Trump («non sarei tranquilla con l’arsenale nucleare nelle sue mani»), sua l’esposizione più nitida e appassionata di una strategia “muscolare” per rilanciare la leadership dell’America e delle ragioni per le quali l’ex capo della Hewlett Packard ha deciso di correre per la Casa Bianca.

     

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    Se un mese fa, al dibattito della Fox in New Hampshire, la tappa l’aveva vinta il candidato più giovane, Marco Rubio, al confronto tra gli 11 candidati repubblicani più forti organizzato nella “library” dedicata a Ronald Reagan, davanti al Boeing 707 che è stato l’”Air Force One” della sua era, a spuntarla è stata proprio Carly. Che ha spiazzato tutti, soprattutto il suo interlocutore diretto Bush, quando ha ricordato di aver seppellito una figlia tossicodipendente, precisando che la «marijuana oggi non è più quella fumata da Jeb 40 anni fa» e che la dipendenza «è un’epidemia che si sta portando via troppi giovani».

     

    RUBIO IN CALO

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    Il suo successo ha lasciato in ombra altri candidati politici un tempo considerati pretendenti credibili alla Casa Biancae ora apparentemente condannati alla marginalizzazione: di certo Mike Huckabee, Rand Paul, Scott Walker e il governatore dell’Ohio John Kasich. Perdono quota anche quello del New Jersey, Chris Christie e il senatore Ted Cruz, nonostante i due abbiano tenuto la scena con molta determinazione. Di nuovo efficace (soprattutto nella sua esposizione di politica estera) ma non più mattatore come un mese fa Marco Rubio, il figlio di immigrati cubani divenuto senatore della Florida.

     

    Ma l’attenzione, a Simi Valley, era rivolta sopratutto ai tre cavalieri dell’antipolitica - un “tycoon”, un chirurgo e una donna manager - oltre che a Jeb Bush: il politico puro di maggior caratura tra i candidati alla “nomination” repubblicana. Un leader chiamato a un pronto riscatto dopo l’opaca prestazione del dibattito in New Hampshire. Un “flop” che ha accelerato la sua discesa nei sondaggi elettorali: scavalcato quasi sempre da Donald Trump e dal pediatria Ben Carson e spesso anche da altri candidati. Mercoledì sera il figlio e fratello di presidenti ha di certo recuperato, mostrandosi meno ingessato, più ponto al confronto e anche allo scontro con Trump.

     

     LE SCINTILLE TRUMP-BUSH, PER VIA DEL FRATELLO

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    Nelle tre, interminabili ore del dibattito moderato da Jake Tapper, Bush ha tirato fuori un po’ di orgoglio familiare quando ha risposto a Trump che giudicava disastrosa la presidenza di George Bush ricordandogli che «mio fratello ci ha lasciato un’America più sicura, dopo l’attacco dell’11 settembre». Jeb è poi passato dall’autoironia («ho fumato marijuana 40 anni fa, mia madre non sarà contenta di sentirmelo dire in tv») e al sarcasmo nei confronti del suo concorrente miliardario che lo dipinge come un politico con le batterie scariche: «Il soprannome che vorrei che mi fosse dato dai servizi segreti se divenissi presidente? Eveready» (una grande fabbrica Usa di pile elettriche).

     

    Una battuta apprezzata anche da Trump che ha offerto il cinque a Bush in uno dei pochi momenti rilassati della serata. Bush è quindi passato ai toni indignati quando ha chiesto a Trump di scusarsi con sua moglie, per aver insinuato che lui ha aperto alla parziale regolarizzazione degli immigrati clandestini su pressione proprio di Columba, una messicana naturalizzata americana.

     

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    Trump non si è scusato («non ho detto nulla di male»), ma ha recuperato parlando della signora Bush come di una donna meravigliosa. Poi ha lanciato i suoi attacchi più insidiosi. Prima l’accusa al fratello George: «È lui che ci ha regalato Obama, la sua presidenza è stata talmente disastrosa che dopo di lui anche Lincoln sarebbe stato bocciato alle elezioni». E poi l’attacco personale a Jeb, marionetta nelle mani dei finanziatori della sua campagna, mentre Donald, ricco di suo, non accetta soldi da nessuno.

     

    Qui è arrivata la replica più efficace di Bush: «Hai cercato di comprarmi quando ero governatore perché volevi aprire dei casinò in Florida, ma noi ti abbiamo sbarrato la strada. Non mi faccio condizionare dai soldi». Trump ha strillato che non è vero, che se avesse davvero voluto aprire delle case da gioco ci sarebbe riuscito, ma poi ha cambiato tono: «Jeb, stasera sei più energico: mi piaci così».

    risultato dibattito repubblicani su twitter risultato dibattito repubblicani su twitter

     

    UN TRUMP «MODERATO»

    Ieri sera Trump è rimasto fedele al suo personaggio sfrontato(«che ci fa qui Rand Paul? Ha solo l’1 per cento nei sondaggi, dovrebbe restare a casa») ma la sensazione è che abbia evitato di strafare: meno insulti, più ragionamenti. Meno mattatore e il tentativo di recuperare un’immagine più affidabile. Probabilmente è uscito dal dibattito con un pareggio che gli consente di mantenere l’ampio vantaggio che ha conquistato nei sondaggi.

     

    RAND E KELLEY PAUL RAND E KELLEY PAUL MARC RUBIO BEN CARSON MARC RUBIO BEN CARSON

    Quanto a Carson, l’altro battistrada della campagna, ha cercato di dire cose ragionevoli, evitando con cura di polemizzare con gli altri candidati e, in particolare, di entrare in rotta di collisione con Trump. Una prestazione non brillante, ma lui è un candidato anomalo, estraneo alla politica: i consensi dei quali gode forse non verranno condizionati dalla sua “performance” davanti alle telecamere della Cnn.

     

     

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