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    MI CHIAMAVANO “LA ZINGARA”: LA RICONOSCETE? “COL FATTO CHE MI MUOVEVO SCALZA PENSAVANO FOSSI SPORCA. IO, PERÒ, ERO PULITA SIA DENTRO CHE FUORI, E PENSO CHE IL FATTO CHE FOSSI COSÌ LIBERA INCUTESSE AD ALCUNI UN PO' DI PAURA. IL MIO ESSERE GITANO ERA AUTENTICO" – HA SOFFERTO DI BULIMIA. IL RIMPIANTO? “MI SONO LASCIATA SFUGGIRE IL PROVINO PER FARE LA BOND GIRL DEL 007 CON PIERCE BROSNAN PERCHÉ NON RIUSCIVO A PRENDERE L'AEREO” – DI CHI SI TRATTA?


     
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    Mario Manca per vanityfair.com - Estratti

     

    In tanti anni di carriera c'è solo una domanda a cui Mietta, al secolo Daniela Miglietta, si è stancata di rispondere: «Mi annoia che mi chiedano se sono stanca di Vattene amore.

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    È la canzone che mi ha portato più fortuna in assoluto e sono strafelice di averla cantata, ma basta», racconta Mietta, 54 anni compiuti quasi per scherzo, in procinto di prendere parte a una nuova avventura televisiva: quella di Io Canto Family, al via in prima serata su Canale 5 il 20 maggio con la conduzione di Michelle Hunziker e la direzione artistica di Roberto Cenci. «Sono contenta perché è emozionante avere a che fare con le famiglie: sarà qualcosa di molto emozionante, purtroppo», racconta Mietta, che ha da poco dato alla luce il suo nuovo prorompente singolo Bang, prodotto dai Serpenti.

     

     

     

    Anche la sua adolescenza è stata calda?

    «È stata accogliente, ma anche molto libera. Mi chiamavano la zingara, andavo in giro scalza e adoravo quell'attitudine».

     

    La prima volta in cui si è sentita libera?

    «Adesso, visto che sento di essere meno inibita su quello che dico e quello che penso. Quando avevo 20 anni mi vergognavo tanto».

     

    Di cosa?

    «Delle sensazioni che avevo, delle parole che utilizzavo. Adesso finalmente mi sento libera di essere ciò che voglio in tutto e per tutto. Lo dico anche nel mio nuovo singolo, Bang, un inno vero e profondo alla libertà e alla capacità di sentirsi adeguati a ogni situazione: questo per me è un grande vantaggio nella vita».

     

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    Lei, nella sua carriera, non si è negata nulla, spaziando dalla musica, alla recitazione, alla scrittura, al doppiaggio e alla conduzione.

    «Ho esplorato tanti campi perché sentivo di dovermi esprimere in tante forme. Penso che la vita sia un gioco che ti aiuta a tirare fuori i tuoi sapori e i tuoi colori: perché non approfittare di questa opportunità? Mi sento molto fortunata a poterlo fare».

     

    La zavorra più pesante da cui Mietta si è liberata?

    «Riuscire finalmente a dire quello che voglio, senza avere più paura di essere me stessa nel bene e nel male. Più vado avanti negli anni e più mi autorizzo a lasciarmi andare. Ormai sono entrata in quell'età della vita in cui non hai più paura di raccontare niente che non sia la verità».

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    La verità può essere un'arma a doppio taglio certe volte, non crede?

    «Sicuramente, ma ci sono talmente tante menzogne in giro che dire la verità diventa quasi indispensabile. È quello che ho cercato di insegnare anche a mio figlio».

     

    Da bambina cosa voleva diventare?

    «Quello che sono adesso. Avevo, però, molta paura del giudizio degli altri, una tendenza che oggi viene vergognosamente portata avanti dai social. Credo che la gente ami parlare male degli altri, assecondando un certo gusto perverso di stare al mondo, ma questa non deve essere confusa con la libertà. Questa è cattiveria. La lezione più importante che ho appreso nella mia vita è essere liberi nel rispetto degli esseri umani».

     

    A Taranto sentiva di essere giudicata?

    «Col fatto che andassi scalza pensavano che fossi sporca. Io, però, ero pulita sia dentro che fuori, e penso che il fatto che fossi così libera e felice incutesse ad alcuni un po' di paura. Era come se fossi costruita, ma il mio essere gitano era autentico».

     

    Pesavano i giudizi per il fatto di essere figlia di genitori separati?

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    «Sono stata una delle prime ragazzine ad avere un genitore separato a scuola, e mi vergognavo a tal punto da chiudermi in me stessa per paura di essere giudicata dalle amiche e dagli amici».

     

    La sua città le è mai stata stretta?

    «Ho vissuto Taranto in un periodo storico particolare, considerando che mio padre lavorava all'Ilva in un momento in cui sembrava che tutto andasse a gonfie vele. Con il tempo mi sono allontanata da quell'idea lì, visto che l'Ilva ha rovinato tante vite portando la città a essere distrutta e massacrata. Mi piacerebbe però ricordare a tutti che Taranto non è solo l'Ilva ma il mare, la cucina, la musica, l'arte. È una città che ha tanto da raccontare: essere nata lì mi rende molto orgogliosa».

     

    La prima volta che ha lasciato Taranto?

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    «A 18 anni, per andare a Milano per partecipare a uno sceneggiato radiofonico. Il primo impatto è stato traumatico, ma ho imparato tanto da quell'esperienza. Mi mancava, però, la mia famiglia, mi sentivo sola, anche se con tenacia sono riuscita a superare quel periodo».

     

    Mai avuto la tentazione di mollare e tornare indietro?

    «No, mia madre non me l'avrebbe mai permesso. Da sempre mi ha incoraggiata a seguire il mio sogno anche se questo voleva dire stare lontana: penso ancora oggi che il suo sia stato un grande atto d'amore».

     

    A cosa si aggrappava per andare avanti?

    «Al mio lavoro, oltre che all'arte».

     

     

    (…)

     

    Quanto sono stati invalidanti quegli attacchi di panico nella sua vita?

    «Ho perso delle grandi occasioni, sia a livello lavorativo che umano. Come quando mi sono lasciata sfuggire il provino per fare la Bond Girl del 007 con Pierce Brosnan perché non riuscivo a prendere l'aereo. Ora non ci avrei pensato due volte: i treni che perdi oggi sono persi sul serio».

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    Che rapporto ha con il passato?

    «Non guardo mai indietro con nostalgia o rimpianto. Mi concentro sul presente».

     

    Di cosa ha paura?

    «Sempre dell'aereo. L'ultima volta l'ho preso con mio figlio, che ora ha 13 anni e mezzo: non la smetteva di ridere».

     

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    Con l'amore che rapporto ha, invece?

    «Mi piace raccontarlo nelle canzoni, anche se non amo parlare del mio».

     

    Però non è sola.

    «No, non lo sono. Sono sopravvissuta a tante cose».

     

    L'ultima è stata un disturbo alimentare che rischiava di diventare serio.

    «È successo l'anno scorso: ho notato che il mio rapporto con il cibo è iniziato a cambiare, così mi sono rivolta alla mia psicologa e l'abbiamo presa in tempo. Non so come sia successo: sentivo il desiderio di mangiare più del dovuto e poi mi pentivo».

     

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