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    “MI HANNO BRUCIATO 33 ANNI DI VITA” – PARLA BENIAMINO ZUNCHEDDU, IL PASTORE SARDO CONDANNATO DA INNOCENTE PER LA STRAGE DEL SINNAI DELL’8 GENNAIO DEL 1991 E LIBERATO A GENNAIO 2024: “MI SENTO COME UN BAMBINO CHE DEVE REIMPARARE A CAMMINARE. NUOVE AUTOMOBILI, I TELEFONINI, PERSINO UNA NUOVA MONETA, L'EURO. QUANDO MI HANNO ACCUSATO HO PENSATO CHE ERA IMPOSSIBILE, PERCHÉ NON ERO STATO IO. E HO PENSATO CHE UN GIORNO O L'ALTRO MI AVREBBERO LIBERATO...”


     
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    Estratto dell’articolo di Ermes Antonucci per “Il Foglio”

     

    BENIAMINO ZUNCHEDDU DOPO L ASSOLUZIONE BENIAMINO ZUNCHEDDU DOPO L ASSOLUZIONE

    “Mi hanno bruciato 33 anni di vita. Pensi a quante cose avrei potuto fare, io non ho potuto fare niente. E chissà quanti ce ne saranno ancora lì dentro, innocenti che non hanno la possibilità di uscire dal carcere”. A parlare al Foglio è Beniamino Zuncheddu, vittima del più grave errore giudiziario della storia del nostro paese.

     

    Ex pastore di Burcei (Cagliari), Zuncheddu, 60 anni, è stato condannato all’ergastolo per la strage del Sinnai dell’8 gennaio 1991, che costò la vita a tre persone, per poi essere assolto al termine di un processo di revisione lo scorso 26 gennaio, dopo quasi 33 anni passati in carcere. […]

     

    “Mi sento come un bambino che deve reimparare a camminare”, ci dice, riferendosi a tutto ciò di nuovo che ha trovato una volta fuori dal carcere: “Nuove automobili, i telefonini, persino una nuova moneta, l’euro”.

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    L’incubo di Zuncheddu comincia l’8 gennaio 1991 quando sulle montagne di Sinnai vengono uccisi tre pastori e una quarta persona rimane gravemente ferita. Inizialmente le indagini non portano a nessun risultato. L’unico superstite e testimone oculare, Luigi Pinna, riferisce agli inquirenti di non aver potuto riconoscere colui che aveva sparato perché aveva una calza da donna sul volto ed era notte.

     

    A fine febbraio Pinna cambia improvvisamente versione e indica Zuncheddu come autore della strage. Si scoprirà in seguito, dopo oltre trent’anni, che a suggerire a Pinna di individuare in Zuncheddu il colpevole era stato un poliziotto. “Il 28 febbraio 1991 alcuni agenti hanno suonato alla porta di casa e mi hanno portato in questura per accertamenti”, racconta Zuncheddu.

    beniamino zuncheddu 1 beniamino zuncheddu 1

     

    “Non sapevo per che cosa fossero quegli accertamenti. Poi i poliziotti mi hanno interrogato e mi hanno detto che avevo fatto una strage. Ovviamente avevo sentito degli omicidi, lo avevo letto sui giornali e basta. Mi hanno preso e mi hanno portato in una stanza, una specie di magazzino.

     

    La spalliera della sedia era appoggiata a un termosifone. Mi hanno ammanettato il polso sinistro al tubo del termosifone, in alto, così il braccio rimaneva alto sulla testa, e mi hanno lasciato seduto lì tutta la notte, fino alle 9 del mattino. La mattina dopo non sentivo più il braccio. Sono venuti i carabinieri, mi hanno preso e mi hanno arrestato, senza dirmi niente”.

     

    irene testa - Beniamino zuncheddu irene testa - Beniamino zuncheddu

    Quando le hanno detto che era accusato di aver compiuto la strage cosa ha pensato? “Ho pensato che era impossibile, perché non ero stato io. Non ero stato io. E ho pensato che un giorno o l’altro mi avrebbero liberato, perché avevo anche dei testimoni. Invece non è stato così”, risponde Zuncheddu. […]

     

    Come è stata l'esperienza in carcere? “E’ stata dura, perché è un mondo diverso, non conosci nessuno”, racconta Zuncheddu. “E’ come essere buttati in mezzo alla giungla. Io comunque ho sempre rispettato gli altri detenuti e sono sempre stato rispettato. Anche perché devi convivere, devi stare insieme 24 ore su 24 e non devi trascorrere lì dentro uno o due giorni, ma anni. Ci si deve adeguare”.

    IRENE TESTA BENIAMINO ZUNCHEDDU SIMONE MONNI IRENE TESTA BENIAMINO ZUNCHEDDU SIMONE MONNI

     

    Gli altri detenuti credevano all’accusa di strage mossa nei suoi confronti? “No, non ci credeva nessuno. Non ci credevano neanche le guardie carcerarie, perché è impossibile. Un ragazzo di 26 anni che fa una strage? E’ una cosa impossibile”.

     

    Le cattive condizioni delle carceri italiane sono purtroppo note. “Le carceri sono sempre state sovraffollate. La convivenza è un po’ dura perché ci sono magari celle per due persone e invece ne vengono messi dentro quattro, e lo spazio è sempre più ristretto. Nelle celle da quattro magari ne vengono messi dieci. Il sistema è sempre quello”, dice Zuncheddu.

     

    […] Ci sono stati momenti in cui le è partita, la testa? “No, no. Diciamo però che il corpo era sempre lì, ma la mente era sempre fuori”. E cosa pensava? “Pensava che un giorno o l’altro sarei uscito per forza dal carcere, che qualcuno avrebbe capito che ero innocente”.

    A crederci è stato innanzitutto l’avvocato Mauro Trogu, che nel 2016 assunse la difesa dell’ex pastore sardo.

    BENIAMINO ZUNCHEDDU ESCE DAL CARCERE BENIAMINO ZUNCHEDDU ESCE DAL CARCERE

     

    Attraverso le sue indagini difensive, nel 2019 Trogu riuscì a convincere l’allora procuratrice generale di Cagliari, Francesca Nanni, ad aprire un processo di revisione per esaminare le nuove prove a sostegno dell’innocenza di Zuncheddu. Nanni giunse alla conclusione che la strage non era legata a presunti dissidi fra allevatori, bensì a un sequestro di persona che si era consumato in quella zona nello stesso periodo.

     

    “Quando la procuratrice Nanni decise di occuparsi della vicenda fui contentissimo, perché era una persona importante e solo lei poteva riaprire un caso del genere. Questo è avvenuto grazie all’avvocato Trogu, che ha lavorato giorno e notte. In quel momento mi sono rincuorato un po’. Mi sono detto ‘questa volta mi sa che ce la facciamo’”.

     

    In effetti, riaperto il caso, la procura autorizzò nuove intercettazioni ambientali nei confronti del superstite Luigi Pinna dalle quali emersero ammissioni e anche parziali pentimenti sull’accusa rivolta oltre trent’anni prima nei confronti di Zuncheddu.

     

    BENIAMINO ZUNCHEDDU BENIAMINO ZUNCHEDDU

    Nonostante l’emergere di elementi che scagionavano l’ex pastore, però, il processo di revisione è rimasto praticamente fermo per tre anni, mentre le richieste di scarcerazione venivano respinte. “Avevo diversi testimoni a mio favore, ma non hanno creduto a nessuno. Hanno creduto all’unico superstite che ha cambiato sempre versione. Prima non aveva visto nessuno, poi mi aveva visto ma con una calza in testa. Qual è la versione giusta?”, incalza Zuncheddu.

     

    “Non capivo perché la scarcerazione veniva sempre negata”. Si arriva così alla primavera-estate del 2023, quando Zuncheddu subisce un crollo fisico e psicologico evidente. “La vista mi era calata, avevo perso quasi tutti i denti e avevo dei mal di testa fortissimi. Non ce la facevo più”, racconta. L’avvocato Trogu decide così di rivolgersi a Irene Testa, Garante dei detenuti della Sardegna e tesoriera del Partito radicale, che inizia subito a occuparsi del caso e a portarlo all’attenzione dell’opinione pubblica.

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    Attorno alla vicenda si sviluppa una mobilitazione condotta dal Partito radicale e da alcuni organi di informazione. “Anche i miei compaesani sono stati tutti solidali, molti di loro sono venuti a Roma per assistere alle udienze del processo”, ricorda Zuncheddu.

     

    Il 27 novembre arriva la svolta: Zuncheddu viene rimesso in libertà dopo quasi 33 anni di carcere. “All’inizio non ci ho creduto. Poi quando mi hanno risposto che non stavano scherzando, ho preso alla rinfusa le mie cose e mi sono ritrovato fuori dal carcere, quello di Cagliari Uta. D’istinto, ho cominciato a incamminarmi verso casa. Ho pensato: prima che ci ripensano e magari mi rimettono dentro” (ride).

     

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    “Poi mi sono fermato e ho chiamato i miei famigliari, che mi hanno riportato a Burcei. Lì c’erano tutti i miei compaesani che mi aspettavano. Hanno organizzato una festa con i fuochi d'artificio. E’ stata una cosa bellissima, emozionante”.

     

    L’epilogo è giunto lo scorso 26 gennaio, quando la Corte d’assise d’appello di Roma ha assolto Zuncheddu al termine del processo di revisione. “Dopo la sentenza ho pensato subito di rientrare a casa. Mi sono sentito un po’ stordito”, racconta l’ex pastore, aggiungendo: “Se non ci fosse la mia famiglia, oggi dormirei per strada. Dopo aver bruciato 33 anni della mia vita, lo stato non sgancia una lira”. […]­­­

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