1 - IL CORVETTO È «BARRIO BRENTA» IN MANO ALLE GANG DI LATINOS
Luca Fazzo per “il Giornale”
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Una leggenda narra che sotto il Corvetto esista una città sotterranea, un quartiere fatto di cantine tutte in comunicazione tra di loro, e che sia questo il vero regno delle bande, un universo parallelo in cui lo Stato non mette piede. Nell' attesa di capire se ci sia qualcosa di vero, i poliziotti del commissariato Mecenate provvedono a tenere d' occhio, e a ripulire periodicamente, la parte emersa del fenomeno delle gang sudamericane, che da tempo spadroneggiano in alcuni settori del vasto territorio.
Ieri tocca a Geovanny Valencia Morena, detto Loko (si tenga presente che loco in spagnolo vuol dire pazzo) e Alfredo Ortega Suarez, ecuadoriani, 20 e 23 anni. A dispetto della giovane età, sono entrambi vecchie conoscenze del commissariato, legati a figure di spicco della criminalità sudamericana a Milano, coinvolte nel 2013 nella retatona «Amor del Rey» i cui atti costituiscono ancora oggi il più fornito magazzino di conoscenze sulle pandillas.
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È a quel tesoretto di volti e di storie che gli uomini del commissariato - coordinati dal vicequestore Elisabetta Silvetti - sono andati a frugare quando nell' ultimo anno e mezzo una recrudescenza di rapine e aggressioni ha riacceso l' attenzione sulla zona tra via Brenta e Porto di Mare.
Ad allarmare è stato il fatto che per la prima volta nel mirino non fossero finiti solo appartenenti ad altri gruppi, o comunque membri della comunità giovanile sudamericana (cui si aggregano da qualche tempo anche giovani filippini) ma anche cittadini qualunque: come la mamma che sulle scale del metrò di Brenta si vide piazzare un taglierino sotto il naso, o il giovane italiano aggredito in ottobre in via Avezzano, ultima impresa contestata al Loko e al suo compare nell' ordinanza di custodia spiccata dal giudice preliminare Paolo Guidi.
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Le indagini si sono mosse con fatica per la palpabile omertà dell' ambiente: nei casi in cui le vittime erano interne alla comunità, alle richieste di informazioni della polizia sono arrivate risposte vaghe e a volte inverosimili. Un appartenente alla band Latin Forever, accoltellato alla mandibola, negò anche l' evidenza, salvo poi ammettere di essere stato minacciato con un coltello per convincerlo a tacere.
Valencia e Ortega non sono inquadrati in una banda, ma delitti e prepotenze erano il curriculum con cui si preparavano a crearne o a scalarne una: «Sono violenti e si stanno attrezzando per avere il rispetto delle altre bande» ha commentato il vicequestore Silvetti. Ora dovranno rispondere di una lunga serie di accuse di rapina aggravata e lesioni.
2. LE GANG LATINOS A CACCIA DI RECLUTE NELLE PERIFERIE
Salvatore Garzillo per “Libero quotidiano”
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Si spacciavano per affiliati ai Latin King per accreditarsi tra i futuri pandilleros, ma il loro obiettivo era formare una nuova gang in grado di sottomettere tutte le altre bande di Milano. La loro scalata si è fermata alla settima aggressione. Gli agenti del commissariato Mecenate hanno infatti eseguito un' ordinanza di custodia cautelare in carcere per i due ecuadoriani che stavano formando il nuovo gruppo criminale a partire dal reclutamento di giovani "combattenti".
Geovanni Valencia Moreno lo chiamavano "Loko" (pazzo), ha 20 anni e precedenti per rapina. Era uscito di recente dal carcere minorile ma evidentemente la lezione non gli è servita per cambiare vita. Il suo compagno è Christian Ortega Suarez, 23enne con precedenti per porto di oggetti atti a offendere e rissa. Gli investigatori li descrivono come violenti e spesso ubriachi nel provvedimento firmato dal gip Paolo Guidi, il pm Lucia Minutella e gli investigatori di Mecenate hanno ricostruito sette episodi avvenuti tra luglio 2016 e lo scorso ottobre nella zona tra Brenta e Porto di Mare.
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La loro carta era la violenza, una caratteristica di tutte le bande su cui però loro avevano puntato particolarmente. In un caso, per esempio, hanno minacciato con un taglierino una donna che stava scendendo le scale della metropolitana tenendo per mano il proprio bambino.
«Il segnale importante dell' operazione Barrio Brenta», ha commentato la dirigente del commissariato Mecenate Elisabetta Silvetti, «è che non permetteremo che si ricostituiscano gruppi di questo tipo». La Silvetti ha ragione, è un dato fondamentale perché negli ultimi anni polizia e carabinieri hanno arrestato così tanti latinos da aver smantellato quasi completamente l' architettura criminale delle gang.
Se da un lato è positivo per la sicurezza di tutti, dall' altro si è creato un vuoto di potere che ciclicamente qualcuno tenta di colmare pensando di essere più forte e più furbo di quelli finiti in carcere. È successa la stessa cosa con la criminalità cinese dopo le importanti operazioni a Chinatown e a Quarto Oggiaro dopo la faida dei Tatone. Loko e Suarez rientrano nel medesimo schema.
La loro ascesa è iniziata nel maggio 2016 con il furto di un berretto appartenuto a un rappresentante della pandilla dei Nieta, sorpreso alla fermata della metro Porto di Mare mentre era assieme ad altri due connazionali. Un piccolo reato ma dal valore simbolico enorme perché il cappello è uno dei segni distintivi delle bande.
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A novembre hanno aggredito la mamma col bambino alla fermata Brenta e per un po' sono rimasti tranquilli. Riappaiono a marzo, quando si scagliano contro un membro dei Latin Forever, altro gruppo rivale. Gli spaccano la mandibola, avrà una prognosi di 30 giorni. Il caso è reso ancora più difficile dall' omertà che regna nella comunità, neppure l' aggredito collabora per far arrestare i responsabili. Il principio è la vendetta, la giustizia dello Stato ha tempi e modalità che ai pandilleros non interessano.
Ad agosto colpiscono in via Barabino, stavolta Loko fa tutto da solo per affermare il suo ruolo di capobranco.
Insegue un peruviano fin sotto casa, lo prende a pugni per prendergli il cellulare e gli provoca ferite guaribili in un mese. Ormai il gruppo si concentra sempre più nell' area attorno via Nervesa ed è lì che i due aggrediscono un minorenne filippino per rapinarlo di cellulare e soldi. Gli puntano un taglierino in faccia e poi passano ai pugni. Il ragazzino però è più coraggioso di loro, alla polizia dice di aver riconosciuto uno dei due e riferisce il soprannome di Loko. A quel punto le telecamere lo incastrano. La felpa dal colore sgargiante è l' estremo segnale di sfida alla polizia.
GUERRA TRA GANG LATINOAMERICANE A MILANO GUERRA TRA GANG LATINOAMERICANE A MILANO