Estratto dell’articolo di Laura Piccinini per “U - la Repubblica”
Jonathan Safran Foer
Italiani, newyorkesi, lo spoiler è che Jonathan Safran Foer viene a vivere in Italia. A Roma, per un po’. La scommessa è trovare una brownstone stile Brooklyn, come quella da cui parla: «Dalla stanza di mio figlio, che è a scuola, ed è veramente nice». […]
Il risultato è che in senso architettonico, ma pure esistenziale a giudicare dall’allegrezza contagiosa, per JSF oggi ogni cosa è illuminata. Il giardinaggio è una delle attività e metafore preferite, ora che per lui è più importante il verbo «crescere» anziché il carrierista «ottenere». […]
I suoi saggi hanno prodotto più vegani che le pellicce imbrattate da Peta, a partire da Se niente importa. Perché mangiamo gli animali? proseguito con lo spin-off sul climate change Possiamo salvare il mondo, prima di cena. […]
Jonathan Safran Foer gioca a ping pong nella sua casa di Brooklyn
A 47 anni e una figlia di uno e mezzo, JSF ha ribaltato la classifica delle sue identità, mettendo al primo posto quella di padre (che gli farà scoprire cosa significa spingere un passeggino per le strade di Roma). Poi lo scrittore, con un altro libro in uscita («Un romanzo comico, ma con un’idea serissima che è quanto deve lottare la gente per dare un senso alla vita»). Infine il lavoro da prof di Scrittura Creativa alla NYU.
«Abbiamo tutti diverse identità e ci restano addosso, ma l’importanza che dai a ciascuna cambia nel tempo. All’inizio insegnare era un modo per avere l’assicurazione sanitaria. Da “vecchio” mi pare di aiutare meglio i miei studenti. E stasera la classe viene da me per le celebrazioni di fine semestre». Nella sua “Birds House”, come l’ha ribattezzata con i figli («Mi piace organizzare le case intorno a un’idea, come coi libri»), c’è un tavolo da ping pong «fatto dai miei amici e ottimo per mangiarci se ho gente a cena. Ma a fine serata una partitella con uno dei miei ragazzi me la faccio sempre».
LAVORI E TRAFFICO PIAZZA VENEZIA - ALTARE DELLA PATRIA
LAURA PICCININI: Com’è che è così felice?
JONATHAN SAFRAN FOER: «Ragione uno. È come se avessi avuto l’accesso a una time-machine, il potere di andare indietro nel tempo che è uno dei motivi per cui ci piacciono romanzi e film. Un flashback, tipo reinnamorarsi a sorpresa. Una delle tragedie della vita è non poter applicare le lezioni che ti dà, perché è quasi sempre troppo tardi. Io se fossi un teenager rifarei tutto diversamente, se poi avessi il corpo di un 20enne…
la casa a Brooklyn di Jonathan Safran Foer
Improvvisamente sono in questo rewind, grazie a una figlia piccola ora che Cy e Sasha hanno 15 e 18 anni, a 10 dal divorzio. È femmina, si chiama Alba perché cercavamo un nome corto, italiano e che ricordasse il bisnonno Abraham. Sua madre Greta è un po’ italiana e portoricana, un po’ irlandese ed ebrea. Vero mix, a proposito di identità».
LP: La ragione due?
JSF: «È imbarazzante ammetterlo, ma non avrei mai immaginato di apprezzare tanto la gentilezza. E ora mi sembra di essere precipitato in questa bontà estrema, che non è quella dei bambini. Non la gentilezza di chi ti dice sempre sì, ma di chi pronuncia anche dei no. Del vedere le persone e permettere loro di vederti. Crescere o invecchiare, una via di mezzo tra le due cose, è realizzare che qualcosa che pensavi importante è diventata obsoleta. O lo studente che si è appena sposato e mi ha chiesto di leggere una poesia al suo matrimonio, precisando che il successo dei miei libri non era niente di speciale rispetto al dedicargli qualcosa. E mi ha commosso. Anche se piango di più per le cose che mi fanno ridere».
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Jonathan Safran Foer
LP: La butta spesso sul comico, tra amplessi e catastrofi. È il jewish humor, da Philip Roth a lei?
JSF: «È da quando ero ragazzino che sono attratto dalle cose non concesse. Ho un debole per le battute su Olocausto o 11 settembre, ti portano a un punto di estremo disagio per farti realizzare che il peggio è passato.
Capovolgere tutto con una battuta è il modo migliore per affrontare cose a cui non vogliamo avvicinarci, perché spaventati e umani. Ma non credo sia la solita storia dell’educazione ebraica, i miei fratelli Franklin e Joshua, uno giornalista politico e l’altro matematico, non sono grevi come me. Io adoro camminare sul filo di quello che è appropriato o no. Ogni ragazzino attraverso il gioco lo fa. È la cosa affascinante e terribile dei ragazzi sui social».
la casa a Brooklyn di Jonathan Safran Foer
LP: Sta parlando dell’età dei suoi figli?
JSF: «La loro generazione ha l’ansia di dire la cosa sbagliata, hanno il terrore di essere puniti magari a colpi di commenti. Ma ogni cosa importante che impariamo viene da un errore, non da un risultato! Come nella politica, il dibattito sul Medio Oriente è un esempio perché richiederebbe di trovare una strada comune, ma tutti pensiamo di sapere come la pensano gli altri. Il confronto non è previsto. Sui social questo è amplificato.
Quando ero giovane io, se dicevi qualcosa lo sapeva solo chi era nella tua stanza. Oltre al fatto che i social premiano violenza, rabbia, urla. Fanno sembrare fico prendere virtualmente a pugni chi dice qualcosa per sbaglio, rovinargli la vita per esercizio di potere. Elimina la possibilità di imparare dagli altri. Noi siamo fortunati a essere per metà digitali, gli adolescenti no. Ma è ingiusto dire che devono rimanerne fuori».
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Jonathan Safran Foer
LP: Vale dalle guerre alle elezioni…
JSF: «In America gli elettori sono spaccati a metà. Una volta vince una parte e la volta dopo l’altra, ma dire che l’altra metà è idiota non risolve niente. L’unica è dire: “Non sono minimamente d’accordo con te, ma capisco da dove viene la tua idea”.
Chiunque non riesca a capire perché palestinesi o israeliani pensano ciò che pensano, non ci sta provando abbastanza. Dobbiamo cambiare leader, con questi non ne usciremo. La speranza è che si arrivi a far dire agli israeliani: “Non vogliamo più Netanyahu” e ai palestinesi: “Hamas non ci rappresenta”».
LP: Cos’ha mangiato stamattina?
JSF: «Mi bastano un paio di caffè. Suggerisco di cominciare da lì a rinunciare a qualcosa, cose di cui ci importa meno. Il “metodo” è riconoscere potere e limiti dell’individuo. La tua partecipazione non salverà il mondo, ma il mondo non può essere salvato senza di te».
jonathan safran foer possiamo salvare il mondo, prima di cena
LP: Di cosa ha paura oggi?
JSF: «Per ora non ho così paura. Mi prendo cura di me, non rimando più le visite dal medico. Faccio come quella donna “beccata” a mangiare durante una carestia, che ha risposto: “Sto nutrendo la madre dei miei figli”. Anch’io sento di dover nutrire, metaforicamente, il papà dei miei figli. Ma con i rituali quotidiani ho smesso, non c’è più tempo da perdere».
LP: Da padre di adolescenti è preoccupato per la pornografia online?
JSF: «Il porno c’è sempre stato. Due cose sono cambiate: è estremamente accessibile e ha una natura più violenta e degradata. Ma le fantasie sono parte della nostra vita, vale quello che mi diceva mio padre per le parolacce, dipende dall’uso che ne fai». […]
LAVORI E TRAFFICO PIAZZA VENEZIA - ALTARE DELLA PATRIA
LP: Le mancherà New York?
JSF: «Non è per sempre, solo un anno. È un’opportunità, abbiamo un sacco di amici lì. Roma è cosmopolita e intima, caotica e umana».
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