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    “NON LO ALLONTANO, MI FIDO DI LUI, ABBASTANZA” - DOPO LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE (SECONDO CUI IL PROF NON HA BISOGNO DI UN AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO) IL FILOSOFO GIANNI VATTIMO RIBADISCE FIDUCIA NEI CONFRONTI DEL FACTOTUM SIMONE CAMINADA CHE SI TOGLIE I MACIGNI DAI MOCASSINI: “ALTRI HANNO FATTO DEL MALE A VATTIMO. QUELLE STESSE PERSONE CHE ADESSO TESTIMONIANO CONTRO DI ME. LORO SONO SPARITI, IO INVECE MI OCCUPO DI LUI" – LE ACCUSE DEI SOLDI SPARITI NEI CONTI CORRENTE DI VATTIMO - VIDEO


     
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    Massimiliano Peggio per “la Stampa”

     

    vattimo simone caminada vattimo simone caminada

    «Che cosa diciamo?» Il professor Vattimo rivolge la domanda al suo fedele factotum, Simone Caminada, con un filo di voce, alzando appena la testa. Nella sua casa museo, in via Po, s' improvvisa una conferenza stampa per parlare delle traversie giudiziarie, delle perizie discordanti, delle accuse al suo collaboratore-compagno che tengono banco in tribunale, dei soldi spariti dai conti correnti. Invenzioni? Esagerazioni dei giudici? Allora professore si fida del suo collaboratore? «Sì, abbastanza».

     

     

    Storia di una fulgida mente in declino. Gianni Vattimo, adesso, ha 86 anni. I fatti vivisezionati a più riprese da giudici e periti risalgono ad alcuni anni fa. Per la Cassazione civile, come sentenziato l'altro ieri, il professore è in grado di disporre dei sui beni liberamente e non ha bisogno di un'amministrazione di sostegno. Per la procura no, sarebbe manipolabile, incapace di badare ai propri beni.

     

    simone caminada e gianni vattimo 2 simone caminada e gianni vattimo 2

    Si sente manipolato dal Simone? «No, mi fido di lui» risponde, interrompendo il suo silenzio, che sembra quasi un torpore. Il suo giovane assistente è sotto processo e si difende. Elettrizzato dalla sentenza della Cassazione, si lancia una lunga filippica contro la giustizia penale, che lo vede come un impostore.

     

    «Altre persone hanno fatto del male a Gianni, e sono sparite. Quelle stesse persone che adesso testimoniano contro di me». Caminada è istrionico, a tratti affabulatore, buon eloquio. Già in aula, la sua deposizione da imputato, era stata definita uno show. Vattimo ascolta la conferenza stampa improvvisata, annuisce, risponde a monosillabi alle domande. Osservandolo, i ricordi sgorgano crudeli, nell'immaginarlo ancora il professore che ammaliava schiere di studenti, che intervistava Fidel Castro, che firmava arguti articoli per la Stampa, scandagliando il pensiero del Novecento in inesorabile declino.

     

    simone caminada e gianni vattimo 1 simone caminada e gianni vattimo 1

    Oggi appare così fragile su una sedia a rotelle, le sue mani sottili, consumate dalla malattia. A tratti gli occhi scrutano gli interlocutori. Mentre il suo vulcanico assistente, in bretelle nere e camicia bianca, se la prende con la Finanza, con i magistrati, racconta di parassiti che hanno attinto al patrimonio del professore fingendo amicizia, amore. Lui no, Gianni è la sua famiglia, e chi lo accusa di averlo circonvenuto si sbaglia di grosso. «Gianni ha la delega sul mio conto ed io sul suo. Siamo una cosa sola.

     

    Siamo una famiglia». E spiega la sua verità. «Gianni deambula poco e male, ma ha la capacità di telefonare a chiunque. E' lucido. Gli voglio bene. Sono rimasto qui nonostante tutto quello che è successo». Poi snocciola cifre, depositi bancari. «Mi sono sempre occupato delle spese, di pagare gli stipendi della badanti. Ho amministrato la casa. Anche se il concetto suona enorme, non amministro un'azienda, faccio quello che fanno tutte le persone in una famiglia».

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    Va bene, ma come la mettiamo con il testamento e tutto il patrimonio del professore, che è stato anche parlamentare? «Sì, formalmente l'atto dice che sono proprietario dei quadri e della biblioteca, ma tutti questi beni sono vincolati e dovranno essere donati a università ed enti». La realtà che circonda oggi il professore, così come emerge all'apparenza, tra verità sfuggenti e dispute giudiziarie, non ha nulla di filosofico. E stride con i ricordi di quella casa, osservando il libro-reliquia di Pareyson su Fichte, la foto con Umberto Eco, i premi raccolti per le lezioni sull'ermeneutica.

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