1. SHARON, L’ULTIMA TELEFONATA «MI HA ACCOLTELLATO» IL COMPAGNO IN CASERMA
Estratto dell’articolo di Federica Zaniboni per “il Messaggero”
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Ancora una volta Sergio Ruocco, indossando la tuta bianca della scientifica, si è presentato insieme ai carabinieri nella vecchia abitazione, posta sotto sequestro, di Terno d'Isola. Ad appena 24 ore di distanza dal primo sopralluogo, l'idraulico 37enne è tornato nuovamente nella casa in cui fino al 29 luglio abitava con la compagna Sharon Verzeni, assassinata in strada quella notte stessa mentre passeggiava per le vie del paesino della Bergamasca.
Anche ieri, così come il giorno prima, si è trattato di un'ispezione di appena pochi minuti. Giusto il tempo di prendere e portare via alcuni oggetti che potrebbero rivelarsi utili alle indagini. «Sharon non aveva un pc», ha spiegato Sergio alle telecamere […]. «Hanno prelevato altri dispositivi, cellulari e computer. Io ne avevo più di uno».
sharon verzeni sergio ruocco
Nemmeno una parola, però, su ciò che ha dovuto fare dopo il sopralluogo. Per la terza volta dal giorno del delitto, Ruocco è stato infatti convocato alla caserma dei carabinieri, dove vi sarebbe rimasto più di due ore. A quanto si è saputo, la sua presenza era necessaria per alcune attività investigative, probabilmente anche legate anche all'accesso ai dispositivi informatici sequestrati. Non un interrogatorio, quindi, dopo i due ai quali è già stato sottoposto nelle scorse settimane.
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Nella notte tra il 29 e il 30 luglio, quando Sharon è stata aggredita in via Castegnate poco prima dell'una mentre era fuori per una passeggiata, il compagno è stata la prima persona ad essere sentita dagli investigatori. I primissimi sospetti si erano immediatamente concentrati su di lui, fino a che il suo alibi non è stato confermato dalle telecamere.
Sergio, al momento del delitto, era già a letto e, stando a quanto immortalato dagli occhi elettronici, non sarebbe più uscito di casa quella notte. La decisione di ascoltarlo una seconda volta, però, riguarda la necessità dei militari di scavare più a fondo nella vita della donna.
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[…] Chiunque abbia aggredito Sharon, sferrandole tre fendenti alla schiena e uno al torace, si è dato alla fuga prima che lei perdesse i sensi, lasciandole il tempo di chiamare il 112 per chiedere aiuto. «Mi ha accoltellata», ha detto la 33enne al telefono con il centralino del numero unico di emergenza, subito prima di accasciarsi a terra. Non un generico «mi hanno», quindi, come era emerso inizialmente, ma al singolare, riferito forse a una persona ben precisa. Una persona che lei deve essere riuscita a vedere in volto e che potrebbe addirittura aver riconosciuto […].
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L'arma del delitto, che dal tipo di ferite risulta essere una lama, non è ancora stata trovata. Alcuni coltelli erano stati rintracciati in zona nelle ore successive all'omicidio e inviati ai Ris di Parma per capire se uno di questi potesse essere collegato alla 33enne.
Al momento, però, non sembra esserci stato alcun riscontro e la ricerca dell'arma continua anche tramite i metal detector nei campi intorno all'area in cui viveva la coppia. Proprio sull'impugnatura dell'arma potrebbero esserci infatti tracce di chi l'ha afferrata per uccidere Sharon. Proseguono intanto le audizioni di chi conosceva e frequentava la vittima […].
[…] Il fascicolo d'indagine per omicidio è sempre senza indagati, anche se tutto il paese freme per avere risposte. Le domande e le suggestioni degli abitanti di Terno d'Isola passano da Scientology, organizzazione alla quale la donna ultimamente si era avvicinata, alla follia di un killer squilibrato. […] L'unico possibile testimone, che era affacciato alla finestra a fumare intorno a quell'ora, assicura di non avere visto né sentito nulla.
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2. QUEL FACCIA A FACCIA CON IL KILLER GLI INDIZI CHE PORTANO A BATTERE LA PISTA DELLA PREMEDITAZIONE
Estratto dell’articolo di Ilaria Carra e Rosario Di Raimondo per “la Repubblica”
L’ha guardata in faccia e l’ha colpita prima al petto e poi alla schiena. Quattro ferite profonde in pochi secondi. Con un coltello piuttosto grosso, di quelli che — si presume — l’assassino aveva con sé non per caso ma perché sapeva che l’avrebbe usato. E ancora: il killer ha colpito in un punto centrale del paese, non coperto da telecamere.
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A un orario insolito in cui — assicurano i familiari — Sharon Verzeni non era mai uscita prima per passeggiare. Da quello che le indagini finora raccontano, l’omicidio della barista non sembra frutto di improvvisazione ma di un piano. Studiato da qualcuno che l’aspettava e voleva ucciderla. È una pista, quella dell’assassino preparato e pronto a colpire.
[…] Perché quanto si sa finora di quella notte è che Sharon Verzeni viene colpita con efferatezza. Quattro coltellate, in rapida successione. Una vicino allo sterno e tre a metà schiena, tutte vicine pur se in punti diversi, all’altezza delle scapole. Prima davanti — suggerisce l’esame autoptico — e poi alla schiena. Sul suo corpo non ci sono poi altri segni o ferite particolari, se non alcune lievi ecchimosi sul braccio sinistro compatibili con le operazioni di soccorso. Segno che lei in quell’attimo non prova a difendersi.
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[…] Chi ha ucciso Sharon Verzeni non è per forza un professionista. Anzi. Da quanto emerso, l’omicida non avrebbe mirato a particolari punti vitali ma si è accanito sulla vittima con modalità compatibili più che altro con l’aggressione violenta da parte di una persona comune.
Di questo delitto ancora senza un perché, colpiscono altri dettagli che fanno pensare chi indaga a un piano studiato. Il luogo, prima di tutto: via Castegnate è una via stretta nel cuore del paese. All’una di notte c’è poca gente, molti sono in vacanza e chi c’è si sveglia presto per lavorare (l’omicidio avviene nelle prime ore di martedì).
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Il killer sceglie uno dei pochissimi fazzoletti di strada del centro non coperti dalle telecamere. Un caso? Bisogna anche dire che gli stessi investigatori avanzano anche il ragionamento contrario: chi prepara un piano e sceglie una via così centrale assumendosi l’imponderabile rischio che qualcuno veda? Forse solo qualcuno che conosce bene la zona e scommette sul paese che a quell’ora dorme (molte camere da letto, tra l’altro, danno sul retro), dove a tardo pomeriggio molte tapparelle sono già abbassate, ed è quasi impossibile essere visti.
I GENITORI DI SHARON VERZENI CON SERGIO RUOCCO
Non solo il luogo, ma anche l’orario colpisce. «Sharon non era mai uscita a quell’ora per andare a passeggiare», hanno detto i suoi genitori. Invece, quel lunedì 29 luglio, esce di casa a mezzanotte, cammina per due chilometri e mezzo, arriva in via Castegnate e proprio lì, proprio in quel momento, viene colpita.
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