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    "MI ISPIRO A 'PARENTI SERPENTI' DI MONICELLI. ANCHE QUI C'È UNA FAMIGLIA CHE NON VEDE L'ORA DI AVVENTARSI SU UN'EREDITÀ" – DAMIANO MICHIELETTO APRE IL SIPARIO SUL FILM-OPERA "GIANNI SCHICCHI" CHE DEBUTTA AL TORINO FILM FESTIVAL – “HO TRASFORMATO SCHICCHI IN NAPOLETANO MA NON È TANTO LA CONNOTAZIONE REGIONALE A IMPORTARMI” - L’INFLUENZA DI WES ANDERSON


     
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    Egle Santolini per “La Stampa”

     

    GIANNI SCHICCHI MICHIELETTO GIANNI SCHICCHI MICHIELETTO

    «Il prologo l'ho scritto io. Buoso Donati guarda in macchina e ringrazia il pubblico: siete i primi a sentire le mie parole da morto, dice. Poi racconta la sua vita: i parenti, il lavoro di antiquario, il perché ha deciso di lasciare tutto ai frati. Buoso è Giancarlo Giannini: quella faccia, quella voce. Ci ha regalato il suo tocco. L'effetto è notevole».

     

    Al suo esordio nel cinema, il regista d'opera Damiano Michieletto apre il sipario sul Gianni Schicchi di Puccini che inaugura un nuovo corso per la sua vita artistica. Produce la piccola Genoma Film, riprese in Val d'Orcia, a maggio, tra ville e conventi. Debutto al TFF, poi le sale, poi approdo in tivù, probabilmente Rai.

    damiano michieletto damiano michieletto

     

    Si ha l'impressione che al cinema lei pensasse da tempo. E non voglia fermarsi qui.

    «Un attimo, bisogna costruirsi un percorso, senza saltare le tappe. Poi, perché no? Qualcos' altro potrebbe arrivare. Ci ragiono da un po', ma intanto mi son detto: cominciamo da quel che conosco».

     

    Cioè dall'opera.

    GIANNI SCHICCHI MICHIELETTO GIANNI SCHICCHI MICHIELETTO

    «Ma adoperando il libretto come una sceneggiatura, da cui scaturiscono location e relazioni fra i personaggi. Magari inserendo certi loro incubi. C'è un momento, quello dell'Addio, Firenze, in cui si immaginano già in galera.

     

    E c'è un'altra sequenza, a montaggio alternato, dove ai parenti diseredati si contrappongono i frati che fanno festa per la fortuna che gli è capitata.

     

    L'effetto è un po' quello di un musical. Schicchi, del resto, l'avevo già fatto, sempre in ambientazione moderna. Di medievale ha davvero poco».

     

    E i personaggi sono eterni, perfette incarnazioni di certi difetti nazionali: avidi, imbroglioni, ipocriti. Tra le ispirazioni lei cita espressamente la commedia all'italiana.

    michieletto michieletto

    «Monicelli in particolare: Parenti serpenti. Anche qui c'è una famiglia che non vede l'ora di avventarsi su un'eredità. I Donati li vedo come altoborghesi, chiusi, un po' razzisti, molto, molto legati al soldo».

     

    È vero che ha trasformato Schicchi in napoletano?

    PUCCINI PUCCINI

    «Sì, ma non è tanto la connotazione regionale a importarmi. Schicchi (Roberto Frontali) è un tipo istrionico, caustico, ironico, certo viene dalla strada, avrà avuto una giovinezza criminale. I Donati non si fidano: lo considerano un furbacchione, uno un po' losco».

     

    Ma con un cuore. E con una figlia incinta.

    «Quella è un'altra licenza che mi sono preso. Che Schicchi si decidesse ad aiutare i Donati dopo il Mio babbino caro mi è sempre sembrato un po' forzato, troppo sentimentale. Invece, il fatto che pensi al nipote e alla discendenza mi pare più convincente: e l'aria di Lauretta (Federica Guida), funziona particolarmente bene».

    mario monicelli mario monicelli

     

    Con quello di Monicelli, lei ha buttato lì il nome di Wes Anderson. Ci spiega?

     «Del suo cinema mi piace la qualità non realistica, teatrale, molto costruita. In sintonia con la trasposizione in film di un'opera. Perché a un certo punto i miei attori si mettono a cantare, e dunque realistici per forza non si può essere. Ho cercato un sapore di teatralità che valorizzasse il canto».

     

    Adesso che è nel club a tutti gli effetti, i suoi registi e i suoi film preferiti?

    «Kubrick sopra gli altri per la versatilità totale, poi il grande cinema italiano e tutti ma proprio tutti i musical, da Cantando sotto la pioggia a Dancer in the Dark di Lars Von Trier. Tra i più recenti, Bong Joon-ho: Parasite e non solo».

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