la voce di marco vizzardelli
Estratto dell’articolo di Pierluigi Panza per il “Corriere della Sera”
Marco Vizzardelli
Marco Vizzardelli, 65 anni, giornalista e melomane, loggionista, partiamo dall’episodio: perché ha gridato «Viva l’Italia antifascista»?
«Non ho gridato come mio solito — ride —, l’ho detto ad alta voce. Mi inquietava la composizione del palco con Segre messa in mezzo e mi sono chiesto cosa fare. Ero sulla sinistra in Prima galleria e in Seconda, prima dell’Inno, uno che conosco ha urlato “No al fascismo”. Alla fine dell’Inno, con moto istintivo ho detto “Viva l’Italia antifascista”».
Poi?
«A metà del primo atto si è avvicinato uno e ho capito che era un poliziotto in borghese. Finito l’atto si è palesato e mi ha chiesto le generalità, ma io me ne sono andato. Allora mi hanno raggiunto nel foyer quattro della Digos e mi hanno ricordato che non dare le generalità è reato. Ho detto che sarebbe stato reato se avessi detto “Viva l’Italia fascista”. Questi hanno sorriso e poi abbiamo fotografato la carta di identità con il mio telefonino, perché il loro funzionava male, e gliela ho inviata. C’è stata cordialità, ma mi è parso sconcertante».
palco reale don carlo prima della scala
Salvini ha detto che alla Scala non si sbraita. La Russa di non aver sentito le urla.
«La Russa da uomo spiritoso ha reagito meglio di Salvini. Io non posso ammettere nel 2023 alcunché che abbia a che fare col fascismo, busti di Mussolini e cose del genere. Quanto al leader della Lega non credo che sia nato con idee politiche di destra, ma non sopporto un minimo odore di razzismo.
Magari lui non lo è, ma lo appare nei fatti, lo fa apparire proprio lui nei fatti, nella sua comunicazione, basta vedere come aveva commentato la vittoria di Mahmood a Sanremo».
IGNAZIO LA RUSSA - MATTEO SALVINI - LILIANA SEGRE - BEPPE SALA - GENNARO SANGIULIANO - CHIARA BAZOLI - INNO DI MAMELI - PRIMA DELLA SCALA 2023
Cosa pensa della presenza della Digos in teatri e musei?
«Può essere una misura di sicurezza se attuata con molta discrezione. Giovedì sera erano davvero tanti, ronzavano attorno con sguardi severi, sebbene lo capisco perché era la Prima della Scala. Sulla loro presenza nei musei sarei più perplesso: si deve godere dell’estetica tranquillamente e mi sembra che ci sia un po’ di ansia di sicurezza».
Pensava che il suo gesto avrebbe suscitato tanto clamore politico?
«Sono sorpreso, sono già stato cercato dal Pd, ma comunque io non sono strumentalizzabile né da chi mi dà dell’ultimo giapponese di sinistra né dal Pd che mi tira per la giacchetta».
Marco Vizzardelli
Quando ha scoperto l’opera lirica?
«Sono nato a Milano e avevamo un palco alla Scala in famiglia. La prima opera dal vivo che ricordo fu La Valchiria di Sawallisch e Ronconi. La mamma mi raccontava i libretti d’opera».
Perché ha fatto il giornalista di ippica e non d’opera?
«Anche quella una passione familiare. Mio zio era un nume dell’ippica italiana e si parlava anche di cavalli da corsa. Una divenne l’attività professionale; l’altra la passione dominante».
Meglio Ascot o la Scala?
«Entrambi, ora la Scala perché l’ippica italiana è in crisi e non ha una diffusione pari dell’opera. Ma invito tutti ad andare una volta nella vita all’ippodromo di Merano».
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Nel ’92 era tra quelli che hanno fischiato Pavarotti al «Don Carlo»?
«C’ero, forse ho fatto qualche “buu” a Riccardo Muti, ma non a Pavarotti, non fischio i cantanti».
FRANCESCA VERDINI - MATTEO SALVINI PRIMA DELLA SCALA 2023
La legge sui 70 anni dei sovrintendenti e il futuro di Meyer?
«Hanno fatto un pateracchio generale: Lissner, Fuortes, Meyer... Una idea non lungimirante. Bisogna scegliere con senno, non guidati da faziosità o assurdità».
LILIANA SEGRE ORNELLA VANONI - PRIMA DELLA SCALA 2023 Marco Vizzardelli