Michele Serra per “la Repubblica”
michele serra (2)
Siccome il razzismo è un problema serio, e le curve degli stadi sono davvero un moltiplicatore di violenza e volgarità, bisognerebbe evitare di costruire "casi" come quello di Brescia, che con il razzismo c'entrano poco o addirittura per niente. Il calciatore che, per festeggiare la promozione in serie A, intona il coretto irridente sui rivali «terùn» del Lecce e del Palermo non fa che perpetuare le vecchie prese per i fondelli che echeggiano, su al Nord, dalla notte dei tempi.
Fin dalle elementari (venivo da Roma) presi confidenza, a mie spese, con l'epiteto di "terrone", un poco ottuso nel suo provincialismo goto-padano eppure mai davvero spregiativo: e anzi udito in seguito, infinite volte, nei bar e nei posti di lavoro, con tonalità confidente e quasi affettuosa.
aldo giovanni giacomo
Nella Milano di Jannacci e del Derby e poi di Abatantuono e poi di Aldo, Giovanni e Giacomo, «terùn» non è mai stato un termine razzista, semmai rudemente inclusivo; e ricambiato con uguale dileggio. Nella tipografia dell'Unità dove in pratica sono cresciuto, lo sfottò tra indigeni e terroni era ininterrotto e colorito, «dove hai parcheggiato il cammello?» il benvenuto per i meridionali, «a casa di tua moglie» una risposta frequente, e nessun incidente etnico venne a turbare quella vivace convivenza.
Un lessico censurabile in Parlamento non lo è sotto una curva di stadio e un centravanti non è tenuto a parlare come un ministro. Offendersi ogni dieci minuti e gridare al razzismo ogni venti non aiuta a mettere a fuoco le offese vere e il razzismo vero.