Emanuela Schenone per “la Stampa”
beatrice venezi
Il giorno dopo l'ennesima polemica, nata a margine delle manifestazioni per il centenario della morte di Giacomo Puccini, Beatrice Venezi, direttrice d'orchestra e consigliere per la musica del ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, fa il bilancio, con un po' di amarezza, di queste ultime giornate di fuoco, iniziate con il caso di Nizza, esploso in seguito alla notizia che l'artista dirigerà il concerto di Capodanno della filarmonica locale. «Il problema vero» dice Venezi «è chi dà credito e spazio a certe notizie incitando ulteriormente all'odio, perché poi è questo quello che succede alla fine».
La sua decisione di eseguire l'Inno di Roma è stata oggetto di critiche a sfondo politico: come risponde?
«Questo è un brano scritto nel 1919 per celebrare la fine della Grande guerra, non ha nessun tipo di riferimento ideologico, io credo che se si vuol fare un buon servizio alla musica di Puccini, si deve proporre questo brano, così come altri che sono stati etichettati dalla storia successiva e che andrebbero ricontestualizzati. La Germania in questo ci può dare una lezione, la musica di Wagner, che per molti anni è stata ostracizzata perché utilizzata nel periodo nazista, oggi è nella programmazione di tutti i teatri tedeschi: c'è stata una riconciliazione con la memoria storica».
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La sua scelta è stata una "provocazione"? Sapeva che avrebbe suscitato determinate reazioni?
«No, nessuna provocazione, solo la volontà di proporre un brano veramente bello, che non fa altro che cantare l'amore di patria, valore in cui non vedo niente di male. Ed è un brano che ha subìto un destino di oblio a causa di un pregiudizio. Devo dire che in questa mia scelta ho avuto pieno sostegno da parte del sindaco di Lucca Mario Pardini. Certo, non sapevo che per qualcun altro, invece, il brano potesse rappresentare un problema».
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Come giudica tutto questo?
«Beh mi fa un po' ridere se penso che qualche anno fa questo brano è stato eseguito da Andrea Bocelli, se non ricordo male alla presenza di Gentiloni e Franceschini, e nessuno ha detto niente. Non capisco da dove nasca la polemica».
Si sente vittima di una campagna negativa che alimenta ostilità nei suoi confronti?
«Sì, basti pensare che la notizia dei contestatori di Nizza – riportata per prima da La Repubblica – riguardava uno sparuto gruppetto di una ventina di persone e dare loro credito contribuisce ad alimentare un brutto clima».
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È un'ostilità dovuta alla sua vicinanza all'attuale governo?
«In realtà esiste da tempo, perché io non mi sono mai allineata, ci tengo a precisare che non ho mai preso una tessera di partito, ma al di là della questione politica non ho mai ceduto al pensiero unico. Insomma, ho sempre nuotato controcorrente, anche se è piuttosto faticoso. Però lo faccio per le cose in cui credo e su cui vorrei avere un confronto aperto, invece nel nostro Paese la dialettica assume sempre toni poco democratici».
Si riconosce in quest'etichetta di "neofascista" che è le è stata appiccicata addosso?
«Le chiedo: ho mai fatto una dichiarazione che possa andare in quel senso? Ho mai fatto dichiarazioni omofobe o a favore di una qualche forma di totalitarismo? Anzi, ho sempre pronunciato parole di massima libertà, a sostegno della libertà della cultura. Per questo sono allibita dall'acredine con cui vengo attaccata e dall'uso scellerato di una terminologia che non ha ragione di esistere».
Si riferisce anche alle polemiche d'Oltralpe?
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«Certo, definire neofascista questo governo democraticamente eletto, e a furor di popolo, mi sembra assurdo (...)
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