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    MILANO E LA “ROMA SANTA E DANNATA” – PROIETTI: “IL FILM DI DAGO & GIUSTI NON È SOLO CAZZEGGIO A TINTE FORTI, MA UN PICCOLO SAGGIO DI “ANTROPOLOGIA SPICCIOLA” SULLA METAMORFOSI DI UNA CITTÀ A MISURA DUOMO CHE NON SA PIU’ RIDERE DI SÉ STESSA DOV’È FINITO LO SPIRITO “SCAPIGLIATO” DI CARLO DOSSI O DI CARLO PORTA, CON LE LORO POESIE OSCENE? - COSA RESTA DEL MONDO DI CAMILLA (CEDERNA) E DELLE “SCIURE” IRRISE DALLA SIGNORINA SNOB DELLA VALERI? - TRA I MERITI DELL’OPERETTA (A)MORALE C’È PURE QUELLO DI AVER SDOGANATO GLI ANNI ’70-’80, CHE NON FURONO SOLTANTO ANNI DI PIOMBO E “MILANO DA BERE” MA SPECCHIO DI UNA NUOVA REALTÀ: DA AVANTI POPOLO AD AVANTI POP, TRA SOGNI SESSO E CONTROCULTURA’’


     
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    roberto d agostino e ferdinando proietti roberto d agostino e ferdinando proietti

    LETTERA A DAGO DI FERNANDO PROIETTI

    Caro Roberto,

    se ben prima dei meteorologi i cambiamenti climatici furono anticipati dalle vecchie zie di longanesiana memoria: “Non esistono più le mezze stagioni”, la scomparsa delle lucciole pasoliniane veniva accompagnata, a poca distanza di tempo, dall’eclissi delle sciure milanesi d’antan.

     

    Ormai una rarità a somiglianza dei Panda e dei “ghisa” in servizio sulle vie monte-napoleoniche. Ma pochi se ne accorsero. O fecero finta. E tutti a domandarsi che fine avevano fatto anche le virtuose casalinghe di Voghera (Arbasino) rappresentanti del buon senso lombardo.

     

    ADDIO AL MONDO DI CAMILLA. O le signorine snob di Franca Valeri che irridevano la milanesità impellicciata, laboriosa e opulenta di quel Piccolo Mondo Antico di Camilla (Cederna). Generazione astrakan? La indossava pure il calciatore Gianni Rivera.

     

    roma santa e dannata natalia aspesi e roberto dagostino 01 ph antinori roma santa e dannata natalia aspesi e roberto dagostino 01 ph antinori

    È toccato a te e a Marcolino Giusti presentando a Milano (e in Italia) il vostro docu-film “Roma Santa e Dannata” ad avvalorare quest’ultimo fenomeno sociale da “antropologia spicciola”, a giudizio del raffinato critico e musicologo Alberto Mattioli che sul “Foglio” ha spiato gli umori della platea “nemica”.

     

    Tanto da porsi la domanda, sulla quale ho riflettuto, se - alla fin fine di una serata segnata da sane risate -, la Roma godona (e caciarona) non sia più divertente della Milano (ex) potentona (e armaniana).

    camilla cederna oriana fallaci 1958 camilla cederna oriana fallaci 1958

     

    ER MONNEZZA E KIERKGAARD. A sciogliere il dubbio sollevato da Alberto Mattioli, sull’humor acre e greve dei romani, forse la migliore spiegazione non l’avrebbe ricevuta dal filosofo Soren Kierkgaard, che sul concetto d’ironia si guadagno un titolo accademico. Bensì nell’epitaffio lasciatoci dall’attore cubano Tomas Millian.

     

    roma santa e dannata antonio ricci roberto dagostino e giuseppe sala 02 ph antinori roma santa e dannata antonio ricci roberto dagostino e giuseppe sala 02 ph antinori

    Sì, proprio lui, er Monnezza di tanti film stracult amati dal Giusti cinefilo: “I romani sono il popolo più allegro del mondo, perché per essere triste devi avere almeno un minimo di speranza”.

    Al tempo stesso Mattioli, riproponeva un altro rovello (retorico?): se Milano si stia “romanizzando” del tutto una volta persa l’ultima scommessa del Carroccio di “milanesizzare” l’urbe (invisa).

     

    alberto arbasino fratelli d'italia alberto arbasino fratelli d'italia

    NON SOLO “CAZZEGGIO”. Altroché! Non può sorprendere, al dunque, se il successo raccolto in platea dalla première milanese di “Roma Santa e Dannata”, grazie alla potenza delle sue immagini e alle parole dei protagonisti (non solo cazzeggio), abbia avuto la forza gordiana di sciogliere - forse per sempre? -, quel nodo di una rivalità secolare ormai logorata dagli anni.

     

    “A Roma sono rinato”, confessò Alberto Arbasino lasciandoci l’insuperabile pamphlet “Fratelli d’Italia”. E se il Gran Lombardo, Carlo Emilio Gadda, detestava Milano tanto da voler riposare nel cimitero a-cattolico di Testaccio qualche ragione ci sarà stata.

    CARLO DOSSI 4 CARLO DOSSI 4

     

    BOSSI E “DUE LADRONI”. Nel frattempo, il Carroccio della sacra ampolla di Pontida benedetta all’ombra della Madonnina dai giustizieri togati (Mani pulite), era profanata a due passi da Montecitorio sui tavoli della trattoria romana “I Due Ladroni”.

     

    E, ironia della sorte, due dei suoi migliori rappresentanti finanziari (indagati), Cesare Romiti e Cesare Geronzi, andavano ad occupare altrettante roccaforti del potere lombardo: Gemina e il “Corriere della Sera”, il primo; la presidenza di Mediobanca, il secondo.

     

    Cesare Geronzi saluta Nicola Mancino con Cesare Romiti Cesare Geronzi saluta Nicola Mancino con Cesare Romiti

    DOSSI E LA “NOBILTA’ DEL CULO”. Dov’è finito lo spirito “scapigliato” milanese di un Carlo Dossi o di un Carlo Porta, con le sue poesie oscene, cultori di Marziale e ammiratori dei sonetti del Belli? Nelle sue “Note azzurre” il nobile scrittore si spinge a degradare la prosa del Manzoni pur di “non soffocare la coscienza della sua parola”. Rivendicando la “nobiltà del culo” da far invidia a Dagospia.

     

    CRAXI ANDREOTTI CRAXI ANDREOTTI

    Una volta sceso a Roma per l’apertura del Parlamento il Dossi annotava, ammirato, come la parlata romana “sia ricca di bellissime frasi e parole (…) usa sempre della lente che ingrossa (…) hanno trovato i superlativi dei superlativi…”. Facendo in mille pezzi “quel bozzetto milanese che ci siamo ficcati in testa per convinzione”, tagliava corto il pittore e scrittore Emilio Tadini. Tant’è.

     

    cuccia maranghi cuccia maranghi

    L’ANDREOTTI-BELZEBU’ DI CRAXI. Lasciamo al suo destino romano la platea dell’”Anteo” e torniamo al docu-film ‘’Roma santa e puttana’’, come da titolo originale. Lì dove “Dio stesso non si raccapezza a stento in quel grande teatro del mondo”, osservava lo scrittore Gérard Macé (“Roma effimera”, Lemma Press, 2019) cogliendo già nelle feste barocche del Seicento il suo aspetto profano e sacro.

     

    L’urbe “corrotta” dove alloggiano, sotto lo stesso cielo i successori di San Pietro, scherniti nei secoli dal Belli e Trilussa, Petrolini e Pasquino. Del resto, il politico più papalino e baciapile, Giulio Andreotti, non a caso si beccò l’epiteto di Belzebù dal milanese Craxi.

     

    IL PATTO DELLA PAJATA A ROMA TRA BOSSI E ALEMANNO 2 IL PATTO DELLA PAJATA A ROMA TRA BOSSI E ALEMANNO 2

    CUCCIA, MARGARET ALL’”AUGUSTEA”. Quello spirito greve e cinico incarnato dal suo generone sopravvive ancora, come ben illustrate in appena 91 minuti. Certo, più avanspettacolo e commedia all’italiana che teatro di prosa. Quando - per dare un’idea ulteriore del contesto-scenario in cui miniate le gesta pagane della capitale, all’”Augustea”, trattoria preferita da Enrico Cuccia, la principessa Margaret, scortata da Mario D’Urso, era accolta da una “ola” da stadio dai commensali.

     

    ANTONIO DI PIETRO CIRCONDATO DAI GIORNALISTI ANTONIO DI PIETRO CIRCONDATO DAI GIORNALISTI

    E sulle sponde del Tevere, si tramutava in farsa la tragedia di Tangentopoli con l’ex giudice-mastino, Antonio Di Pietro, visto entrare scodinzolante come un barboncino nello studio dell’avvocato (d’affari) di Berlusconi, Cesare Previti, per farsi nominare ministro della Giustizia.   

     

    la deposizione di bettino craxi davanti ad antonio di pietro la deposizione di bettino craxi davanti ad antonio di pietro

    IL DIAVOLO NON VESTE PIU’PRADA. Se Milano ride sul Diavolo che non veste più Prada ma il trash-chic irriverente di Dago, tra i meriti del vostro docu-film (regia e fotografia di Daniele Ciprì, belle le musiche che l’accompagnano), c’è – a mio sentire -, forse uno dei principali: quello di aver scoperchiato – urbi et orbi -, che gli anni Settanta (e a seguire Ottanta) non furono soltanto anni di piombo e “Milano da bere”. Almeno secondo la pubblicistica smemorata tramandata dai media per oltre mezzo secolo. Il che conferma l’adagio, per stare nel tema del vostro docu-film, che il Diavolo fa le pentole, ma non i coperchi.

     

    miguel gotor foto di bacco (2) miguel gotor foto di bacco (2)

    LA CULTURA FA SETTANTA. Un cliché smontato dallo storico Miguel Gotor, “Generazione Settanta, Einaudi, 2022) che affronta il “decennio più lungo del secolo breve” finalmente come la storia di una generazionale piena di speranze, di ferocia, di violenza (politica) e di sogni.

     

    Alcuni anni prima (2007) la Triennale di Milano offriva l’album completo di una stagione somigliante a “un caleidoscopio” i cui specchietti “riflettono e insieme ricostruiscono le sue varie forme, si chiamano, di volta in volta, terrorismo, servizi segreti, politica, religione, poesia, teatro performance…”.

     

    MIGUEL GOTOR - GENERAZIONE SETTANTA MIGUEL GOTOR - GENERAZIONE SETTANTA

    Tra i decenni che hanno scandito il Novecento “gli anni Settanta, ha osservato il giornalista e saggista Peter Braunstein, “sono stati gli ultimi di vera libertà sessuale”. La vera età dell’oro di sesso, droga e rock’n roll. Un periodo storico e sociologico ben definito nel mondo: “tra il 1963 e il 1977, l’alba dei Beatles e il tramonto del punk”.

     

    DA AVANTI POPOLO AD AVANTI POP. Anni tossici e vinilici. Da Avanti popolo ad Avanti pop… aggiungeresti tu. E gli spari della P38 non furono la sola colonna sonora di un decennio in cui, sono parole tue, “il frastuono della discoteca, il colore accecante, l’esibizionismo e l’estasi” erano lo specchio deformante della nuova realtà giovanile, di una controcultura”. E se qualcuno facendo l’amore e non la guerra magari si uccideva con l’eroina, non ammazzava sotto casa la propria ragazza come accade oggi.

     

    dago e cossiga dago e cossiga

    A ricordarcelo con la vostra operetta (a)morale, siete stati voi indossando i panni di novelli Esiodo e offrendoci una infinita Teo-agonia di Roma effimera ed efferata. Il poeta metafisico che “canta il futuro e il passato, assai più del presente”. A quello ci pensa quotidianamente Dagospia.

     

    Ps. Lasciata la tua casa-studio, turbato e stordito dall’esposizione di neon, cazzi, santi e condom colorati appesi al soffitto, Francesco Cossiga confessò una volta che quella visione gli aveva provocato “una forte emicrania”.  Al che gli fu fatto osservare: “Ma Roberto non è tra i pochi che oltre al sacro ha dissacrato pure il profano?”.

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    FERNANDO PROIETTI

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