Andrea Galli per www.corriere.it
L’ennesimo balordo dell’eterno degrado all’esterno della Centrale. La domanda è quanto ancora durerà l’enorme fortuna di Milano, nella settimana dell’attacco dello yemenita Fathe Mahamad, in cella per terrorismo, contro una pattuglia di militari. Ciò premesso, lasciando invariato il luogo, per l’appunto le piazze e i giardini fuori dallo scalo ferroviario, questa volta parliamo del 33enne che, alle 21 di venerdì, stava per ammazzare la ex, aggredita col vetro di una bottiglia, ferita al collo e miracolosamente trasportata in ospedale in codice giallo.
POLIZIA SCIENTIFICA IN AZIONE A MILANO
Le sue condizioni, stando al bollettino medico di ieri, si mantengono per buona sorte in un quadro non critico, e così è per il bimbo che porta in grembo, figlio dello stesso 33enne, di nazionalità nigeriana come la vittima e che, sempre venerdì, era appena uscito di galera.
Due giorni prima (per l’esattezza 63 ore), i carabinieri l’avevano portato in carcere dopo che aveva colpito con una bottigliata alla testa un clochard 20enne della Guinea (non grave), per «ragioni» mai capite. Era avvenuto in piazza Duca d’Aosta, di fronte alla Centrale. L’altro ieri, non appena l’hanno liberato — se ne ignorano i motivi —, quello ha vagato per la città, alla ricerca della donna, di 25 anni, la quale probabilmente gli aveva in precedenza comunicato le intenzioni di chiudere la relazione, forse proprio a causa della sua reiterata violenza.
Fathe Mahamad
Dopo aver girato e non averla trovata nei dintorni della Centrale, aveva radicalmente cambiato quartiere, e l’aveva infine agganciata in via Arcivescovo Calabiana, una traversa di via Brembo, non lontano dalla Fondazione Prada. Poche parole e poi subito l’attacco. Quando gli agenti delle «volanti» l’hanno individuato, stava strappando la carta d’identità dell’ex.
Chi lo conosce, fra le forze dell’ordine, specie quelle impegnate nella quotidiana, logorante e spesso infruttuosa (non per colpa loro) operazione di contrasto ai bivacchi, parla di un soggetto noto per la litigiosità. Uno dei numerosi «ospiti» della stazione, uno periodicamente controllato, invitato ad andarsene, e puntualmente di ritorno al solito posto.
Non è affatto escluso, e del resto le coincidenze temporali ci sono tutte, che abbia anche incrociato Fathe Mahamad, il quale, dopo aver abbandonato il centro d’accoglienza nel Mantovano, aveva scelto di dormire all’aperto fuori dalla medesima Centrale, sostando nei giardini per le quattro notti prima dell’estrazione delle forbici con le quali aveva ferito un militare.
BOTTIGLIATA
A disarmare lo yemenita, che nonostante l’allerta della polizia tedesca sulla sua pericolosità legata al terrorismo una volta in Italia non era stato inserito nello Sdi, la banca dati delle forze dell’ordine (e forse ancor peggio aveva ricevuto dalla questura di Mantova un permesso di soggiorno), era stato Samba Diagne, un 52enne senegalese disoccupato che passava per caso, diretto al mercato di via Benedetto Marcello. Una «traccia» geografica importante, quest’ultima, in quanto l’asse di Benedetto Marcello è il «fisiologico» terreno alternativo di caccia dei balordi allontanati dalla stazione. O qui, o là. Rinchiuso per la seconda volta in pochi giorni in carcere, sempre con l’accusa di tentato omicidio, vedremo ora il futuro prossimo del 33enne nigeriano.