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    “IO MI ESPRIMO COSÌ, IN MODO BURLESCO, TEATRALE” - MORGAN A PROCESSO PER AVER INSULTATO, DURANTE LO SFRATTO, I POLIZIOTTI DEFINITI “MOSTRI RIDICOLI, BOIA E BECCHINI” - IL CANTANTE È ACCUSATO DI OLTRAGGIO A PUBBLICO UFFICIALE, LUI SI DIFENDE: “ERO IN GRANDE SOFFERENZA PSICOLOGICA”. E POI SI PARAGONA A PASOLINI, CHE STIMAVA “GLI AGENTI FIGLI DI POVERI…


     
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    Federico Berni per monza.corriere.it - Estratti

     

     

    morgan morgan

    Ha chiuso citando Pierpaolo Pasolini quando simpatizzava coi «poliziotti figli di poveri» dopo gli scontri a Valle Giulia del ‘68, per ribadire che lui non ha nulla contro i pubblici ufficiali. Ha usato la parola «stima», nei confronti degli agenti che lo accusano invece del reato di oltraggio a pubblico ufficiale. Contestazione risalente a giugno 2019, il giorno dello sfratto dalla sua abitazione di Monza.

     

    Secondo l’accusa quel giorno Marco Castoldi, per il grande pubblico «Morgan», ha apostrofato i membri delle forze dell’ordine dando loro dei «mostri, ignoranti» definendoli «ridicoli», o paragonandoli a dei «boia», o «becchini». Lunedì il cantautore 51enne, protagonista delle cronache estive per altre vicende giudiziarie che lo vedono sotto accusa per stalking ai danni della musicista brianzola Angelica Schiatti, è comparso in aula davanti al giudice Valentina Schivo.

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    La giornata dello sfratto, cinque anni fa, fu piuttosto movimentata, in linea con la vulcanicità del personaggio. Davanti all’appartamento al piano terra di una palazzina signorile di via Adamello, in faccia al canale Villoresi, si era radunata una folla di curiosi, sostenitori e giornalisti, ai quali aveva rilasciato qualche battuta prima di andarsene in macchina: «Mi trovavo in uno stato di profonda sofferenza nel lasciare quella che era non solo la mia casa, ma anche il luogo di lavoro, dove avevo lo studio di registrazione e i miei strumenti».

    lo sfogo di morgan contro i giornalisti 5 lo sfogo di morgan contro i giornalisti 5

     

     L’esecuzione dello sgombero era stata preceduta da polemiche e appelli: «Io non accettavo in toto la vicenda, per come si era sviluppata. Quel giorno ero in grande sofferenza psicologica; quelle persone non le avevo identificate come poliziotti perché non si erano qualificate come tali, non erano in divisa, e uno di loro mi riprendeva con una telecamera in mano».

     

    La parola «mostro», stando alla sua versione, era riferita «all’acquirente» dell’appartamento. «Mi sono rivolto all’ufficiale giudiziario, una professionista che conosco, che mi diceva che stava solo facendo il suo lavoro. A quel punto io le ho detto che in pratica era come un “boia”, un “becchino”». Davanti ai poliziotti avrebbe, a detta sua, manifestato quello «stato di sofferenza» in modo «sarcastico, burlesco, ironico, teatrale», perché quello è il suo «modo di esprimersi». Non si considera dunque, una persona che arriva a «oltraggiare un pubblico ufficiale».

     

    In tribunale, dove è difeso dall’avvocato Roberto Iannaccone, ha aggiunto anche di aver chiesto quel giorno di poter suonare il suo pianoforte «per l’ultima volta», raccontando di aver suonato Beethoven talmente «forte» da farsi «sanguinare le mani». Per Castoldi le aule giudiziarie non sono un ambiente nuovo. 

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