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    MILAN SECRETS BY ADRIANO GALLIANI – GATTUSO CHIUSO A CHIAVE NELLA STANZA DELLE COPPE, ERDOGAN CHE LO SALVO’ A ISTANBUL E IL CAV CHE SI INCAZZO’ CON LUI E CAPELLO PER UNO 0-0 CON IL CELTA (“IL BEL GIOCO PRIMA DI TUTTO”) – MARINA BERLUSCONI FURIOSA PER L’ACQUISTO DI RUI COSTA, IL MANCATO INGAGGIO DI SARRI (“CAMBIAI IDEA QUANDO LESSI CHE AVEVA DICHIARATO: RENZI È ADDIRITTURA PEGGIO DI BERLUSCONI”) E RONALDO: “FACEVA LA SCARPETTA NEL VASSOIO DEGLI SPAGHETTI AL POMODORO. ANCELOTTI LO PRENDEVA IN GIRO: FENOMENO, ALMENO SAI CHI TI MARCA DOMANI? E LUI: IO NO, MA LUI SA CHE…” – L’INTERVISTA DA FAZIO


     
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    Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”

     

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    silvio berlusconi adriano galliani silvio berlusconi adriano galliani

    Da qui il primo incontro con Berlusconi, di cui lei racconta nel nuovo libro scritto con Luigi Garlando, Memorie di Adriano G.

    «Per prima cosa mi chiese come la pensavo».

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    Quando prendeste il Milan salutaste Nils Liedholm.

    «Avevamo molto rispetto per il Barone. Ma si doveva cambiare passo. Liedholm era la flemma: in ogni albergo voleva la camera 5 o la 113 o quella il cui numero in totale facesse 5. Sacchi urlava nel sonno, stringeva i pugni, lanciava grida disumane. In campo allenava con il megafono. Alla fine gli olandesi non lo sopportavano più».

    adriano galliani adriano galliani

     

    Nel libro lei racconta che Sacchi stava per andare alla Fiorentina.

    «Lo intercettammo per strada. Quasi impossibile, nell’era pre-telefonini. Accettò di firmare in bianco. Io scrissi 300 milioni, meno di quello che prendeva in B al Parma. Lui pose una condizione: a ogni trofeo me li raddoppiate. L’anno dopo vinse lo scudetto, l’anno dopo ancora la Coppa dei Campioni. Faceva un miliardo e 200 milioni. Che fui felice di pagargli».

     

    Il primo grande acquisto fu Donadoni, sottratto ad Agnelli.

    «Berlusconi se ne innamorò durante una partita dell’Under 21. Ma stava all’Atalanta, e da sempre l’Atalanta vendeva i giovani migliori alla Juve. Il presidente invitò a cena per la sera dopo i Bortolotti, padre e figlio. Quando uscirono da Arcore, Donadoni era del Milan».

     

    Lei però rivela a Garlando che Agnelli intervenne per non farvi comprare Baggio.

    RUI COSTA GALLIANI RUI COSTA GALLIANI

    «Quella volta a Torino andammo in elicottero. Pensavo che ci avrebbero abbattuto. Invece arriviamo a corso Marconi, c’è anche Romiti, e Agnelli ci chiede di rinunciare a Baggio, introduce anche discorsi extracalcistici…».

     

    Quali?

    «La fusione tra Rinascente e Standa. Io capisco che Berlusconi ci sta ripensando e intervengo, alzo la voce. Agnelli mi richiama all’ordine: “Si calmi, non faccia così…”. Finì che Baggio andò alla Juve».

     

    Vialli vi disse di no.

    «Avevamo l’accordo con Mantovani, andammo a casa sua convinti di chiudere. Invece ci chiese, quasi beffardo: a Milano c’è il mare? Pensai: sei nato a Cremona, mi stai prendendo in giro? Invece sorrisi: a Milano2 abbiamo un laghetto bello come il mare. E lui: peccato, senza mare non riesco a vivere. Credo che in realtà Mantovani ci avesse ripensato. Così prendemmo Marco Van Basten. Il calciatore più forte che abbia mai visto».

    GALLIANI CON KAKA GALLIANI CON KAKA

     

    Il primo Milan di Berlusconi arrivò all’Arena in elicottero, al suono della Cavalcata delle valchirie. Una roba un po’ da mitomani.

    «L’elicottero fu un’idea di Berlusconi; la Cavalcata delle valchirie mia. Ricordavo Apocalypse Now: “Mi piace l’odore del napalm al mattino presto…” E pensare che nella mia vita mi sono dovuto ricredere su molti miti».

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    RONALDO GALLIANI RONALDO GALLIANI

    Nel 1989 vinceste la prima Coppa dei Campioni, contro lo Steaua Bucarest.

    «C’erano ancora Ceausescu e il Muro di Berlino. A Bucarest rastrellammo anche i loro biglietti, il Camp Nou era tutto rossonero. Portammo a Barcellona l’intero calcio italiano e mezza politica su un Jumbo. Era un’altra Italia».

     

    Lei ricorda che l’ultimo Pallone d’Oro uscito dalla serie A fu Kakà nel 2007, e teme che non ce ne sarà un altro.

    «Spero di sbagliarmi. Abbiamo le due squadre di Milano in semifinale, è un segnale in controtendenza. Ma la Premier fattura quattro volte più della serie A. I rapporti di forza sono troppo sbilanciati».

     

    carlo ancelotti adriano galliani nel 2008 carlo ancelotti adriano galliani nel 2008

    Un altro colpo di mercato fu Ancelotti.

    «Il presidente della Roma Viola mi disse: vada al residence Velabro alle 22, camera 212, e troverà Ancelotti. Il portiere pensò a un appuntamento equivoco. L’accordo c’era, ma quando il medico del Milan vide gli esami disse: c’è un errore, queste non sono le gambe di un calciatore ma di un anziano. Invece erano proprio le ginocchia di Ancelotti. Lo prendemmo lo stesso, e fece ancora stagioni meravigliose».

     

    Tanto correva per tutti Angelo Colombo.

    «Ma si separò dalla moglie e prese un filippino. Sacchi gli telefonò e il filippino rispose: il signore non è in casa. Sacchi uscì pazzo: Colombo si è imborghesito, non ha più fame, dobbiamo venderlo subito! Non ci fu verso di fargli cambiare idea».

     

    Van Basten smise a 28 anni.

    «I greci dicevano che gli eroi muoiono giovani. L’avevamo scongiurato di non farsi operare, di convivere con il dolore. Purtroppo l’intervento non riuscì. Agnelli mi chiese il permesso di visitarlo in clinica. All’uscita mi chiamò: non credo che questo ragazzo giocherà ancora a calcio. Purtroppo aveva ragione».

    andriy shevchenko con adriano galliani andriy shevchenko con adriano galliani

     

    Prendeste un grande 10, Boban.

    «Andammo al ristorante con il padre, un colonnello croato, Marinko, uomo d’ordine. Avevamo davanti una bottiglia di San Pellegrino, e ogni volta lui la ruotava. Gli chiesi perché. “Perché non sopporto di vedere una stella rossa” rispose».

     

    Arrivarono altre Coppe, ma pure la beffa di Istanbul: il Liverpool vi rimontò tre gol e vi sconfisse ai rigori.

    «Davanti a noi c’era un muretto basso, al terzo gol di Crespo stavo per cadere di sotto, mi salvò Erdogan afferrandomi per la giacca».

     

    Berlusconi cosa disse?

    «Nulla. Dopo la partita restammo seduti più di mezz’ora in tribuna, senza dirci una parola. Avevamo perso, ma la squadra aveva dato il massimo. Si era arrabbiato molto di più dopo uno 0-0 con il Celta Vigo in cui non avevamo tirato in porta, riempì me e Capello di improperi. Il bel gioco prima di tutto».

     

    È vero che dopo quella sconfitta Gattuso voleva lasciare il Milan?

    adriano galliani con luigi garlando le memorie di adriano g. adriano galliani con luigi garlando le memorie di adriano g.

    «Sì. Venne a dirmi: non posso più indossare la maglia rossonera, perché ogni volta mi tornerà il dolore di Istanbul. Così lo chiusi a chiave nella stanza delle coppe. Ogni ora tornavo: hai cambiato idea? No? E richiudevo. A mezzogiorno gli lasciai due panini. Lo presi per sfinimento. Nel pomeriggio mi comunicò che restava. Gli aprii».

     

    Anni dopo prese per sfinimento pure Ibra.

    «Mi piazzai nel salotto di casa: non me ne vado finché non firmi. Restai tutto il giorno. La moglie mi guardava come un pazzo: ma questo chi diavolo è? E Ibra: “È Galliani del Milan, dice che non se ne va finché non firmo”. E tu cosa farai? “Credo che firmerò, se no quello non se ne va davvero”».

     

    In mezzo ci fu Calciopoli. Juve in B, al Milan 30 punti di penalizzazione.

    «Su Calciopoli volo alto».

     

    Non può cavarsela così.

    «Ero presidente di Lega: crede che i presidenti delle altre squadre mi avrebbero eletto, se ci fossero stati brogli e inganni?».

    silvio berlusconi con niels liedholm nel 1986 silvio berlusconi con niels liedholm nel 1986

     

    Lei fu interrogato da Borrelli.

    «Filò tutto liscio. Poi però la sua collaboratrice Maria José Falcicchia, futura vicequestore di Milano, mi inseguì: “Il dottor Borrelli vorrebbe fargli ancora una domanda”. Tornai indietro e gli feci notare che quella era la tattica di Lavrentij Berija, il ministro degli interni di Stalin».

     

    Com’erano i suoi rapporti con Moggi?

    «Buoni, anche se ne avevo di più con il mio omologo, Giraudo. Ma con la Juve non c’era alleanza. C’era convergenza di interessi. Poi sul campo ci si affrontava a viso aperto. Eravamo due squadre fortissime, nel 2003 ci giocammo la Champions».

     

    Vinse il Milan, rigore decisivo di Shevchenko.

    «A volte ancora sogno che lo sbaglia».

     

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    Prima di Sheva aveva preso Rui Costa.

    adriano galliani con zlatan ibrahimovic adriano galliani con zlatan ibrahimovic

    «Costava uno sproposito, 85 miliardi, e Berlusconi disse no. Io però ho sempre capito quando Berlusconi dice no e pensa no, quando dice sì e pensa sì, quando dice sì e pensa no, quando dice no e pensa sì. Quello era un no che voleva dire sì. Allora presi Rui Costa. Marina lo chiamò alle 7 del mattino: papà, avevamo detto di non comprarlo!».

     

    Poi venne Kakà.

    «E Rui Costa fece una cosa che non avevo mai visto e non ho mai più visto fare a nessun calciatore. Mi telefonò: “Kakà è molto più forte di me. Mi faccio da parte”».

     

    Prendeste anche star in fase calante, come Beckham.

    «Il contrario della star: mai visto un ragazzo più umile. Restituiva al magazziniere la tuta ben piegata, diceva che nelle giovanili del Manchester gli avevano insegnato così».

     

    E Ronaldo.

    silvio berlusconi fedele confalonieri adriano galliani alle bermuda nel 1995 silvio berlusconi fedele confalonieri adriano galliani alle bermuda nel 1995

    «Faceva la scarpetta nel vassoio degli spaghetti al pomodoro. Ancelotti lo prendeva in giro: Fenomeno, almeno sai chi ti marca domani? E lui: io no, ma lui sa che deve marcare Ronaldo».

     

    Cassano?

    «Facemmo una litigata epica: aveva firmato da poco il contratto e già chiedeva il rinnovo. Ma ora siamo amici. Troppo simpatico. Un giorno Seedorf stava tenendo uno dei suoi alati discorsi, e Cassano gli fa: e tu chi sei, Obama?».

     

    Qualche errore l’avrà pur fatto. Pirlo?

    «Lo portammo via all’Inter. Forse non dovevamo lasciarlo andare alla Juve; ma forse da noi non avrebbe reso ancora così tanto. Semmai Berlusconi prendeva in giro il nostro direttore sportivo, il grande Braida: “Sei andato a Bordeaux e tra Zidane e Dugarry hai scelto il secondo!”».

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    Lei nel libro accenna al mancato ingaggio di Sarri. Cosa accadde?

    «Cambiai idea quando lessi che aveva dichiarato: Renzi è addirittura peggio di Berlusconi. Così prendemmo Mihajlovic».

     

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    E venne il giorno in cui Kakà doveste venderlo. Proprio al Real.

    «Quella volta, mentre firmavo, piangevo proprio. Il mio amico Florentino Perez ci rimase male: Adriano, se vuoi annulliamo tutto. Ma ormai certi costi non potevamo più permetterceli».

     

    Così avete preso il Monza.

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    «E alle 23.12 del 29 maggio 2022 a Pisa conquistammo la promozione in serie A. Due minuti dopo ricevo questo whatsapp». «Sono molto contento per lei dottore e per il presidente, Sinisa Mihajlovic».

     

    Come immagina l’aldilà?

    «Spero tanto che esista per mettere fine alla mia ricerca. Perché per tutta la vita ho cercato la mia mamma».

     

    Lei è stato un senatore non molto presente.

    «Quando mancavo mi sentivo in colpa. Ma quando ero in Senato mi sentivo in colpa perché non mi stavo occupando del Monza».

     

    È vero che non prende più gli ansiolitici?

    «Ho risolto scappando dallo stadio nell’intervallo e rifugiandomi nel Duomo di Monza, a cellulare spento. Esco solo dopo il fischio finale. Ma quando abbiamo battuto la Juve mi ha avvisato il chierichetto: abbiamo vinto!».

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